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Tempo e del Destino
Il fascismo temeva di non avere il materiale umano per 'fare la storia'. La frenetica costruzione del laboratorio totalitario trova la sua giustificazione in questa ossessione del destino. I risultati ottenuti sembravano stupefacenti ma molti fascisti si domandavano quanti tesserati fossero fascisti credenti. E questo è uno dei problemi più complessi del fascismo, valutare al di là del essere, l'adesione delle coscienze. Si può dire che alla fine degli anni trenta la politica del partito sembrava provocare reazioni negative quanto più diventava invadente ed opprimente la sua mania di inquadramento.
L'edificio incompiuto
Dopo l'istituzione della Camera dei Fasci e delle Corporazioni appariva ormai improrogabile procedere a una revisione dello Statuto albertino e all'emanazione di una nuova costituzione. Cultura politica e cultura giuridica si occupavano con molto scrupolo delle questioni relative.
alladefinizione della natura e dei fini dello Stato totalitario. Nell'Italia fascista i termini 'Statototalitario' e 'totalitarismo' erano comunemente usai per descrivere il sistema politico creato dalpartito fascista. Il termine 'totalitario', coniato probabilmente dagli antifascisti, fu fatto proprio dalfascismo con ostentato compiacimento. Ma è solo nel periodo tra il 1939 e il 1941 che appaiono inItalia i primi tentativi di definire teoricamente il concetto di Stato totalitario. Alcuni giuristiconsideravano lo Stato totalitario una forma nuova di governo, imposta in seguito alla crisi delloStato liberale, per risolvere il problema delle masse e dello Stato, riaffermando la sovranità assolutadello Stato e coinvolgendo le masse nella realizzazione di una nuova comunità politica. Quindi lagenesi e la funzione dello Stato totalitario riguardavano i problemi della società di massa. Lo Statototalitario era pertanto un
regime di massa che interpretava il principio democratico con una formula nuova di partecipazione del popolo. La partecipazione delle masse era inserita in un quadro molto più ampio che comprendeva: l'affermazione del primato della sovranità dello Stato sull'individuo, la concentrazione del potere nel capo politico, l'istituzionalizzazione del partito unico e la propaganda di un mito etico-politico a carattere dogmatico. Tutto questo per i fascisti lo rendeva molto differente dallo Stato autoritario. Il totalitarismo non era solo la variante della tendenza che si affermò dopo la Grande Guerra in Europa e che vedeva l'espansione delle competenze dello Stato, ma era conseguenza di una nuova forma di rivoluzione.
Artefice della rivoluzione totalitaria e costruttore dello Stato nuovo era il partito rivoluzionario fascista. La totalitarietà, connaturata nel partito, è da questo trasmessa allo Stato che è Stato-partito, Stato creato
dal partito portatore dell'idea rivoluzionaria. La definizione dello Stato totalitario come Stato-partito venne fatta propria dal partito fascista, come pure la concezione del partito totalitario come partito della rivoluzione continua e per questo rivendicava continuamente il diritto dell'iniziativa rivoluzionaria nei confronti dello Stato, pur dichiarando di essere al servizio dello 'Stato fascista'. Giuristi e ideologi erano concordi nel porre a fondamento dello Stato totalitario il partito unico. Ma nella letteratura sul problema del fascismo c'è un vero e proprio tormento teorico circa la definizione del partito fascista e la sua posizione rispetto allo Stato. Dietro il tormento teorico c'era un vero tormento ideologico tra coloro che volevano porre fine alle pretese rivoluzionarie del partito considerandolo subordinato allo Stato, e coloro che invece si facevano interpreti di queste pretese, in nome del mito della rivoluzione continua, sostenendo.che eleggere un nuovo Duce, confermando così il carattere personale e autoritario del regime fascista. Il potere di Mussolini era consolidato anche attraverso la creazione di organizzazioni paramilitari come i Fasci di Combattimento e la Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, che avevano il compito di mantenere l'ordine e reprimere l'opposizione politica. Il regime fascista si basava su un forte controllo dello Stato sull'economia e sulla società, con l'obiettivo di creare una nazione unita e disciplinata. Il culto della personalità di Mussolini e la propaganda di regime contribuivano a consolidare il potere del Duce e a mantenere il consenso della popolazione.la successione nella carica di capo del partito nel caso di mancanza del duce. Panunzio, nel sostenere che il titolo di duce era personale e apparteneva solo a Mussolini, si era rifatto alla concezione del capo carismatico di Max Weber per ribadire il carattere eccezionale della qualifica di duce. Il concetto di duce andava differenziato, secondo Panunzio, da quello di capo del governo perché il duce era una figura storica eccezionale e questo era dimostrato dalla mancanza di leggi sulla trasmissibilità. In questo modo però si eludeva il problema del futuro dello Stato fascista. Quindi si poteva comprendere la riluttanza a considerare come istituto un titolo che era connesso con la persona di Mussolini, ma non si poteva negare che ormai il titolo di duce indicava un istituto costituzionale sul quale poggiava il sistema politico. Si apriva quindi un'altra questione delicata: le procedure per la designazione del capo politico come capo del partito e capo del governo. Era.proprio la concezione fascista del comando unico a legittimare la centralità della figura del capo politico. La questione del duce era quindi vitale e riguardava non solo il problema della successione a Mussolini ma anche il ruolo del re in materia di nomina del capo del governo. Secondo l'art.13 della legge del Gran Consiglio, in caso di vacanza del capo del governo, quest'organo doveva presentare al re una lista di nomi per la successione. La questione che si sollevava era se e in che misura il re era vincolato a seguire le indicazioni del Gran Consiglio. Secondo Panunzio la scelta del re era libera perché le indicazioni del Gran Consiglio non erano vincolanti. Mortati invece, la lista proposta dall'organo supremo del regime non poteva contenere che un solo nome, quello del duce del fascismo, che quindi doveva essere chiamato alla guida del governo. In effetti, la natura totalitaria del regime non avrebbe consentito al sovrano una scelta che fosseIn contrasto con l'indirizzo politico che era predeterminato sia dal Gran Consiglio che dal partito. Pertanto il re doveva comunque scegliere chi era indicato dal Gran Consiglio. Era un problema politico, perché se si optava per una procedura o per l'altra, c'erano conseguenze decisive per il ruolo della monarchia e per il ruolo del partito. Anche se l'edificio totalitario sembrava incompiuto, il futuro dello Stato totalitario, e quindi il problema della successione, era affidato al partito fascista. Ma nel momento stesso in cui veniva esaltato teoricamente come principale pilastro del regime, il partito attraversava una crisi interna proprio mentre l'Italia entrava nella Seconda guerra mondiale.
La politica totalitaria di Adelchi Serena
Alla vigilia della Seconda guerra mondiale, il partito fascista dominava con la sua imponente organizzazione, e proprio la sua onnipresenza e la sua invadenza suscitavano malumori crescenti fra la gente. Tuttavia, la posizione
del PNF come asse del regime appariva ben salda. Nello statuto del 38, il PNF aveva ribadito la sua subordinazione allo Stato fascista ma dichiarando esplicitamente che il partito aveva il compito della difesa e del potenziamento della Rivoluzione fascista. L'impeto del fascismo totalitario non era stato affatto addomesticato da l compromesso tra il fascismo e le istituzioni del vecchio regime: anzi, proprio l'esistenza di istituzioni che ancora non erano entrate nell'orbita del partito contribuiva a tener desto questo impeto, giustificando l'appello alla rivoluzione continua. Neppure negli anni della guerra il partito si comportò come docile servitore dello Stato. Anzi in questi anni il partito tornò ad essere un problema per il duce, mentre contrasti, conflitti, rivalità con gli organi dello stato ripresero. Dopo la notorietà di un Farinacci o di uno Starace, Serena è stato quasi del tutto dimenticato. La segreteria Serena non fu.Affatto una gestione meramente burocratica, anzi talune importanti iniziative prese allora dal PNF, potenziarono notevolmente la sua posizione nello stato. Quando Mussolini, alla fine del 39, decretò la fine della politica di Starace, nessuno criticò la sua sostituzione. Lo 'staracismo' come ideologia e politica di partito, caratterizzato dal formalismo militaresco e dalla ossessione per la 'riforma del costume', aveva screditato l'immagine del partito. Ma anche lo staracismo inteso come invadenza crescente del partito nella società e nello Stato, aveva allarmato gli altri potenti del regime, i quali, vedendo crescere oltre misura il potere del segretario del partito, si affrettarono a minare la fiducia che il duce aveva riposto in questi. Dopo otto anni di staracismo, la nomina di Muti fu accolta con molte speranze da parte dell'opinione pubblica e ci si aspettava la liberazione dal formalismo militaresco e dall'onnipresenza del
partito, un rinnovamento del PNF che lo rendesse meno burocratico e meno invadente. L'azione antistaraciana venne avviata all'insegna dello snellimento del PNF. Primo atto significativo fu la decisione di staccare dal diretto controllo del partito istituzioni come l'OND, il CONI e le associazioni d'arma. Ma ben presto, gli stessi artefici della nomina di Muti dovettero rendersi conto di aver commesso un gravissimo errore mettendo a capo del partito un uomo del tutto estraneo all'apparato del partito, per nulla competente dei suoi congegni burocratici, dotato di scarse capacità. La nomina di Muti era stata voluta da Ciano il quale credeva che il nuovo segretario avrebbe seguito le sue direttive come un bambino. Ma Muti aveva ambizioni proprie e voleva precedere in modo autonomo alla guida del partito. A tutte le preoccupazioni manifeste circa la guida del partito, il duce rispose che avrebbe provveduto lui stesso a risollevare il partito. In realtà iluce fu tutt'altro che determinato e determinante. Nell'imminenza della guerra, che avrebbe richiesto tutto l'impegno del partito, invece di scegliere una personalità autorevole e competente, Mussolini ripiegò