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Il primo dopoguerra in Italia: il biennio rosso
La crisi che investe l'Italia nel primo dopoguerra riguarda ambiti diversi, ma intrecciati. C'è, infatti, una crisi economica, sociale e politica.
La crisi economica è data dalla riconversione dall'apparato industriale bellico a quello di pace senza il sostegno dello stato. Tra il 1920-21 c'è una crisi internazionale grave che rende più difficile la riconversione industriale. Inoltre c'è l'inflazione che ha effetti di ridistribuzione del reddito. Aumenta, quindi, la disoccupazione, anche per il ritorno a casa degli uomini chiamati alle armi. In più, l'agricoltura, durante la guerra, era stata trascurata.
I problemi economici creano un grave disagio che si mescola al mutamento della mentalità diffuso dalla guerra nelle grandi masse e nei ceti piccolo borghesi, perché questi si sono identificati col combattentismo (vedi appunto Le trasformazioni).
Le cause della Prima Guerra Mondiale hanno avuto un impatto significativo sulla società europea. Questo ha portato al biennio rosso, un periodo di grande conflittualità sociale che coinvolge l'intera società e indica la radicalità delle lotte innescate. Tali lotte hanno come obiettivo principale la modifica dei rapporti di potere, quindi si tratta anche di una lotta politica. Il biennio rosso è fortemente influenzato dal socialismo, da cui il suo nome "rosso". Ciò che accomuna queste lotte è la speranza di un cambiamento dopo aver vissuto un'esperienza difficile e unica come la guerra. Tuttavia, i costi di tale cambiamento devono essere pagati dalla borghesia. Per i contadini, la speranza di cambiamento è dovuta alla stessa classe dirigente. Dopo la disfatta di Caporetto, la guerra passa da un'offensiva a una difensiva. Per incoraggiare i contadini, la classe dirigente promette loro la terra. Il governo,
quindi, emana in questa occasione (1918) un decreto che affida terre incolte ad associazioni di contadini. Per i principali filoni di lotta del biennio rosso, bisogna distinguere le agitazioni sindacali e le agitazioni non sindacali. Tra le agitazioni non sindacali, ci sono diverse manifestazioni (ad esempio quelle contro i rincari dei generi alimentari, contro la disoccupazione…). Si tratta, cioè, di manifestazioni di piazza cui partecipa tutta la popolazione e che, quindi, non coinvolge specifiche categorie sindacali. Ci sono, poi, conflitti più propriamente sindacali, tra cui si distinguono i movimenti agrari e i movimenti operai. Per i movimenti operai, i sindacati rivendicano alcuni diritti, come la diminuzione del tempo di lavoro a 8 ore e il miglioramento dei salari. L'apice delle lotte è il 1920, quando gli operai del triangolo industriale occupano le fabbriche a mano armata, tentando di continuare la produzione. A Torino nascono i consigli di fabbrica.nuove associazioni promosse dal Partito Socialista con Gramsci che vuole rifarsi ai soviet. L' ondata di agitazione del 1920 sembra essere arrivata ad una rivoluzione, ma il socialismo entra in crisi. Giolitti non interviene poiché così la situazione si sarebbe svuotata da sé in quanto non avrebbe trovato uno sbocco politico. Nell'ottobre del