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SEGNI DELLA CRISI:
1. Bayly per indicare questo periodo della Restaurazione utilizza l’espressione: “pluralismo
instabile”. Afferma che l’uscita dalle turbolenze rivoluzioni post-rivoluzionarie fu
l’orientamento dei governi dell’Europa restaurata, che cercarono tutti coralmente di
trovare un modo per comprimere le forze del cambiamento che l’età napoleonica aveva
scatenato. egli osserva che per un certo periodo una congiuntura economica favorevole
rese questo tentativo dotato di successo. Quando i politici occidentali decisero di
assicurare maggior stabilità ai governi più fermi, concepirono dei sistemi politici per
farli funzionare in modo più efficiente, per tener sotto controllo i moti rivoluzionari, e
poiché avevano bisogno di una economia in crescita per controllare politicamente i
propri sudditi si impegnarono in questa direzione. Direzione che significava in primo 10
luogo che bisognava uscire dalla crisi economica post-bellica sviluppi
parecchi
militari, tecnologici, agricoli aiutarono questo tentativo.
2. L’uscita della crisi economica fu fatta attraverso una forte meccanizzazione
dell’agricoltura, forte ripresa dei commerci (in particolare del cotone) [citazione di P.
Kennedy, Ascesa e Declino delle Grandi Potenze]. Si intrecciarono rapporti con i Paesi
che producevano materie prime (India, Brasile,ecc). questo controllo permise di tenere
a bada questo pluralismo instabile.
3. Un elemento di instabilità era dato dalla pentarchia europea.
4. Sono gli anni che, sulla scorta di questa agricoltura più produttiva, ci sono dei fenomeni
positivi anche se non è ancora in grado di mettersi al riparo da eventuali crisi e dalle
cadute improvvise delle rendite.
5. È un periodo di forte crescita demografica. Anche per questo si inizia a intravedere la
crescita di forti movimenti migratori.
6. L’economia di allora è squilibrata, si tratta di un Europa a due velocità industriali: è un
economia forte nella struttura commerciale e produttiva in alcune aree, ma debole in
altre.
7. Esiste a minare l’interno delle società europee uno squilibrio di carattere economico.
Questo è il momento nel quale, la forte crescita demografica, il tentativo di
controllarne gli esiti, ma anche le ripercussioni sociali, quest’economia squilibrata
comincia ad avere una pendenza documentata. Ci sono cioè quelli che Bayly chiama i
‘perdenti’ della prima GLOBALIZZAZIONE (= i legami sempre + intensi che si fanno
tra aree e Paesi diversi). Per Bayly dal 1780 al 1815 il mondo avesse vissuto una fase
che chiama di PROTOGLOBALIZZAZIONE. Dal 1815 a circa gli anni ’60 entra nella
prima grande globalizzazione mondiale che introduce vincitori e vinti. I perdenti sono
le manifatture indiane, schiacciate dai prodotto inglese; i piantatori di zucchero
sfruttati da inglesi e francesi; i contadini inglesi che perdono ricchezza di fronte al
processo di modernizzazione dell’agricoltura inglese che si compie mentre il tesso
demografico cresce. Corn Law
8. è in questa situazione che nel 1819 il governo inglese emana le = leggi
protezioniste che impedivano l’ingresso di cereali in Inghilterra da altri Paesi. Queste
leggi vennero a lungo dibattute nel corso degli anni successivi e provocarono la
spaccatura all’interno del parlamento tra due gruppi: i “tories” (che esprimevano la
proprietà fondiaria) da una parte e i “weighs” che erano espressione del ceto
industriale. Questi ultimi vincono nel ’46 e ciò provoca l’apertura del mercato del grano
inglese. Vincono anche un’altra battaglia: quella sulle leggi di assistenza che obbligavano
i comuni ad assistere alle persone deboli e furono considerate un ostacolo allo sviluppo
delle industrie e quindi vengono abolite.
Negli anni ’30 e ’40 dunque l’Inghilterra decide di cambiare politica economica e decide
che per far fronte alla popolazione crescente ci siano due soluzioni: - di aumentare la
manodopera che lavora nell’industria e -affidarsi all’acquisto nel mercato cerealitico
mondiale.
Uno degli esempi più significativi di questo manifestarsi di vincitori e vinti si ha quando gli
inglesi, ridotta l’India a semplice serbatoio di materie prime, sfruttano il loro monopolio
commerciale contro la Cina, scambiando prevalentemente te contro oppio.
1839-42 : prima guerra dell’Oppio tra Cina ed Inghilterra 11
1856-60 : seconda guerra dell’oppio La Cina voleva impedire questo commercio di oppio. le
truppe inglesi saccheggiano il palazzo imperiale. Gli inglesi si facevano scudo col principio del
libero scambio e quindi usarono questo pretesto per giustificare una guerra che era legittima
dal punto di vista dell’impero cinese.
LA NASCITA DELLA QUESTIONE SOCIALE:
altri cenni di questa lenta crisi al pluralismo instabile lo possiamo vedere nella “nascita della
questione sociale”, perché non dobbiamo dimenticare che l’industrializzazione europea si
trasforma in un grandissimo fattore di squilibro sociale. Dato che da la misura degli
sconvolgimenti che l’industrializzazione provoca è relativo alla manodopera femminile: nelle
fabbriche inglesi in questo periodo (anni ’40 dell’‘800) il 60% della manodopera è femminile
(anche bambine sotto i 10 anni che lavoravano 7 giorni su 7). Manodopera femminile altissima
anche in Francia (40-41%). 1824 nascita organizzazioni statali (trade unions) tentativo di
replicare a queste trasformazioni. Anche lo sforzo di accelerare l’economia europea facendo
di essa uno strumento di conservazione dell’ordine politico, è un sogno destinato a non
produrre i risultati che non ci si attendeva. Il fatto che un vecchio mondo se ne sia andato per
sempre lo possiamo scorgere se ci soffermiamo sul caso italiano.
IL CASO ITALIANO:
Il quadro politico italiano rivisto e ridisegnato durante il Congresso di Vienna:
- il Regno di Napoli diventa ora il Regno delle due Sicilie (che vede la restaurazione della
dinastia borbonica. Sullo stato Pontificio sono tornati i legittimi pontefici)
- a Nord il Regno Lombardo-Veneto ( Trentino A.A. e Friuli Venezia Giulia) costituisce
una parte dell’Impero austriaco.
- Ducati padani retti da dinastie vicine all’Austria, così come il Gran Ducato di Toscana.
- il Regno di Sardegna è l’unico ad aver mantenuto un po’ di autonomia.
Il problema sia per i governanti europei che italiani era cosa fare dell’eredità napoleonica che
aveva ridisegnato l’Italia. L’impero napoleonico era il termine di riferimento e di paragone
anche per i sovrani restaurati.
Esistevano problemi all’ordine del giorno dei sovrani imperiali restaurati.
QUESTIONI APERTE:
1. legittimità dei governi restaurati. Nonostante vi fossero due stati in Italia che
programmaticamente impostavano la loro azione con una radicale piazza pulita della
politica napoleonica, erano Stati che brillavano per il conservatorismo: lo Stato
Pontificio e il Regno di Sardegna. Nonostante questi tentativi e la politica austriaca,
anche la questione di come amministrare questi territori avendo presente lo
sconvolgimento napoleonico, rimaneva una questiona aperta. Non si poteva governare
senza il sostegno del popolo.
2. i cambiamenti economici e sociali innescati dal periodo napoleonico (in particolare le
relazioni con la Chiesa). Le strutture amministrative napoleoniche continuavano a
governare anche sotto questi regimi. Lo stesso atteggiamento dei governi con la Chiesa
era un’eredità che anche i più conservatori governatori italiani non potevano
dimenticare.
3. la ridefinizione dei confini conseguente alla Restaurazione e il rapporto
centri/periferia. L’eredità napoleonica agiva nel senso che i loro confini interni avevano
12
provocato degli scompensi, dei rapporti difficili tra gruppi di potere. Nell’ Italia
agricola c’era una realtà di estesa e profonda insoddisfazione. In tutte le regioni
italiane avvengono fenomeni di insorgenza e tumulti agrari determinati in parte dalla
reggenza napoleonica che privilegiava la proprietà diretta di grandi possessori a
scapito del regime comunitario, dall’altra da leggi emanate verso gli anni ’30 (es ’39 nel
Regno Lombardo Veneto: legge che imponeva la vendita ai privati dei beni collettivi
delle comunità ). Gravi conseguenze sul popolo, che si trovava privato di pascoli e terre
comuni.
RISPOSTE
Gli Stati italiani non sono particolarmente arretrati, in realtà le politiche di questi territori
sono simili a quelle di altri Stati europei, le politiche economiche non sono così antiquate; per
gli Stati italiani si tratta di rispondere alle stesse problematiche che tutti i territori eruropei
hanno di fronte.
1. La risposta possibile dell’Italia la risposta è condensata nell’espressione MONARCHIA
AMMINISTRATIVA. Questa, nel primo 800, è basata sul principio che una burocrazia
moderna ed efficiente, un’amministrazione centralizzata e lo sviluppo economico
potevano diventare fattori essenziali della stabilità politica. In questa direzione si
muovono tutti gli Stati italiani. L’ispiratore principale di questa modernizzazione
controllata è l’Austria; si tratta di una sorta di modernizzazione dall’alto.
2. altra definizione è la cosiddetta politica “dell’ amalgama”, ispirata da Metternich, che è
tesa a combinare i principi dell’assolutismo illuminato settecentesco (quindi la figura di
un sovrano che comunque governa in assenza di un corpo rappresentativo) accanto ad
uno sforzo di modernizzazione politica e amministrativa napoleonica.
3. l’assenza di canali di comunicazione più istituzionalizzati di rappresentanza (attraverso
elezioni o parlamenti), di una vera libertà di stampa e di opinione.
LEZIONE 5:
IL CONCETTO DI NAZIONE – LE RIVOLUZIONI DEGLI ANNI ‘20
Il lemma nazione prima del XVIII sec fa riferimento ad unità geografiche e territoriali
piuttosto mal definite. Prima della Rivoluzione francese (che è una rivoluzione nazionale) la
nazione non designa una collettività che si riconosce nel il diritto di esercitare, attraverso i
suoi rappresentanti democraticamente eletti, una sovranità politica su un determinato
territorio. La spia per accrescere la differenza tra il XVIII secolo e quello precedente è di
carattere linguistico. Si inizia a utilizzare il termine di NAZIONALISMO (che fa sì che una
collettività abbia un territorio definito, una storia, delle caratteristiche di omogeneità
interne che servano a dividere questo gruppo da quelli vicini, un gruppo che sia depositario dei
valori culturali, linguistici, storici che si esercitano al loro interno). Differenza tra nazionalit