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Il diavolo viene considerato la fonte della magia della strega, il partner con cui
concludere il patto e anche l’oggetto della sua adorazione. Per tutto il medioevo si
era fatto riferimento al diavolo come a Satana, un termine biblico che significa
l’avversario. Solo in uno degli ultimi libri del Vecchio Testamento Satana viene
presentato come il nemico di Dio e come l’incarnazione del male. Nel Nuovo
Testamento invece Satana acquista un maggiore rilievo in quanto a capo di una
schiera di demoni a lui subordinati non solo tenta Cristo nel deserto ma diventa il
potente oppositore della cristianità. Il diavolo era rappresentato di colore nero
perché simbolo del peccato e con le ali per la sua condizione di angelo caduto. Il
diavolo poteva assumere le sembianze di un animale o di un essere umano, ma
poteva anche impossessarsi o abitare il corpo di un essere umano.
Il patto col diavolo
Si riteneva che le streghe facessero dei patti col diavolo per ottenere i loro poteri.
Il sabba
Il clero e l’élite laica europea, all’inizio dell’età moderna, ritenevano che le streghe
si riunissero ad adorare il diavolo. Fu proprio la credenza nel sabba a indurre le
autorità europee a cercare i loro presunti complici, tanto che si potrebbe addirittura
affermare che senza la credenza nel sabba la caccia alle streghe in Europa avrebbe
avuto dimensioni minori.
ß Il volo
Era anche diffusa la credenza che le streghe potessero volare, mezzo spesso
utilizzato per recarsi al sabba. La credenza nel sabba poteva comunque sussistere
anche senza il volo notturno. La credenza nel volo aveva origini molto più popolari
rispetto alla credenza nel patto col diavolo. La credenza del volo deriva a sua volta
da altre due credenze popolari. La prima era la credenza che le donne potessero
trasformarsi di notte in gufi volanti o in strigae che mangiavano i bambini. Il
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miglior esempio dell’atteggiamento della chiesa medievale nei confronti della
stregoneria fu il Canon Episcopi, un complesso di istruzioni scritte da Reginone di
Prum nel X secolo che nel XII secolo entrarono a far parte del diritto canonico della
chiesa. Il manico di scopa è comunque il mezzo più diffuso per lo spostamento
aereo delle streghe. La scopa è un simbolo del sesso femminile, e potrebbe perciò
riflettere semplicemente la preponderanza delle donne fra le streghe. La scopa era
inoltre utilizzata nei riti di fertilità suggerendo così un nesso con antiche divinità
pagane. Infine la scopa era un simbolo fallico e quindi si addiceva ai sabba, che
erano caratterizzati dalla copulazione col diavolo. Si ritiene anche che, poiché
spesso per volare al sabba le streghe utilizzassero degli unguenti, questi potessero
contenere delle sostanze allucinogene. Ma questo non è del tutto esatto in quanto
spesso questi unguenti erano a base di sostanza che sicuramente non contenevano
nessun allucinogeno.
La metamorfosi
La credenza che alcuni esseri umani potessero mutare la loro forma era presente
nella cultura popolare fin dai tempi più antichi.
La diffusione della credenza
Intorno alla metà del ‘400, il concetto cumulativo di stregoneria aveva acquisito
tutti i suoi elementi fondamentali. La credenza che le streghe ricevessero un
marchio sul corpo da parte del diavolo al momento della conclusione del patto
emerge con chiarezza solo all’inizio del ‘500. Il primo trattato sulla stregoneria ad
assumere un ruolo fondamentale nella diffusione ad un vasto pubblico del concetto
di stregoneria fu il Malleus malleficarum, pubblicato per la prima volta nel 1486 ad
opera di due inquisitori domenicani, Heinrich Kramer e Jacob Sprenger. L’opera era
sostanzialmente un manuale destinato agli inquisitori e non formulava in alcun
modo il concetto cumulativo di stregoneria. L’unica novità di quest’opera era
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un’enfatizzazione misogina della propensione delle donne verso il crimine di
stregoneria. Sicuramente la pubblicazione del libro non inasprì l’intensità della
caccia alle streghe. Nel 1595 il giudice Nicolas Rémy pubblico il trattato
Demonolatreiae, che offriva delle discussioni dettagliate sulle attività che si
svolgevano durante i sabba. Pochi anni dopo il gesuita belga Martin Antonio Del
Rio pubblicò il trattato Disquisitionum magicarum libri sex, che servì
un’enciclopedia della magia e fornì specifiche istruzioni ai giudici. Il giudice Henri
Boguet scrisse nel 1602 il trattato Discours des sorciers. In Italia la guida più
esaustiva alla stregoneria fu il Compendium maleficarum, scritto nel 1608 dal frate
milanese Francesco Maria Guazzo.
La sfida del Rinascimento
Il Rinascimento minacciò in molti modi il concetto colto di stregoneria.
Innanzitutto, disprezzava la cultura medievale e scolastica, di cui la caccia alle
streghe era parte integrante. Diversamente dagli scolastici, secondo cui fatti
apparentemente magici si attribuivano al diavolo, i neoplatonici sostenevano che
l’uomo stesso, sfruttando le forze naturali dell’universo, potesse praticare la magia.
Il neoplatonismo comunque non riuscì a distruggere le credenze dotte nella
stregoneria perché non raggiunse mai una posizione dominante presso le classi più
colte. Ma il motivo principale di questo fallimento fu il mantenimento della
credenza nell’esistenza del diavolo e nell’efficacia della magia. Il famoso critico
Johann Weyer sostenne nelle sue opere che le donne ignoranti che ammettevano di
essere streghe soffrivano di allucinazioni e quindi non dovevano essere processate.
Egli sosteneva che i presunti maleficia delle streghe si potessero spiegare con cause
mediche e naturali e che le confessioni delle streghe relative ad attività diaboliche
erano in buona parte la conseguenza di un disturbo dell’utero denominato
melanconia. Weyer fece anche uso delle sue conoscenze del diritto romano per
dimostrare che il presunto patto col diavolo non era un contratto valido e che quindi
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non era possibile aver commesso un crimine facendolo. Ma le argomentazioni di
Weyer avevano alcuni punti deboli: non negavano l’esistenza del diavolo e la sua
capacità di insinuarsi nelle faccende umane; la melanconia rendeva le presunte
streghe soltanto più vulnerabili di fronte ai poteri ingannatori del diavolo, ma non le
rendeva incapaci di intendere e quindi innocenti.
La stregoneria e la paura della ribellione
Vari fattori contribuirono ad accettare le idee sulla stregoneria che si svilupparono
tra il ‘500 e il ‘600. Il più significativo di questi fattori era la convinzione che il
diavolo possedesse straordinari poteri nell’influenzare il corso delle vicende umane.
Le varie calamità della fine del ‘300, in particolare la peste detta morte nera,
possono aver indotto gli intellettuali del periodo a presumere una maggior presenza
del demonio nel mondo, mentre la profonda crisi economica dell’età moderna, il
trauma della Riforma e le frequenti guerre e pestilenze rafforzarono il
convincimento che il diavolo fosse particolarmente attivo. Ciò creò un diffuso senso
d’ansia nelle varie comunità, inducendo i magistrati a processare le streghe.
Capitolo 3
Le basi giuridiche
La maggioranza delle persone condannate per stregoneria durante la grande caccia
furono processate e condannate per stregoneria in modo formale e legale. L’elevato
numero di processi alle streghe in Europa all’inizio dell’età moderna fu favorito da
alcune innovazioni in campo giuridico introdotte tra il 13° e il 16° secolo. In primo
luogo, i tribunali secolari ed ecclesiastici dell’Europa continentale adottarono un
nuovo sistema inquisitorio di procedura penale. In secondo luogo, i tribunali
acquistarono il potere di usare la tortura nei confronti degli imputati di stregoneria
per ottenere le confessioni delle presunte streghe e i nomi dei loro presunti
complici. In terzo luogo, i tribunali secolari d’Europa acquistarono giurisdizione in
materia di stregoneria, aggiungendosi e a volte sostituendosi ai tribunali
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ecclesiastici. Ognuna di queste innovazioni contribuì a scatenare la caccia alla
streghe. Modifiche della procedura penale
Prima del ‘200 il sistema di procedura penale dei tribunali europei rendeva difficile
i perseguimento dei crimini, in particolare di quelli occulti. Secondo questo sistema
accusatorio l’azione penale poteva essere iniziata e proseguita da un soggetto
privato, solitamente la parte lesa o i suoi familiari. In caso di dubbio sulla
colpevolezza della persona accusata, il tribunale soleva chiedere a Dio di fornire un
segno della colpevolezza o dell’innocenza dell’imputato. La sua forma più comune
era l’ordalia, cioè una prova a cui l’accusato doveva sottoporsi per poter acquistare
la libertà. Ad esempio si doveva impugnare per un po’ un ferro rovente o immergere
un braccio nell’acqua bollente e, dopo che la mano o il braccio erano stati fasciati
per alcuni giorni, mostrare che Dio avesse miracolosamente guarito la ferita; oppure
il corpo della persona accusata veniva immerso in acqua fredda e solo se affondava
sarebbe stato giudicato innocente; o infine la persona accusata doveva ingoiare un
grosso tozzo di pane in un solo boccone senza soffocare. Un’alternativa all’ordalia
era un duello con il rappresentante della parte lesa. La vittoria della persona
accusata sarebbe stata interpretata come segno di innocenza. In alternativa
all’ordalia, ci si basava sul processo. Se dopo il processo l’imputato dimostrava la
propria innocenza, l’accusatore era perseguibile penalmente secondo la tradizione
romana della legge del taglione. Ma questo sistema non era né improntato sulla
razionalità né particolarmente efficace nel perseguimento del crimine. Non soltanto
ogni processo esigeva un accusatore che fosse disposto a rischiare di subire un
contro – processo secondo la legge del taglione, ma il processo stesso era
suscettibile di essere manipolato a favore dell’imputato. A cominciare dal ‘200
tuttavia i tribunali ecclesiastici e secolari dell’Europa occidentale abbandonarono il
vecchio sistema procedurale e adottarono nuove tecniche che assegnavano un ruolo
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molto più importante al giudizio umano nel processo penale. Il passaggio al nuovo
sistema fu in parte incoraggiato dalla rinascita, nell’11° e 12° secolo, dello studio
formale del diritto romano, ma soprattutto dalla crescente consapevolezza che la
criminalità fosse in aumento e che bisognava combatterla. Con il Concilio Laterano
4° del 1215 la chiesa incoraggiò l’adozione delle nuove procedure da parte dei
tribunali secolari proibendo formalmente agli ecclesiastici di partecipare all’or