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L’IDEA DI NAZIONE
La base della nazione non sta nell’unità della lingua e neanche nella religione, che possono essere
varie, così come i costumi e le tradizioni. Il territorio non è creato in funzione della nazione, ma è il
risultato di vicende storiche che non sono collegate all’aspetto nazionale. L’etnia non è sufficiente a
spiegare il concetto di nazione, perché non esiste corrispondenza tra l’aspetto fisico e quello
psicologico.
In Francia alla fine del ’700 si parla di “popoli della nazione francese”, dove il concetto di nazione si
sovrappone a quello di Stato. In Francia vi è anche una pluralità di lingue: la Convenzione decide di
emanare leggi solo in francese e introdurre insegnanti di francese nelle province in cui si parlano altre
lingue. L’istruzione primaria ha lo scopo di infondere l’amore per il Paese e preparare i ragazzi a
servirlo. La nazione è vista come una grande famiglia, che quando chiama va servita, con il servizio
militare o la leva obbligatoria.
Nelle piccole comunità esiste una nazionalità spontanea, con tutti gli ideali che la caratterizzano:
all’interno del villaggio c’è una lingua comune, una religione comune ecc. A livello statale, invece, il Re
non è più di diritto divino, ma è del popolo, e vengono unite tutte le nazionalità: è una nazionalità
leggittimatrice del potere centrale, una nazionalità che viene scelta ed estesa a tutto il Paese. Le
condizioni che portano alla realizzazione di questo progetto sono la presenza di un apparato
burocratico accentrato, con il sistema prefettizio, e la rivoluzione industriale, in particolare delle vie di
comunicazione, sviluppatesi in tempi molto brevi.
I patrioti ritengono che la nuova organizzazione europea che nascerà dall’applicazione degli Stati
nazionali sarà quella definitiva: non solo si sostituirà ai vecchi ordinamenti, ma garantirà la pace fra gli
Stati per il futuro. Questo progetto deve essere realizzato in assenza totale di organizzazioni
sovranazionali e di limitazioni della sovranità: la condizione della democrazia e della libertà è la piena
sovranità. Tuttavia, per evitare lo scoppio di conflittualità a livello internazionale – tutti gli Stati sono
sovrani – occorre conciliare la diversità con l’unità, la cui condizione è proprio la limitazione della
sovranità. Quella che hanno in mente i patrioti non è una solidarietà all’interno dello Stato nazionale,
ma è una solidarietà più ampia, quella europea.
Mazzini, prima di fondare la Giovine Italia, è cosmopolita e individualista. Scrive il Saggio della
letteratura europea: sta per finire la storia particolare delle nazioni e sta per iniziare la stria europea.
Mazzini convinto che creando le condizioni per la nazionalità si riuscirà a creare una solidarietà
europea. Scrive anche il saggio Dei doveri dell’uomo: l’Italia avrà un primato, la missione di creare
l’unità dell’Europa.
La concezione di carattere sovranazionale di Garibaldi è mutuata da Saint-Simon, che nel saggio De la
réorganisation de la société européenne (1814, con Thierry), scrive che la riorganizzazione non può
avvenire attraverso il ricorso all’assolutismo, alla restaurazione, ma che bisogna fare ricorso alle
novità portate dalla storia, la libertà e la democrazia. Per garantire la solidarietà fra gli Stati bisogna
mettere da parte la vecchia diplomazia e la politica dell’equilibrio, e adottare un nuovo punto di vista,
quello di una pluralità di Stati, affinché venga affermata la democratizzazione della vita internazionale,
l’appropriazione da parte dei popoli della vita internazionale. Dal punto di vista dell’applicazione
pratica, le proposte istituzionali di Saint-Simon vanno perfezionate. Garibaldi rimane fedele a queste
teorie anche dopo il 1848 e nel 1867, insieme a Victor Hugo, fonda la rivista Gli stati uniti d’Europa.
Gioberti è fautore dell’universalismo cristiano e, come per l’Italia, vuole fare anche dell’Europa una
confederazione (“confederazione morale e civile di tutte le nazioni”): l’Europa è un tutt’uno dal punto
di vista religioso e culturale, e ciò la rende simile a uno Stato nazionale. Prevede una sua unione
politica sotto un unico capo, attraverso la ripresa della res publica christiana e l’uso del diritto
ecclesiastico invece di quello internazionale. L’arbitrato internazionale sulle nazioni spetta al Papa, che
tutti gli Stati devono riconoscere come la suprema autorità morale.
Nel 1848 Cattaneo scrive il pamphlet Sull’insurrezione di Milano: ci sarà la vera pace con gli Stati Uniti
d’Europa, quando lo Stato nazionale sarà sostituito da un organismo superiore agli Stati, capace di
applicare la democrazia e la libertà non solo nello Stato nazionale ma in Europa. Critica lo Stato
nazionale francese, che schiaccia le libertà locali attraverso il centralismo burocratico e il sistema
prefettizio: senza il decentramento politico non può esistere la libertà delle comunità locali. Per
mantenere la libertà bisogna limitare lo Stato nazionale, perché lo scopo dei patrioti è liberarsi
dall’assolutismo, ma ciò non porta alla pace: rimane la piena sovranità dello Stato, elemento di
continuità con il passato, che passa dal monarca alla nazione.
Il 1848 è l’anno di cesura tra una concezione positiva di nazionalità aperta ed una negativa, che si
chiude e si trasforma in nazionalismo.
IL PROCESSO DI UNIFICAZIONE TEDESCA
Nel 1815 la Germania è poco più che un’espressione geografica: si passa dai 350 Stati del Sacro
Romano Impero alla creazione di 38 Stati, a cui si aggiungono Prussia e Austria. Al Congresso di Vienna
queste entità vengono riunite nella Confederazione Germanica con sede a Francoforte, dove si
riuniscono i plenipotenziari degli Stati. La Confederazione ha una Dieta con carattere solo consultivo e
manca di un esercito e di una rappresentanza comuni.
Durante il periodo napoleonico tutti questi Stati sono stati invasi: l’umiliazione subita ha fatto
scomparire il Sacro Romano Impero, ma ha anche prodotto una cultura che porta avanti l’idea
dell’unità germanica. Nel 1832 a Hambach, nel Palatinato, si svolge una manifestazione a cui
partecipano 30000 giovani liberali che inneggiano alla libertà e all’unità.
Fichte promuove la teoria dello Stato commerciale chiuso, uno Stato commerciale che ha il compito di
organizzare l’economia comune, incrementare la potenza delle nazioni, eliminare i conflitti e stimolare
le energie popolari tedesche. Nei Discorsi alla nazione tedesca sottolinea come la lingua, il passato e la
cultura siano la prova che la Germania non è solo uno Stato unitario, ma la nazione per eccellenza.
Arndt pone come obiettivo da raggiungere l’unità nazionale tedesca: la nazione è la religione del
nostro tempo. Nel 1832, Leopold Ranke riprende un’opera precedente di Berthold Niebuhr e scrive
che lo sviluppo storico di un popolo avviene in funzione del suo genio nazionale: esiste un’omogeneità
della nazionalità tedesca e la necessità di realizzarne l’unità politica.
A guidare il processo di unificazione è la Prussia, che nel 1815, guidata dagli Hoenzollern, esce
rafforzata sa in funzione anti-francese sia in funzione anti-russa: mantiene la Pomerania, il
Brandeburgo e la Prussia occidentale, e guadagna la Pomerania svedese, la Bosnania, la Sassonia, la
Vestfalia e la Renania, con le città di Treviri, Colonia e Bonn. La Prussia orientale e la Prussia
occidentale non sono contigue: le separano l’Assia-Kassel, l’Hannover meridionale ed altri Stati. Da
questo momento i progetti della Prussia sono ricongiungere la parte occidentale con quella orientale,
procurarsi uno sbocco sul Mare del Nord passando per l’Hannover, e sostituirsi all’Austria nella guida
della Confederazione.
Il primo passo è la creazione di un’unione doganale della Prussia (1818), da realizzare con la riforma
tariffaria di Maassen, che prevede un regime di quasi libero scambio, con protezioni doganali solo per i
generi di lusso e quelli provenienti dalle colonie, senza tasse per le importazioni o i semi-lavorati –
affinché possano essere lavorati ed essere facilmente esportabili. In poco tempo la Prussia inserisce
all’interno dell’unione doganale un piccolo Stato che costituisce un enclave all’interno del suo
territorio, e negli anni ’20 vi entrano altri piccoli Stati contigui alla Prussia.
Nel 1828 la Prussia stipula un importante accordo doganale con l’Assia-Darmstadt, che diventerà un
modello per i successivi accordi con altri Stati e per la creazione dello Zollverein, la lega doganale del
1834. L’accordo prevede una tariffa esterna comune e una ripartizione dei proventi proporzionale alla
popolazione dei due Stati. Una clausola prevede che entrambi gli Stati abbiano il diritto di veto sulle
modifiche introdotte: dal punto di vista politico sono sullo stesso piano. La Prussia è disposta a fare
sacrifici economici per ottenere vantaggi politici: l’unione doganale è la prima tappa dell’unione
politica.
Nel 1828 iniziano ad allarmarsi altri Stati che rischiano di essere tagliati fuori dai commerci. La
Baviera e il Wurttemberg formano una lega doganale degli Stati del sud; a loro volta anche gli Stati
centrali formano una lega commerciale che passa per l’Assia-Kassel, in funzione anti-prussiana. Nel
1829 l’Assia-Kassel è in bancarotta e decide di entrare nella lega doganale prussiana: si ha il
ricongiungimento doganale delle due parti della Prussia. Altri Stati seguono il suo esempio, finché nel
1834 nasce lo Zollverein, la Lega doganale tedesca, non più prussiana. Essa ha una funzione politica,
perché abitua gli operatori a collaborare in un governo non ancora formalizzato, ma di fatto esistente.
Nel 1842 la Lega deve essere rinnovata e scoppiano delle tensioni riguardo al regime doganale da
adottare: viene scelto il protezionismo teorizzato da Federico List nel 1833. Nel frattempo la Prussia
continua nella sua azione di unificazione: costruisce delle strade che attraversano da nord a sud il
territorio tedesco e nel 1847 unifica le ferrovie all’interno dello Zollverein. Nasce anche il primo
giornale che si rivolge a tutta la popolazione tedesca. Gli Stati tedeschi smettono di intrattenere
rapporti commerciale con l’Austria e intensificano quelli con gli Stati del nord – con cui hanno
maggiore convenienza a commerciare.
Nel 1848-49 si pone l’alternativa tra la grande