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L'Italia del dopoguerra: la ricostruzione

In Italia si deve applicare una ricostruzione materiale dopo i bombardamenti di guerra. Ma è una dialettica politica, che va ricostruita. Va ricostruito anche il fattore morale, perché gli italiani sono stati corresponsabili della guerra. Una ricostruzione istituzionale perché l'Italia aveva perso la fiducia nei confronti della monarchia, non solo perché essa aveva dato fiducia al fascismo, ma anche perché dopo la firma dell'armistizio la famiglia reale aveva pensato a mettersi in salvo senza interesse del popolo. Inoltre, l'Italia non aveva più un parlamento, e mancavano tutte le istituzioni che potessero rappresentare il paese. Dunque, questo termine della ricostruzione lo applichiamo all'immediato dopoguerra: partiamo quindi dal 1946.

C'è una sorta...

di contraddizione. Le condizioni materiali: Ci sono elementi di modernità (fabbrica) ed elementi che appartengono ad un retaggio che appartiene a un passato lontano. L'Italia comincia a ricostruirsi mettendo in piedi i processi produttivi, si lancia verso una modernità i cui ritmi sono dettati dalla modernità, ma conserva il passato dei lavori e ritmi di vita tradizionali. Da un lato abbiamo i ritmi del ciclo produttivo fordista, dall'altro quelli della vita contadina e di un'Italia rurale, in cui la cultura è millenaria. Il paesaggio italiano in questi anni è caratterizzato da macerie ovunque, palazzi abitati che a stento stanno in piedi (condizioni abitative estreme). La vita di tutti i giorni comincia a condividere lo spazio con le macerie, che sono quello che in questo periodo. Chi osservasse le città italiane dall'alto caratterizza il paesaggio urbano potrebbe vedere solo una nuvola di fumo che si alza dalle macerie.

accumulate nelle strade, sia delle città che delle periferie (tutti i luoghi sono stati colpiti dai bombardamenti). Sono condizioni estreme in cui la gente vive (in case bombardate che stanno cadendo), sia per le condizioni igieniche, sia per la promiscuità dei nuclei familiari. Ci sono 60 case su 100 in meno, quindi come si può ovviare ai nuclei familiari senza casa? Da un lato si cerca di recuperare stabili caduti in pezzi, dall'altro si ammassano più nuclei famigliari nello stesso stabile (la promiscuità dei nuclei familiari risiede in questo). Il mito del dopoguerra è la casa popolare: grandi progetti edilizi varati dalle amministrazioni comunali che si propongono di creare molti alloggi a basso costo, perché costruiti con i risparmi, per tamponare il problema della crisi edilizia. Sapere che il comune costruisce alloggi popolari determina la guerra tra i popoli per accaparrarsi questi alloggi. Le condizioni in cui gli italiani sono

Gli stati lasciati dalle guerre del Duce sono a dir poco misere: vivono nelle baracche, coi gas di scarico dell'industria, sono condizioni terribili. La strada diventa il teatro dei giochi dei bambini, soltanto che esse non sono più sicure. I bambini sono soli, perché molti hanno perso i genitori in guerra, ma anche perché cominciano a lavorare e si trovano in strada. Le strade non sono sicure: ci sono le macerie, e ancora negli anni '60 – le scuole elementari erano tappezzate con manifesti che mettevano in guardia i bambini dal giocare con oggetti trovati per strada, perché possono essere delle bombe non esplose. Sono tantissimi i bambini nel dopoguerra che muoiono perché saltano nelle mine, o ne rimangono amputati. La condizione infantile è quindi tragica da questo punto di vista. Per rimanere sul discorso edile, le case popolari scatenano la guerra tra poveri: tutti vogliono accedere alle graduatorie per ottenere le case popolari.

Tutti ne hanno diritto perché sono poveri, ma ci sono diverse categorie che le autorità centrali individuano per l'assegnazione delle case popolari.

Quali sono le categorie?

  1. I sinistrati, cioè quelli a cui erano state bombardate le case;
  2. I reduci, cioè quelli che tornavano dal fronte bellico e dalle prigionie (che tornano anche dopo anni. Gli italiani prigionieri degli inglesi in India e in Australia alcuni arrivano nel '48/'49);
  3. I popoli istriano-dalmati (confini Iugoslavia), che avevano subito persecuzioni dal governo di Tito della Iugoslavia e che avevano prodotto le due fasi del massacro delle foibe (uno durante il conflitto e uno nel dopoguerra. Erano stati infoibati e uccisi in maniera tragica, perché ritenuti colpevoli di essere italiani perché gli italiani camicia nera avevano commesso in quelle zone le peggiori violenze immaginabili, quindi i soldati di Tito si vendicavano sui cittadini inermi, uomini, donne e bambini).
Chi era scappato dal massacro delle foibe era tornato in Italia, quindi erano presenti in territorio italiano). Allora c'è una serie di alcune popolazioni istriano-dalmate lettere nei comuni, in cui determinati appartenenti a una categoria facevano valere i loro diritti su altre categorie, come ad esempio gli immigrati. Alcuni reduci o soldati rivendicavano i loro diritti sugli istriano-dalmati che erano considerati stranieri: è uno schema già visto. Le condizioni lavorative si stanno ricostruendo: le fabbriche riprendono i loro processi produttivi, ma utilizzano modalità dei secoli precedenti (senza macchinari e tecnologia). I minatori entrano nelle miniere esattamente come nei secoli precedenti, la rivoluzione tecnologica è molto limitata in questo settore, mentre sconvolge altri settori come la chimica. Tutto sommato ci sono dei lavori che riprendono nello stesso modo in cui erano proseguiti per secoli. D'altra parte, man mano che laricostruzione avanza, abbiamo l'implemento della produzione fordista e post-fordista che producono i nuovi oggetti del consumo. Però perché ripartano tutti questi lavori e riprenda la ricostruzione industriale, è necessaria la riapertura dei cantieri, la ricostruzione delle strade, ferrovie, ponti, edifici pubblici dove si prendono le decisioni per far funzionare l'investimento in denaro, ma l'Italia in quel processo produttivo. Questo non si può fare senza un momento non aveva la disponibilità economica. Qui si inserisce il piano Marshall, centrale sia nell'economia sia nella politica. Il piano Marshall è un enorme investimento, prestito a fondo perduto di dollari americani diretto ai paesi europei distrutti. Questi soldi che attraversano l'oceano potevano essere utilizzati per la ricostruzione di edifici, strutture e infrastrutture interessanti il bene pubblico. È un piano di ricostruzione materiale delle infrastrutture che

Gli Stati Uniti varano nell'immediato dopoguerra i piani per permettere ai mercati europei di ricostruirsi. Quando i singoli stati cominciano a ricostruirsi con questi soldi, avviano dei cantieri, assumono lavoratori, rimettono in circolo un'economia che porta a dare lavoro a tantissime persone. Dare un lavoro significa dare un salario, che permette alle persone di accedere al consumo, e accedere al consumo significa stimolare la produzione. Si rimette in moto l'economia che era stata depressa dalla guerra e dalle distruzioni.

La politica: gli Stati Uniti pongono soltanto una condizione agli stati che accettano gli aiuti del piano Marshall. Questa condizione non è un debito economico, ma è una condizione di natura politica: questi soldi non possono andare a quegli stati che hanno nel governo (non nel parlamento) delle forze politiche che si riconoscono nelle dottrine sovietiche, ovvero quelli che hanno nel governo i partiti comunisti, i quali non devono entrare nell'esecutivo.

Quindi la politica è assolutamente coinvolta. La politica coinvolge diversi livelli, che è la vera passione degli italiani in questo periodo. Gli italiani continuano a dividersi in schiere politiche con un senso di appartenenza molto viscerale, sono visceralmente interessati alla politica, hanno bisogno di un senso di appartenenza. Marshall McLuhan scrive nel '47 riguardo alla condizione politica italiana. Egli rappresenta bene la distanza che c'era tra gli stati uniti e l'Italia: gli Stati Uniti erano una democrazia compiuta e i cittadini interessati agli slogan commerciali non politici, mentre le città italiane erano completamente tappezzate da manifesti elettorali. Questo segna la distanza che c'è nel '47 tra un paese in cui l'economia di mercato viaggia a braccetto con il regime democratico e un paese in cui l'economia è arretrata e c'è l'uscita dalla dittatura. Però questi anni sono

Cruciali per la ricostruzione politica ed economica. Intanto c'è lo snodo fondamentale del 2 giugno '46: prime elezioni libere dopo il regime fascista, quando votano anche le donne nel nostro paese. Le donne acquisiscono diritto attivo e passivo al voto. Per cosa votano gli italiani? Prima c'erano state le amministrative, ma è il 2 giugno del '46 che gli italiani votano per un compito storico. Avevano due schede elettorali: una relativa al referendum, dovevano scegliere tra monarchia e repubblica. Dopo 20 anni in cui agli italiani (dovevano avere un'obbedienza cieca), veniva chiesto solo di credere e combattere viene affidato alle mani degli elettori il futuro del paese, e viene chiesto anche alle donne, che nel fascismo erano solo angeli del focolare. È un passaggio epocale, storico, in cui sarebbe lecito aspettarsi un trionfo della repubblica. In realtà non fu così: la repubblica vinse per uno scarto molto ridotto, soprattutto.

Nel sud Italia. Il sentimento monarchico e la paura di cambiare spinse molti a rimanere fedeli a una tradizione che aveva garantito 20 anni di fascismo. Gli appelli al voto non mancano, molti di questi sono rivolti alle donne, però il fatto che la propaganda elettorale sia rivolta anche alle donne è importante e determina un cambiamento anche nel linguaggio politico. L'appello al voto era corredato da avvertimenti come quello di non mettersi il rossetto, perché la busta elettorale doveva essere chiusa con la bocca, e un segno non consono avrebbe annullato il voto. Ancora la politica italiana non era abituata alla presenza femminile, quindi c'erano anche articoli in cui si parlava di come erano vestite le donne nei seggi. Gli italiani che vanno al voto hanno due schede: una scheda del referendum e una in cui si chiede di eleggere i propri rappresentanti all'assemblea costituente. Dovevano eleggere un parlamento che per l'occasione era assemblea costituente.

er stabilire le nuove leggi. Durante l’assemblea, i rappresentanti dei vari partiti politici discussero e negoziarono i diversi articoli della costituzione. Alla fine, vennero organizzate delle votazioni per approvare o respingere ciascun articolo proposto. Dopo un lungo processo di discussione e votazione, la nuova costituzione fu infine approvata e adottata come legge fondamentale dello Stato italiano.
Dettagli
Publisher
A.A. 2020-2021
59 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/04 Storia contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher martinamati01 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi "Carlo Bo" di Urbino o del prof Martellini Moreno.