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"L'ITALIA" E LA MISSIONE CIVILIZZATRICE DI ROMA

La Chiesa e il fascismo. Dopo la prima guerra mondiale, pur di fronte alle permanenti diffidenze del governo italiano, la Santa Sede, nel '19, operò un primo tentativo di soluzione della questione romana prospettando un trattato risolutivo del contenzioso aperto1; la richiesta fu quella di una porzione della città di Roma, con piena sovranità e totale indipendenza dallo Stato italiano. Il fallimento dell'iniziativa fu dovuto, oltre che alla caduta del ministero Orlando (il quale, peraltro, aveva già manifestato il suo scetticismo), alla ferma opposizione di Vittorio Emanuele III e alla situazione politica complessiva; il dopoguerra era infatti mosso, difficile, caratterizzato da forti tensioni sociali, con lo spettro della rivoluzione russa in corso2, e "fu proprio l'incertezza estrema della situazione - come nota Giovanni Miccoli - che indusse la Santa Sede a dare via.

libera” 3 alla iniziativa politica di don Sturzo, iniziativa enunciata con chiarezza fin dal discorso programmatico di Caltagirone del 1905. Si trattava di realizzare un partito italiano cattolico, ispirato cioè a principi cattolici; un partito, come ebbe a dire Sturzo, di cattolici ma non di tutti i cattolici, aconfessionale, democratico, autonomo dalla gerarchia ecclesiastica, sostenitore di un programma politico di avanzata legislazione sociale che si ispirasse agli ideali cristiani senza fare della religione un elemento di differenziazione politica. Esso voleva troncare in modo definitivo con ogni tradizione clericale e superare le posizioni dell'intransigenza, combattendo assieme le tendenze clerico-moderate continuamente riemergenti, optando esplicitamente per la democrazia contro i conservatori. Nell'estrema incertezza della situazione del dopoguerra, la Santa Sede fu dunque indotta a dare via libera - pur franotevoli diffidenze - all'iniziativa di Sturzo,

quale contingente e possibile contraltare alla capillare e insistentepropaganda socialista (e utile mezzo per ottenere, al bisogno, l'appoggio dello Stato, dato che della collaborazione delPpi le forze liberali italiane non potevano fare a meno). L'equivoco di fondo fu però sempre costituito dal mettereassieme cattolici conservatori e democratici; l'ala destra (di cui tipico esponente era padre Gemelli) 4 suggeriva alpartito la necessità di riferirsi direttamente al magistero delle encicliche sociali: non per una soggezione immediata allagerarchia nei termini dell'Azione cattolica, ma proponendocomunque un totale appiattimento ideologico, una piena adesione ai principi della dottrina politico-sociale cattolica. Lastessa enciclica Ubi arcanometteva 5 in guardia - con chiara allusione al Partito popolare6 - da chi, pur riconoscendo aparole il magistero della Chiesa, tendeva a discostarsene nella pratica7. Aspetto significativo di questa tensione fuLa circolare inviata ai vescovi dal segretario di Stato cardinal Gasparri, che proibiva al clero di partecipare alle attività politiche, giornalistiche e di parte. La data di questo documento (2 ottobre 1922) è significativa, perché precedente allamarcia su Roma e quindi utile, fra le altre cose, per avvalorare il fatto che le critiche e le perplessità (ovviamente accentuatesi in seguito) da parte del magistero ecclesiastico nei confronti del Ppi erano antecedenti alla presa del poterefascista; infatti, le riserve della Santa Sede verso il nuovo partito crebbero fra il 1920 e il '22, evidenziando una sempre più accentuata presa di distanza che sfocerà in seguito nel definitivo abbandono. È chiaro che l'affermazione e il consolidamento del fascismo posero fine a quella situazione di incertezza (e al conseguente riserbo) che aveva in qualche modo spinto a dare via libera al Ppi (visto come un mezzo non eccessivamente compromissorio).nell'oscuro panorama del dopoguerra) e determinò la Santa Sede a riprendere un controllo più diretto ed immediato dell'organizzazione del laicato cattolico. Diversa fu dunque la situazione dopo l'avvento di Mussolini che, pur mostrando di voler eliminare o fagocitare le organizzazioni politiche, sindacali, cooperative e giovanili dei cattolici italiani, palesò anche l'intenzione di fare della Chiesa una delle componenti importanti, di supporto del suo piano politico. Tale politica poteva essere sfruttata dalla Chiesa per alzare il tiro ed ottenere non solo una soluzione della questione romana, ma anche una sistemazione vantaggiosa dei rapporti con lo Stato; del resto, avendo il fascismo eliminato le organizzazioni operaie e iniziato ad operare una politica di favore verso la Chiesa, per la Santa Sede il movimento cattolico poteva essere ristretto alle sole organizzazioni dell'Azione cattolica. Dopo aver "eliminato, o lasciato eliminare -come osserva G. De Rosa8 - quelle parti del movimento cattolico stesso, che potevano in qualche modo disturbare la spinta del fascismo verso la completa dittatura, cioè dopo il 1925-26", e visto fallito il tentativo aventiniano (episodio che segnava la salda instaurazione della dittatura), il Vaticano diede il via a vere e proprie trattative con Mussolini. Il '26, ricordiamolo, fu l'anno delle leggi soppressive di associazione e stampa, dell'emanazione della legge "per la difesa dello Stato" e dell'istituzione del Tribunale speciale9. Le dimissioni di Sturzo dalla segreteria del Partito popolare nel luglio del '23 (in seguito alle pressioni esercitate da parte fascista sulla Santa Sede con la minaccia contro le organizzazioni cattoliche) 10 e il suo abbandono dell'Italia nel '24 (anno dell'assassinio di Matteotti, che non servì però a scalfire la linea sulla quale la Chiesa si stava dirigendo) avevano segnato imomenti più significativi del progressivo abbandono, da parte della Chiesa, di quel movimento che i fascisti individuavano ormai come un nemico; il Ppi, in pratica, fu adoperato come ostaggio da consegnare per la soluzione giuridica della questione romana. La Chiesa (come d'altronde la vecchia classe dirigente) si era decisa così - coerentemente col proprio orientamento basilare - per quella soluzione che, garantendo la stabilizzazione dell'ordine sociale e l'affermarsi di una forte autorità, faceva intravedere una possibile alleanza basata su comuni principi "totalizzanti" di fondo. Consonanze di fondo. Siamo di fronte a due sistemi che - seppure a partire da motivi ideologici ben diversi - privilegiavano entrambi principi di ordine, autorità, gerarchia, obbedienza, sottomissione e assolutismo, il mito di Roma, gli apparati e i riti esteriori, l'uso massiccio della psicologia di massa; emersero dunque naturalmente alcuni elementi.del fascismo che erano in linea con il punto di vista cattolico includevano la promozione della famiglia come unità fondamentale della società, la difesa dei valori tradizionali e la valorizzazione del lavoro come mezzo di realizzazione personale e contributo al bene comune. Tuttavia, è importante sottolineare che non tutti i cattolici erano favorevoli al fascismo. Molti esponenti della Chiesa, soprattutto a livello internazionale, erano critici nei confronti del regime fascista e delle sue politiche. In conclusione, il rapporto tra fascismo e cattolicesimo è complesso e variegato. Mentre alcuni elementi del fascismo potevano essere considerati consonanti con il punto di vista cattolico, ci sono anche molte differenze e critiche da parte della Chiesa nei confronti del regime fascista.d'incontro furono la tutela del costume (specialmente del focolare domestico, per il quale si propose un ideale di famiglia numerosa), la critica all'idea che l'interesse economico fosse il fondamento primo delle vicissitudini sociali, e l'epurazione dei veleni stranieri (materialismo, libero pensiero, democrazia, modernismo, ecc.), tutti fattori inconciliabili col conformismo, col paternalismo, con la mentalità reazionaria e con quell'autarchia materiale e spirituale che - a dispetto degli enunciati e delle pretese universalistiche - era asse portante del mito della romanità. Ma soprattutto, ripetiamo, contò l'analisi che il pensiero cattolico fece delle radici e dell'evoluzione del fascismo; ossia, tolta una minoranza di opposizione radicale (ad esempio Sturzo, Donati) che inquadrava il fenomeno come un coerente e negativo sviluppo della genealogia degli errori, il fascismo fu visto come un allontanamento dalla nefasta tradizione.

liberale e socialista, un'evoluzione dallaicismo ancora rischiosa, ma anche di fatto avvicinabile alle posizioni del magistero, una possibile fase di passaggio verso il nascere di una nuova e ben più favorevole posizione della Chiesa. Senza negare la necessità della Santa Sede di legarsi al regime per tutelare se stessa in quella situazione, risaltano dunque una serie di attese, giudizi positivi e apprezzamenti in vista di una auspicata spinta della società italiana verso uno Stato confessionale15. Per avviarsi su una strada diversa da quella della rivoluzione francese andavano però risolti, innanzitutto, i due problemi della questione romana e di un concordato col regime. Le trattative concordatarie, lunghe e frastagliate, giunsero in porto salutate con grande soddisfazione dal mondo cattolico, sulla scia dell'affermazione di Pio XI secondo cui col Concordato, "certo fra i migliori che si sono fin qua fatti", si poteva "con profonda

compiacenza” credere di aver “ridato Dio all'Italia el'Italia a Dio”. 16Le relazioni fra Chiesa e fascismo furono caratterizzate da una lunga e sostanziale collaborazione, con alcuni momenti di contrasto; verso la metà degli anni Trenta, nonostante momenti di attrito e reciproche riserve, possono essere definite ottime, e, superata la crisi causata dagli scontri frontali sull'Azione cattolica nel '31, furono senz'altro “cordiali, improntate ad uno spirito di collaborazione, di concessioni reciproche” fino agli inizi del '40. Il segno più evidente che sigillava l'inizio di un nuovo periodo di intesa, dopo gli accordi del 2 settembre 1931 (che posero fine ai contrasti sull'Ac e si tradussero poi, nel dicembre dello stesso anno, in una nuova riforma dello statuto della stessa), 18 fu costituito dalla visita che l'11 febbraio 1932 (terzo anniversario della Conciliazione) Mussolini fece a Pio XI in Vaticano19.

Gli attriti, come è stato osservato, "furono assai più scontri di concorrenza fra due egemonie che volevano essere ugualmente assorbenti dell'intero corpo sociale che scontro di principi o di prassi avvertiti come inconciliabili".20 La guerra d'Etiopia. L'avvicinamento più sensibile si verificò a partire dalla fine del '35, in connessione con.
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Publisher
A.A. 2008-2009
14 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/04 Storia contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher melody_gio di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pavia o del prof Signori Elisa.