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LA MALA UNITÀ

Le scelte fondamentali che diedero vita al nuovo stato, ma soprattutto le scelte su come organizzarlo

dipesero tutte da Cavour e non dai suoi successori, anche se lui morì due mesi dopo

dell’Unificazione d’Italia, il 17 MARZO 1861.

Tutti gli atti che riguardavano il Regno D’Italia ebbero il marchio delle sue scelte fondamentali, in

tanti settori:

- Non era uno Stato nuovo, bensì l’allargamento di quello precedente; cambiava solo il nome: da

Regno di Sardegna a Regno d’Italia. Cavour decise di non cambiare la numerazione al Re, rimase

Vittorio Emanuele II; passò da Re di Sardegna a Re d’Italia.

- La legislatura che diede vita al primo parlamento italiano, prima dell’atto di unificazione, nel

gennaio 1861, fu convocata non come prima legislazione ma come ottava legislatura proseguendo la

numerazione anche in seguito, considerando come prima legislatura quella del Regno Subalpino

subito dopo l’applicazione dello Statuto Albertino nel 1848.

- La trasposizione, così com’era, dello Statuto Albertino, da Statuto del Regno di Sardegna a Statuto

del Regno d’Italia, variando solo il nome, dimenticandosi addirittura di cambiare il nome della

lingua ufficiale dello stato. La lingua ufficiale del regno di Sardegna era il francese, quando si

accorsero dell’errore, dopo un anno convertirono il francese all’italiano, lingua ufficiale del regno

d’Italia;

- La scelta in politica economica, Cavour aveva scelto la linea, del libero scambismo cioè aiutare

con incentivi, con costruzione di infrastrutture con tutta una serie di vantaggi le aziende del regno di

Sardegna ma sottoponendole ad una concorrenza con le aziende dei paesi industrializzati più forti,

più potenti di quel tempo, questa era una delle due linee che potevano essere scelta, l’altra era

quella scelta per esempio dal re Ferdinando II di Borbone di Napoli, era stata quella del

protezionismo doganale, di offrire agli imprenditori sia italiani che stranieri, il vantaggio, di un

mercato esclusivo, protetto da tariffe doganali di entrata e quindi garantendo un mercato privilegiato

che era quello delle Due Sicilie; adottare il libero scambismo per il Regno D’Italia incise

positivamente in quasi tutto il regno, l’unico che pagò le conseguenze di tale scelta di Cavour fu

soprattutto quel territorio in cui c’era stata una prima fase di sviluppo industriale ma strettamente

collegata al protezionismo doganale. Di botto l’abbattimento di tutte le tariffe doganali, portò ad

una crisi di tutte le aziende, che erano cresciute sotto l’ombra protettrice del protezionismo di

Ferdinando II, in particolare, portò soprattutto gli imprenditori stranieri ad abbandonare le imprese

in cui si erano inseriti, nel regno delle Due Sicilie, perché non fu più conveniente per loro agire sul

mercato libero dove c’erano imprese molto più abituate ad agire sul mercato libero, più protette dal

nuovo Governo che puntava maggiormente su: Piemonte, Liguria e Lombardia; quindi abbandonati

a se stessi questi imprenditori stranieri, cominciarono in pochi anni ad abbandonare le loro imprese

le chiusero e tornarono nel loro paese d’origine, anche gli imprenditori locali vennero investiti da

una crisi senza ritorno dovuta soprattutto a tale cambiamento improvviso per loro e quindi non

erano abituati alla nuova organizzazione produttiva e commerciale delle loro imprese.

Questo fu uno dei primi atti della “MALA UNITA’ “. Già da quando si realizzò l’unificazione 1861

le enormi differenze, che ancora oggi ci raccontano il famoso dualismo tra nord e sud non si

percepiva; si percepiva soltanto nel senso che c’era una parte del sud, quella soggetta alla proprietà

latifondista, che rappresentava la parte più arretrata del paese.

I governi dopo Cavour si allearono con la proprietà latifondista, che serviva come controllo del

mezzogiorno attraverso la scelta della classe di riferimento fondamentale.

Fu una delusione profonda, soprattutto per la piccola e media borghesia liberale che aveva avuto,

durante il ’48, e successivamente facendo l’esilio in carcere, l’ostilità soprattutto di quella classe

che prima dell’unificazione era prettamente filo- borbonica ma che dopo l’unificazione divenne

filo-savoiarda, passò con il nuovo regno ma di fatto restò quella che era stata prima, ovvero un

punto di riferimento per il Governo del territorio.

Ne fecero le spese quelle parti del territorio che avevano situazioni avanzate, ovvero le protagoniste

della così detta “macchia di leopardo” delle Due Sicilie dove c’erano condizioni più avanzate, in

particolare l’area dello Stretto Di Messina che ruotava attorno al porto franco. Esso fu, nei secoli un

punto di riferimento centrale per Messina e per tutta l’area dello Stretto, essa era un’area avanzata

rispetto al territorio circostante che aveva come perno principale il porto franco di Messina che

godeva di questo privilegio eccezionale: ovvero di essere l’unico porto dell’intero Regno delle Due

Sicilia nel quale non c’erano da pagare dogane d’entrata o uscita.

Nel momento in cui Cavour decise di applicare il libero scambismo, questo territorio subì una crisi

profonda, perché Messina divenne uno dei tanti porti dell’Italia perdendo il vantaggio del porto

franco, che a quel punto non c’era nessun motivo di essere porto franco, se tutti gli altri porti erano

nelle sue stesse condizioni. Erano tutti privi di dogane e quindi nel 1863, si calcolò che dall’Unità

D’Italia, quindi nell’arco di circa due anni, si persero 33 mila posti di lavoro, nelle attività

industriali, di trasformazione agricole, di trasformazione delle essenze ma soprattutto quelle

fabbriche relative al commercio (imballaggio degli agrumi..); ognuno ormai usava il proprio porto e

non aveva bisogno di recarsi a Messina.

Un altro campo in cui si sviluppò la “MALA UNITA’ “, furono le infrastrutture.

La rincorsa dell’Italia nel corso dell’800 della rivoluzione industriale inglese, era fondata

soprattutto sulla costruzione di infrastrutture nei trasporti, cioè la cantieristica navale con i

bastimenti a vapore e le ferrovie. Fino alla vigilia dell’Unità d’Italia la condizione delle ferrovie era

bene o male uguale, i cantieri navali di Napoli e Palermo erano all’avanguardia in un panorama

mondiale. I cantieri navali venivano fortemente sostenuti dallo Stato, ma non solo da quello

borbonico, tutti gli stati appoggiarono l’incremento dei propri cantieri, quindi non fu una

prerogativa dello stato borbonico quella di aiutare, un certo tipo di attività industriali attraverso le

così dette “ commesse statali”.

Lo facevano tutti in quel periodo, anche il nuovo Stato Italiano, ma concentrò lo sviluppo nel

triangolo: Milano, Torino e Genova. Questo è l’elemento che caratterizzò, per alcuni aspetti, la

Mala Unità.

L’errore sostanziale, fu la preferenza data ad una determinata area del paese e la totale

emarginazione del resto del paese, in quanto la maggior parte delle ferrovie si trovavano nella valle

Padana. Le uniche due ferrovie che passavano da nord a sud, dovevano portare le risorse attuando

una sorta di potere coloniale, in cui lo stato abbandonava qualsiasi appoggio che riguardasse le

aziende del mezzogiorno concentrandosi sulle aziende esistenti in quel triangolo industriale.

Lo squilibrio fu sempre più netto, gli effetti si verificarono a lunga portata (dal 1861 al 1881 era il

nettamente il sud a prevalere del nord, dal 1881 al 1901 ci fu un crollo dello sviluppo del sud).

Ci fu un'altra situazione in cui si verificò la “MALA UNITA’ ” a svantaggio di un territorio rispetto

ad un altro. Questo stato nonostante abbia svuotato le casse del regno delle Due Sicilie, dopo due

anni aveva bisogno di altro denaro, per le infrastrutture, per appoggiare le iniziative industriali

nascenti… quindi siccome l’unificazione, nonostante tutto, ciò che viene detto a riguardo, fu

definito un Festival delle Ipocrisie.

Dichiarazioni non vere: la chiesa non diede alcun aiuto durante il Risorgimento Italiano.

Dal 1848, Pio IX divenne il maggiore nemico di ogni processo dell’unificazione. La chiesa è stata

contraria, nella sua istituzione che era il Vaticano; seppur nel 1870 il vaticano abbia perso, lo Stato

Pontificio, con questa mancanza il Vaticano ha recuperato una funzione universale, che va al di la

dell’aspetto temporale del governo di un territorio.

Nel 1862, venne varata la legge DELL’ASSE ECCLESIASTICO, comportò la confisca di tutti i beni

ecclesiastici e la loro vendita ai privati, perché avevano bisogno di liquidità. Avendo questo

rapporto conflittuale con Pio IX, i dirigenti liberali decisero di fare quest’ulteriore atto di guerra con

il Vaticano.

La maggior parte di questi beni ecclesiastici erano, nell’ex Regno delle due Sicilie; quindi, questa

poteva essere considerata, una nuova entrata, che il nuovo stato ebbe nelle sue casse, per poter

ricostruire lo “Squilibrio”, creato e alimentato.

I proprietari meridionali, costretti a comprare, persero tutti i loro averi, mettendosi in una situazione

di difficoltà per gli anni successivi.

Nelle tariffe doganali del ’87, vi furono alcune conseguenze per i piccoli e medi proprietari, che

essendosi svenati per acquistare le proprietà dell’asse Ecclesiastico, non avevano più riserve.

I grandi proprietari latifondisti, furono aiutati dalle tariffe doganali dell’87, per proteggere le

nascenti proprietà industriali.

Le tariffe doganali dell’87, furono l’applicazione che aveva gia fatto Ferdinando II, nell’ex Regno

delle due Sicilie, però in questo fatto, sullo stato Italiano, dopo aver smantellato tutto quello che

c’era nel 1860 nel sud. Avendo gia costruito qualcosa in altra parte del paese, pensarono di

proteggerla meglio e per avere i voti in parlamento, essendo la maggioranza di deputati meridionali,

rappresentanti di questa grande proprietà, decisero di affiancare i prodotti industriali come

protezione doganale, il Grano (tipico prodotto dell’agricoltura).

Ma i coltivatori di uliveti- agrumeti ecc.. vennero messi in crisi, da queste tariffe; l’Italia non era

così forte dal punto di vista industriale, per poter reggere il confronto con altri paesi.

Fino a quel momento avevano retto le sorti del bilancio dei pagamenti, dell’Italia con l’Estero,

proprio quelle produzioni, cioè l’esportazione di olio, vino e agrumi.

Fino al 1890 la percentuale degli immigrati all’estero venivano dal nord e raramente dal sud.

Nel 1890, avvenne un cambio in quanto le tariffe doganali misero alle strette i

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Publisher
A.A. 2012-2013
90 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/04 Storia contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher elerudi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di storia contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Messina o del prof Amato Pasquale.