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(PSI).

L’Assemblea costituente chiuse i lavori alla fine di dicembre del 1947, e si

sciolse. La Costituzione entrò in vigore il 1° gennaio del 1948. Assegnava il

potere legislativo a due Camere entrambe elettive (Camera e Senato), della cui

fiducia il governo aveva bisogno per funzionare. Il capo del governo veniva

nominato da un presidente della Repubblica eletto dalle Camere in seduta

plenaria, con mandato settennale, e dai poteri sostanzialmente poco definiti. La

legge elettorale adottata fu quella proporzionale, si voleva evitare quanto

avvenuto con la legge Acerbo. La Costituzione repubblicana inoltre riconosce i

diritti civili: uguaglianza di fronte alla legge a prescindere da sesso, colore della

pelle e religione, libertà di parola, di espressione, di movimento e di

associazione, inviolabilità del domicilio, segretezza della corrispondenza privata,

ecc. Riconosce inoltre i diritti politici: la possibilità di eleggere propri

rappresentanti e di essere eletti, e di organizzarsi in partiti. Innovativo è il

riconoscimento dei diritti sociali, che garantiscono pari opportunità a tutti i

cittadini a prescindere dalle condizioni di nascita, di censo e di cultura. Una

profonda rottura con l’esperienza fascista. Il fascismo considerava l’individuo al

servizio dello Stato, ora invece è lo Stato che si pone al servizio del cittadino.

In vista del turno elettorale, le sinistre si unirono in una lista comune, il Fronte

democratico popolare. Scegliendo come emblema il volto di Garibaldi, che voleva

mostrare la loro natura nazionale e patriottica, contro chi le raffigurava come al

servizio dei sovietici. Il problema è che il clima internazionale peggiorava

rapidamente. Il colpo di Stato con cui i comunisti cecoslovacchi si impadronirono

del potere nel febbraio confermò la paure degli anticomunisti. Ormai, o si stava

da una parte, o dall’altra. Gli USA fecero sapere che in caso di vittoria comunista,

gli aiuti del piano Marshall sarebbero stati interrotti. La DC poté così presentarsi

come colei che garantiva l’appoggio americano alla ricostruzione del paese. Le

elezioni si tennero il 18 aprile 1948, la DC ottenne la maggioranza assoluta dei

seggi alla Camera e per poco non raggiunse lo stesso risultato anche al Senato. Il

Fronte popolare conseguì il 31% dei consensi. A rendere la situazione esplosiva si

aggiunse subito dopo (14 luglio) un attentato a Togliatti, perpetrato da un

estremista di destra. La CGIL proclamò uno sciopero generale, furono occupate

alcune fabbriche e si accesero scontri con le forze dell’ordine, con morti e feriti. I

partigiani “rossi” pensarono di tirar fuori le armi che avevano nascosto nel

maggio del 1945. L’Italia sembrò sull’orlo della guerra civile, ma De Gasperi

mantenne il sangue freddo e Togliatti invitò alla calma, dal letto d’ospedale dove

era stato ricoverato. La consapevolezza di quanto fosse esplosiva la situazione

spinse tutti ad abbassare i toni e le proteste rientrarono. Il sindacato unitario

però andò in frantumi: la componente cattolica abbandonò la sigla CGIL alla

maggioranza socialcomunista, fondando la Confederazione italiana sindacati

lavoratori (CISL) e poco dopo quella laico-repubblicana diede vita all’Unione

italiana del lavoro (UIL). Nel 1947-1948 si determinarono le condizioni del

bipartismo imperfetto, ovvero quel sistema politico che era basato su due

partiti, DC e PCI, ma era imperfetto in quanto non si poteva realizzare tra essi

l’alternanza al potere, poiché era impensabile nel clima della guerra fredda, che

un partito che si definiva comunista, passasse a governare uno dei paesi

dell’Occidente senza provocare effetti catastrofici. Nello stesso tempo però, la

forza del PCI rendeva impossibile la sua messa fuori legge, come era invece

avvenuto nella Germania federale. Per rassicurare l’opinione pubblica moderata

e quella conservatrice, De Gasperi incoraggiò un atteggiamento più severo delle

forze dell’ordine. Inoltre, sia prima che dopo le elezioni del 1948, rappresentanti

del governo USA proposero più o meno velatamente agli italiani la messa fuori

legge del PCI, alternando pressioni e minacce. Il PCI si dimostrò però in grado di

reggere a tutto ciò e forse ne uscì rafforzato. In tutte le elezioni successive, e fino

al 1976 compreso, avrebbe infatti continuato a guadagnare voti.

Nei primi anni Cinquanta, per contrastare lo scivolamento a destra del suo

elettorato, la Democrazia cristiana emanò la legge Scelba, che, attuando quanto

previsto dalla Costituzione, individuava le sanzioni contro chi riorganizzava forze

politiche che si ispiravano al fascismo. Una seconda misura fu la riforma della

legge elettorale proporzionale in vigore. Le forze di centro avevano subito un

forte calo di consensi nelle elezioni amministrative succedute al 1948, e si

prevedeva che la stessa cosa sarebbe successa nel turno politico del 1953. Il

progetto prevedeva che ai partiti “apparentati”, cioè presentatisi collegati già

durante la campagna elettorale, che avessero ottenuto più del 50% dei voti,

sarebbero stati assegnati il 65% dei seggi alla Camera dei deputati; per il Senato

sarebbe invece rimasta in vigore la vecchia legge proporzionale. Si accesero

violentissime polemiche, poiché l’articolo 138 della Costituzione prevede che con

una maggioranza dei due terzi (66%) si possa modificare la Costituzione senza

che le opposizioni possano ricorrere al referendum. Per questo motivo, entrambe

accusarono il governo di mirare a una gestione autoritaria del potere. La

battaglia contro la “legge truffa”, come fu ribattezzata con un fortunato slogan,

trovò un inaspettato aiuto nella morte di Stalin e nell’inizio delle trattative per

porre fine alla guerra in Corea. Il periodo di distensione internazionale che

sembrava aprirsi tolse urgenza alla lotta al comunismo. Ciò contribuì a far sì che

le forze che si erano presentate “apparentate” si fermassero al 49,85% dei voti,

poco sotto la soglia per far scattare il premio di maggioranza. L’insuccesso

elettorale mise fine al periodo dominato dalla figura di De Gasperi e inaugurò un

periodo di grande instabilità politica e di maggioranze molto fragili. Nei decenni

successivi, sarebbero emersi chiaramente i danni provocati al paese

dall’incapacità, o dalla mancanza di volontà, di tutelare l’ambiente naturale, il

patrimonio storico-paesaggistico, i centri monumentali e la vivibilità nelle sempre

più estese e alienanti periferie urbane. Nel 1954, riuscì tuttavia a sanarsi la ferita

di Trieste: la zona A, abitata per più di due terzi da italiani, tornò a far parte dello

Stato italiano, mentre la zona B, abitata prevalentemente da sloveni, passò alla

Jugoslavia.

Il ritmo dello sviluppo economico italiano all’indomani del 1950 fu straordinario,

senza precedenti. Il prodotto interno lordo per abitante (pro-capite) triplicò tra il

1950 e il 1970. Crebbe per un lungo periodo a un tasso medio annuo del 5-6%.

Per ritmo dello sviluppo si piazzò in Europa al secondo posto, subito dietro la

Germania occidentale, ponendosi all’avanguardia in settori moderni come quello

siderurgico, meccanico e chimico, i cui prodotti vennero ora collocati non solo sul

mercato interno, ma anche su quello internazionale. L’Italia entrò nel ristretto

numero delle grandi potenze industriali. La Democrazia cristiana si dimostrò

capace di mediare tra quest’Italia in via di modernizzazione e quella tradizionale,

che convivevano l’una accanto all’altra. Aveva cominciato De Gasperi in una

situazione di governo forte, continuò in una situazione di governo fragile

Amintore Fanfani, eletto nel 1954 alla segreteria del partito. Fanfani puntò a

rendere autonoma la DC sia dalla Chiesa che dal mondo imprenditoriale, che la

sostenevano condizionandone le scelte. Ne derivarono guasti morali e anche

economici, che però sarebbero divenuti evidenti solo molti anni più tardi. La DC

di Fanfani si impegnò infatti a estendere il proprio controllo sulla Cassa per il

Mezzogiorno (un ente che aveva come obiettivo di costruire le infrastrutture di

cui il Mezzogiorno aveva bisogno e a creare le condizioni per

l’industrializzazione) sugli enti per l’attuazione della riforma agraria e su tutti gli

organismi a partecipazione statale. Abbiamo detto di un’Italia a cavallo tra

tradizione e modernizzazione. Il punto di partenza era molto basso. Del 3,4% di

giovani che si iscrivevano all’Università, la cui frequenza era ancora solo limitata

all’élite, solo l’1% riusciva a laurearsi. Scarsa era quindi la mobilità sociale. La

grande industria e la grande finanza restavano nelle mani di poche famiglie o

dinastie: gli Agnelli e i Pirelli, ad esempio, le cui attività erano concentrate, come

sempre, tra Milano, Torino e Genova. Il momento in cui si inaugurò

simbolicamente la nuova epoca dei consumi fu il 1955, data dell’entrata in

produzione della prima vera automobile “utilitaria”, la FIAT 600; per la prima

volta la si poteva acquistare a rate. A un ente pubblico, la RAI, fu assegnato il

monopolio delle trasmissioni televisive (iniziate il 3 gennaio del 1954), che nei

successivi tre anni divennero visibili in gran parte della penisola. Nel 1961 prese

vita un secondo canale RAI. La televisione fu un importante veicolo per

l’unificazione linguistica e culturale degli italiani. Segnaliamo in particolare, a

Non è mai

partire dal 1960, il fortunatissimo programma televisivo intitolato

troppo tardi, con cui il “maestro” Alberto Manzi si impegnò a combattere

l’analfabetismo degli adulti. In questo scenario cominciò a cambiare

radicalmente anche la concezione della donna. Se nella famiglia la posizione

dell’uomo restava centrale, a partire dalla seconda metà del decennio divennero

oggetto di discussione pubblica alcuni temi che il cambiamento dei costumi

rendeva di grande attualità: il parto indolore, il diritto delle donne alle pratiche

contraccettive, l’infedeltà coniugale, la separazione e il divorzio, la frigidità, la

menopausa, l’aborto. Inoltre grazie all’impegno della senatrice socialista Lina

Merlin fu emanata nel 1958 la legge che abolì le “case chiuse”, cioè le strutture

in cui veniva esercitata legalmente la prostituzione. La vecchia Italia rurale stava

morendo. Nel 1961 l’Italia raggiunse infine uno degli indici tipici delle società

industrializzate: la spesa per i beni alimentari scese a meno della metà dei

consumi totali individuali. Certo, la situazione nelle regioni meridionali restava

Dettagli
Publisher
A.A. 2021-2022
114 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/04 Storia contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Davidoski00 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Palermo o del prof Coco Vittorio.