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IL NAZIONALISMO ARABO
In questo conflitto il nazionalismo arabo trovò la sua guida indiscussa nell'Egitto, il più importante stato del Medio Oriente per popolazione, posizione strategica e tradizioni storiche. Trasformato nel '22 in regno autonomo, l'Egitto aveva ottenuto nel '36 la piena indipendenza, pur restando nell'orbita dell'Inghilterra, che aveva conservato il controllo del Canale di Suez. La monarchia egiziana, però, teneva in piedi con l'appoggio inglese un sistema di governo sempre più corrotto e inefficiente. Nel luglio del 1952, un comitato di ufficiali liberi guidati da Gamal Abdel Nasser assunse il potere rovesciando la monarchia. Il nuovo regime avviò riforme in senso socialista (ridistribuzione della terra, nazionalizzazione delle principali attività economiche) e tentò di promuovere un processo di industrializzazione.
In politica estera Nasser si mosse con decisione per liberare il paese da
ogni condizionamento da parte delle potenze ex coloniali e rivelò subito l'ambizione di assumere la guida dei Paesi Arabi nella lotta contro Israele. Il 26 luglio 1956 il leader egiziano annunciò ad Alessandria, di fronte ad una folla osannante, la nazionalizzazione della compagnia internazionale che gestiva il traffico navale attraverso il canale di Suez. Francia e gran Bretagna decisero di rispondere con la forza alla provocazione di Nasser: presero contatti con Israele e concordarono un'azione militare congiunta. Così, il 29 ottobre 1956, l'esercito israeliano lanciò una grande offensiva nella penisola del Sinai, occupandola senza difficoltà; a quel punto l'aviazione inglese e francese bombardò gli aeroporti egiziani, mentre un contingente di paracadutisti occupava Port Said. L'operazione militare venne disapprovata apertamente non soltanto dall'Unione Sovietica, ma anche dagli Stati Uniti, che minacciarono di.sospendere ogni aiuto economico all'Inghilterra, uscita esausta dalla seconda guerra mondiale, e ancora bisognosa del sostegno finanziario americano. Le truppe dei tre paesi nemici dell'Egitto dovettero, pertanto, ritirarsi; per Nasser l'umiliazione militare si trasformò in un grande successo politico: alle masse arabe, egli poté presentare l'Egitto come l'unica forza in grado di contrastare l'imperialismo occidentale e il sionismo.
IL PROBLEMA PALESTINESE
Le guerre fra Israele e i Paesi Arabi confinanti continuarono, risolvendosi sempre a favore di Israele. Nel 1967, nella cosiddetta "guerra dei sei giorni", Israele occupò la penisola del Sinai e una fascia del territorio al confine con la Siria e la Cisgiordania, ma nel 1973, con la "guerra del Kippur" (dal nome di una festività ebraica), contro lo Stato di Israele si formò un vasto schieramento di Paesi arabi che per la prima volta usò l'aumento
del prezzo del petrolio come mezzo di pressione internazionale. Nel 1979 il presidente egiziano Sadat, successore di Nasser, concluse con Israele una pace che provocò la reazione degli altri Paesi arabi e dei movimenti musulmani più intransigenti. Sadat fu assassinato, ma l'Egitto continuò nella nuova politica di pacificazione, mentre anche la Siria accettava l'esistenza dello Stato ebraico. Restava tuttavia aperta la questione degli arabi palestinesi, un popolo senza patria e senza diritti, costretto ad emigrare negli altri Paesi arabi o a vivere nei territori occupati da Israele e a risiedere nei campi profughi in condizioni insopportabili di sovraffollamento e di povertà. La resistenza del popolo palestinese fu organizzata dall'OLP, organizzazione per la liberazione della Palestina, il cui Atto Costitutivo Nazionale venne redatto nella sua forma definitiva nel 1968. In questa solenne dichiarazione delle finalità e degli obiettivi dell'OLP,vi fu una fonte di tensione costante nella regione.Impossibile la pacificazione in tutta l'area. Nel 1982, l'esercito israeliano intervenne nel sud del Libano, spingendosi fino a Beirut, per cacciare le basi dell'OLP. Il suo intervento fece crollare il fragile equilibrio della società libanese, nella quale erano presenti diversi gruppi etnici e religiosi e portò a scatenarsi una guerra civile lunga e sanguinosa.
DALL'INTIFADA AGLI ACCORDI DI PACE
Nella seconda metà degli anni '80 la strategia di lotta dell'OLP contro Israele è cambiata. Dopo la sconfitta subita in Libano, la continuazione della lotta armata diretta o attraverso le azioni di terrorismo internazionale era diventata sempre più difficile. Al suo posto è sorta, inizialmente in modo spontaneo, una nuova forma di resistenza: l'intifada.
Dalla fine del 1987 la popolazione palestinese rimasta nei territori occupati, in particolare in Cisgiordania e nella striscia di Gaza, ha iniziato a ribellarsi con scioperi
di massa e con manifestazioni violente contro gli ebrei. La risposta di Israele è stata molto dura, ma ha provocato severe critiche in tutto il mondo e anche da parte dei suoi alleati. Dall'altro lato anche l'OLP ha cambiato progressivamente le sue posizioni e si è dichiarata disposta ad abbandonare il terrorismo e a riconoscere il diritto all'esistenza dello Stato d'Israele; purché da parte di questo ci fosse il riconoscimento del diritto all'esistenza dello Stato palestinese. Così a partire dal 1991, con gli accordi di Madrid, è iniziato un difficile processo di pace che è approdato alla costituzione dei territori autonomi palestinesi nella Cisgiordania e nella striscia di Gaza. Nel settembre 1993, a Washington, Yasser Arafat e Yitzhak Rabin, primo ministro di Israele, raggiunsero un accordo di pace. Per la prima volta, dal 1948, un'autorità rappresentativa degli Arabi palestinesi accettò il principio deldiritto dell'esistenza dello Stato di Israele; si può parlare dunque di una svolta storica, della fine di un'epoca caratterizzata dalla convinzione che Israele, il frutto politico del sionismo, dovesse semplicemente essere cancellato dalla carta geografica. Gli accordi di Washington prevedevano il progressivo ritiro dell'esercito israeliano da Gaza alla Cisgiordania, che avrebbero potuto godere di un'autonomia sempre maggiore. Negli accordi non si parlava della nascita di un vero Stato; la sovranità palestinese su quei territori, però, era stata di fatto accettata come una realtà inevitabile dal governo di Israele, che pareva disposto a coesistere pacificamente con gli arabi di Palestina.
Nel 1995 un successivo accordo tra Israele e OLP stabiliva le modalità del ritiro dell'esercito israeliano da quei territori e i termini per la costituzione di un governo civile ("o autorità") palestinese in Cisgiordania, che fu
Insediato nel 1996 dopo regolari elezioni che diedero una vittoria schiacciante all'OLP e ad Arafat, divenuto presidente con l'88% dei voti.
I NEMICI DELLA PACE
Da parte palestinese, l'accordo è stato rifiutato da due nuovi movimenti, Hamas (movimento di resistenza islamico) e Jihad islamica (guerra santa islamica), che, come si capisce già dal nome, sono movimenti orientati alla costruzione, in Palestina, di uno stato islamico che ponga la legge coranica alla base di tutti gli aspetti della vita civile e dell'esistenza.
Ma anche in Israele il processo di pace è osteggiato da movimenti estremistici e violenti.
Il 4 novembre 1995, Rabin, primo ministro israeliano, è stato assassinato da un estremista ebraico.
Dopo la morte di Rabin il processo di pacificazione si è lentamente arenato. Nell'estate 2000, Arafat e il governo israeliano furono sul punto di trovare un accordo politico; le trattative, tuttavia non approdarono ad una vera conclusione.
soprattutto per il fatto che all'interno dei territori su cui avrebbe dovuto nascere lo stato palestinese, i coloni dei numerosi insediamenti ebraici avrebbero dovuto abbandonare le loro case e le loro terre. Poiché il governo di Israele non agì verso questi coloni con sufficiente risolutezza, i rapporti si sono deteriorati: Israele fu accusata di doppiezza, mentre Arafat perse il controllo delle masse palestinesi. La situazione fu poi aggravata dalla visita compiuta il 26 settembre 2000 dal leader della destra israeliana Ariel Sharon alla spianata delle moschee di Gerusalemme. Il gesto, vissuto dai palestinesi come una provocazione e dal mondo arabo come un oltraggio al suo sentimento religioso, scatenò una violenta reazione, che diede origine alla seconda intifada, assai più cruenta della prima. Dalle pietre si è passati agli attentati terroristici anche contro civili, operati in gran parte dagli schahid, i "martiri" suicidi di Allah.Rappresaglie israeliane, ispirate da Sharon, divenuto primo ministro nel febbraio del 2001, furono devastanti, con pesanti bombardamenti aerei e incursioni di mezzi corazzati nelle città amministrate da Arafat.
Con queste premesse, si può affermare che la pace in Terra santa e a Gerusalemme, città sacra a tre religioni, è ancora decisamente lontana, anche perché il governo israeliano di Sharon non è più intenzionato a riconoscere Arafat come interlocutore valido.
L'INTEGRALISMO ISLAMICO
Dalla fine degli anni settanta, a causa del sottosviluppo e del peggioramento dei rapporti con il mondo occidentale, i movimenti dell'integralismo islamico hanno conquistato sempre più spazio e, in alcuni Paesi, hanno assunto una dimensione tale da condizionare le scelte politiche dei governi.
Nel 1979 in Iran, uno dei più importanti Paesi del Medio Oriente, una rivoluzione popolare ha rovesciato il regime dello Scia (l'imperatore) e
Ha fondato una repubblica islamica, retta dagli ayatollah (le guide spirituali dei mussulmani sciiti) e governata secondo una rigida interpretazione tradizionalista del Corano.