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USA

- incremento delle emissioni di carta- moneta (collegato all’ inflazione)

- difficoltà del settore industriale a riconvertire dopo il conflitto le industrie, da industrie belliche a

industrie civili.

Anni immediatamente successivi alla fine del conflitto: situazione disastrosa, ma nella primissima

fase che segue il conflitto l’ economia europea è sostenuta anche da spinte positive di crescita,

dovute ai bisogni legati alla ricostruzione. La domanda intensa del mercato stimola l’ industria e

stimola l’ occupazione: domanda congiunturale che si esaurisce in fretta. Già negli anni ’20 l’

Europa subisce un crollo e ad esso segue una vera e propria crisi di sovrapproduzione, dovuta allo

scarso potere d’ acquisto da parte dei consumatori, e questo colpisce anche gli USA, che hanno in

Europa un mercato di sbocco.

A seguito di questo crollo c’è una reazione da parte delle componenti sociali (in Italia, il ‘’biennio

rosso’’) ed emergono problematiche sociali forti —> ciò porta alla nascita dei totalitarismi.

I problemi maggiori si presentano nei paesi sconfitti, come in Germania, ma non solo, tutta l’

Europa si ritrova in una situazione difficile.

La crisi del 1929

E’ tradizionalmente vista come una crisi che nasce negli USA, con il crollo della borsa di New York.

Ci sono due focolai della crisi: il più grande, negli USA, l’altro in Europa (in Germania, dove la crisi

inizia nel 1928).

In Germania la crisi presenta e stesse caratteristiche di quella degli USA: crollo della fiducia da

parte degli investitori sul sistema finanziario e borsistico—> elemento chiave, ma non è l’ unico

motivo della crisi.

Ci sono diverse motivazioni: si può dire che la crisi del ’29 inizia a causa di uno squilibrio nel

sistema economico mondiale—> già dopo la Prima Guerra Mondiale i commerci subiscono una

forte crisi, vengono introdotte nuove barriere doganali, crolla il potere d’ acquisto ad parte della

popolazione e c’è una forte asimmetria tra gli USA, che escono dal conflitto in modo migliore

rispetto all’ Europa.

Il sistema produttivo europeo e quello americano presentano delle differenze, anche i mercati:

conseguenze importanti per la crisi economica mondiale che si verrà a creare.

La domanda da parte del mercato europeo non riesce a tenere il passo con quella che è la

capacità produttiva delle imprese raggiunta durante la guerra (quanto gli impianti sono in grado di

produrre). Nel dopoguerra queste grandi imprese non trovano più uno sbocco sul mercato, anche

quando vengono riconvertiti gli impianti non si riesce a trovare acquirenti per i proprio prodotti.

Anche negli USA la crescita produttiva delle aziende non è parallela ad una crescita altrettanto

forte della capacità di acquisto da parte della popolazione.

3 elementi fondamentali:

- problema di sovrapproduzione

- saturazione dei mercati: collegato alla sovrapproduzione, i mercati non riescono più ad

accogliere i prodotti

- speculazione: considerata la causa scatenante della crisi del ’29; il valore delle azioni delle

aziende è un valore puramente nominale, legato esclusivamente al titolo, non è più un valore

reale legato alla domanda, all’ offerta, alla svalutazione della moneta. Il valore delle azioni in

borsa aumenta o diminuisce in base alle aspettative che si hanno su un determinato prodotto.

E’ una crisi che non colpisce esclusivamente il settore industriale, ma anche l ‘agricoltura in quanto

la guerra aveva prodotto anche una crescita della domanda di generi alimentari: molti imprenditori

agricoli avevano, soprattutto negli USA, acceso dei mutui per innovare e migliorare i propri impianti

produttivi.

Un altro elemento che può essere considerato una causa: il sistema industriale era cresciuto in

maniera forte, ma era cresciuto con determinate caratteristiche: si erano create situazioni che

avevano reso il mondo del lavoro meno flessibile rispetto a prima, anche la struttura delle aziende

era meno flessibile —> nel momento della crisi se il sistema ha raggiunto livelli di flessibilità i

cambiamenti sono difficilmente attuabili.

La situazione di crisi viene stimolata da errate politiche economico- finanziarie attuate dagli Stati:

dopo la guerra, viene reintrodotto il gold standard, ossia il valore delle monete internazionali legato

all’ oro. Questo gold standard è sproporzionato a favore del dollaro americano, penalizzando le

altre monete europee: questo sbilanciamento ha conseguenze importanti e mette ancora più in

crisi le economie europee, ma anche quella americana.

Ancora nel dopoguerra c’è una tendenza degli Stati a ricercare il pareggio di bilancio (uscite e

investimenti siano equiparabili alle entrate: può avvenire solo se le tasse sono molto alte, oppure

se si rinuncia ad operare investimenti) ed è causa di rottura del commercio internazionale.

Gli USA stanno vivendo un momento di forte crescita esponenziale, ed è una crescita che genera

una vera e propria euforia nei produttori, che continuano ad innovare e ad accrescere la propria

produzione, ma è un anche un’ euforia che contagia anche i consumatori, per le nuove possibilità a

loro date. Questa euforia si riflette soprattutto in ambito borsistico: le aziende continuano a

crescere, e anche le azioni delle aziende aumentano il proprio valore (valore nominale)—> tutta la

popolazione partecipa a questi investimenti. Questo si basa sulla convinzione del fatto che la

crescita e l’ espansione/aumento della produzione siano sinonimo di benessere e progresso, e sul

fatto che la fase espansiva non possa conoscere fine, e che la produzione industriale trovi sempre

e comunque ampi spazi nella domanda di mercato.

La situazione reale non era questa, si arriva a:

- sopravvalutazione dei valori dei titoli delle imprese: il valore reale risulta essere molto più basso

del oro valore nominale, quindi chi ha investito i proprio risparmi in determinate aziende a prezzi

alti, si trovano ad aver acquistato un titolo che non vale quanto viene dichiarato.

- frenetica ricerca di vantaggi finanziari da parte degli investitori: acquisto e vendita di titoli, ricerca

di titoli vantaggiosi —> stimola la crescita del valore dei titoli

- irrazionale corsa all’ acquisto di titoli sopravvalutati rispetto al valore reale delle imprese

- capitalizzazione esagerata delle imprese dovuta più all’ incontrollata euforia borsistica che alla

reale crescita ‘’industriale’’ della singola azienda.

Nel momento in cui le economie europee frenano e la stessa economia americana rallenta, la

fiducia che gli investitori avevano dato alle aziende e la corsa agli investimenti mostra la sua

fragilità= risulta evidente che il valore reale delle imprese non è assimilabile a quello nominale.

Gli investitori temono che i titoli acquistati si rivelino una perdita economica: vengono venduti i titoli

azionari —> i prezzi dei titoli crollano e chi aveva investito su quei titoli perdono tutto.

Giovedì nero della borsa di New York: inizia il crollo. Si viene a delineare un crack finanziario: fatte

pari a 100 le quotazioni in borsa nel 1926, nel 1932 esse raggiungono un indice di 34.

Inizia un vero e proprio disastro:

- falliscono centinaia di aziende (solo in USA 100.000)

- chiudono gli impianti di produzione: licenziamento degli addetti

- crollo dei risparmi: popolazione si trova senza risparmi perchè avevano investito

- disoccupazione dilagante (nel 1932 i disoccupati statunitensi sono 12 milioni, quasi 1/4 della

popolazione attiva è senza lavoro)

- crollo totale dei consumi: emerge il problema di avere di che nutrirsi

- diminuzione di oltre il 20% del commercio internazionale: sia per il crollo della produzione che

dei consumi

- contagio degli altri paesi europei, connessi al mercato americano; vengono colpiti dal fatto che

nel momento in cui scoppia la crisi gli investitori ritirano i capitale investiti sia dal mercato

americano che europeo.

16/04

Risposte date alla crisi dagli USA

Con Hoover, si cerca di dare una risposta alla crisi attuando un tipo di pensiero economico liberale

classico: tentativo di mantenere i bilanci in ordine, tenere sotto controllo la spesa pubblica, politica

che mira alla deflazione, abbassando i costi dei prodotti nel mercato. Ma, abbassando i prezzi, gli

imprenditori e gli investitori non hanno guadagno e le imprese sono già in difficoltà—> quindi l’

austerità e la deflazione finiscono con l’ aggravare la crisi.

Le cose iniziano a cambiare quando viene eletto Roosevelt (democratico), nel 1932: decide di

intervenire seguendo le linee guida economiche proposte da John M. Keynes (economista in

contrapposizione con la teoria economica neoclassica), che porta avanti un intervento deciso della

Stato nell’ economia. Questo non significa un controllo totale nell’ economia, ma di un ruolo che

considera le esigenze di autonomia che il mercato porta con sè; lo Stato quindi si propone come

tutore del mercato, che controlla che non vi siano speculazioni o malfunzionamenti nel mercato, e

ha un ruolo di supporto all’ economia sia nelle politiche sociali sia nell’ utilizzo della spesa pubblica

come elemento che va a stimolare l’ economia di un paese. Il rilancio della domanda interna che

avviene grazie all’ effetto moltiplicatore che la spesa pubblica e quindi il ruolo dello Stato ha sull’

economia: se lo Stato investe nella propria economia interna, la cifra investita da un supporto

economico al mercato, mettendo in circolazione dei soldi, e la cifra investita dallo Stato mette in

moto dei meccanismi che fanno in modo che gli effetti siano maggiori (effetto moltiplicatore).

La spesa pubblica è quindi il motore principale della ripresa.

Inoltre, le politiche sociali mirano a smorzare gli effetti della crisi.

Il NEW DEAL (1933-1937)

Prima fase di riforme (100 giorni): lo Stato si sofferma sull’ ambito finanziario, vengono posti sotto

controllo il sistema bancario e finanziario per evitare le pratiche di investimenti ad alto rischio che

avevano portato alla crisi, gli investimenti finanziari dovevano essere sicuri e non doveva esserci

un’ eccessiva speculazione finanziaria.

Nel settore agricolo: Agricultural Adjustment Act che prevede l’ assegnazione di sussidi agli

agricoltori in cambio di una limitazione delle superfici coltivate. Gli agricoltori negli anni precedenti

alla crisi avevano fatto degli investimenti, e si ritrovano a non poter più pagare i mutui e quindi

vengono erogati loro dei sussidi per non andare in bancarotta e reggere gli investimenti fatti.

Si cerca poi di limitare la superficie di terra coltivata: una delle cause delle crisi fu lo squilibrio tra la

domanda e l’ offerta, anche nel settore agricolo, qui

Dettagli
Publisher
A.A. 2015-2016
39 pagine
1 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/04 Storia contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ELE.PRT di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Verona o del prof Ongaro Giulio.