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IL PIANO DI FUGA
Il piano attuato dalla coppia reale nel giugno 1791 non era più il trasferimento del re a
distanza da Parigi, ma il passaggio oltre la frontiera dove potesse ricevere il sostegno
di truppe straniere. Una volta prese le distanze dalla capitale avrebbe trovato il
sostegno popolare. Da questa nuova posizione il monarca poteva rinegoziare la
costituzione e porre fine alla rivoluzione. Fu dato incarico al marchese di Bouillè di
preparare l’accoglienza del re alla frontiera. La fuga da Parigi e il viaggio sarebbero
stati progettati dalla regina con Fersen. Durante l’inverno e la primavera del 1791
Fersen e Maria Antonietta si incontrarono segretamente nel palazzo per organizzare
l’uscita da Tuileries. Fersen divenne anche primo ministro della casa reale. Il bilancio
del re era limitato e sarebbe stato necessario molto denaro per pagare le truppe
mercenarie e rimanere nello stile di vita della famiglia reale finchè le cose non si
fossero normalizzate. I monarchi confinanti erano restii ad impegnarsi nei confronti
della famiglia francese a meno che non lo facessero anche le altre potenze. La regina 7
fu particolarmente delusa dalla cautela dal fratello Leopoldo, imperatore dopo la morte
di Giuseppe nel 1790. I primi di giugno 1791 Leopoldo promise direttamente pieno
sostegno finanziario e militare, ma precisando che l’assistenza sarebbe stata garantita
solo quando il re fosse fuggito e avesse assunto una posizione da cui agire
indipendentemente. Per le modalità di fuga Bouillè e Farsen suggerirono un viaggio su
veicoli piccoli e anonimi. Il re e la regina rifiutarono di viaggiare separati o senza i figli
e vollero portare con se anche la sorella del re Elisabetta, le due governanti dei figli e il
marchese d’Agoult, confidente della famiglia, per fare da guida. Fersen si guadagnò la
collaborazione della baronessa Russa Korff, la quale avrebbe denunciato lo
smarrimento del suo passaporto per fargliene avere un altro da usare come
documento falso per la famiglia reale. La baronessa fornì anche una carrozza “berlina”
per il viaggio. Fu impiegato anche un cabriolet a due ruote per trasportare le due
governanti. Per facilitare la fuga fu escogitato l’impiego di corridoi secondari e stanze
vuote del palazzo di cui la più importante era una camera con l’uscita su un cortile
esterno. Numerose stanze reali furono risistemate per agevolare l’accesso ai passaggi
sul restro e per isolare le stanze dove stava la servitù e dalle guardie che dormivano
all’esterno. Nel frattempo la regina e alcuni fedeli raccolsero abiti adeguati alla
famiglia di Korff, mentre il re volle portare con se solo il vestito rosso e oro da
indossare quando avrebbe assunto il comando militare. Maria Antonietta riuscì a
mettere via l’intero guardaroba e numerosi gioielli, pezzi di mobilio e una valigetta
piena di cosmetici. Sfortunatamente la regina destò sospetti su una serva, donna
patriota e amante di una guardia nazionale: la partenza venne rimandata perciò di un
giorno. I due in quel periodo fecero di tutto per illudere i patrioti che la corona
appoggiasse l’assemblea nazionale: per questo motivo il re aveva ripetuto la sua
accettazione della costituzione e darà da intendere di riconoscere e sposare la
rivoluzione e i dirigenti rivoluzionari. Durante lo stesso periodo il generale Bouillè
svolgeva la stessa campagna per ingannare i patrioti locali: parecchi capi rivoluzionari
lo vedevano come un buon alleato, ma quando il vescovo di Pamiers gli consegnò una
lettera del re dove chiedeva appoggio, egli decise di dedicare i suoi servizi al monarca.
Dopo una visita di Fersen a Metz, Bouillè stese un elaborato piano per il viaggio del re
fino la frontiera. Bouillè raccomando la fortezza di Montmedy con solide fortificazioni in
direzione di Parigi: il re avrebbe alloggiato nel castello di Thonelle, a tre km dalla
frontiera austriaca. Per quanto riguarda l’itinerario di fuga fu scelta una strada
meridionale che passava da Montmirail, Chalons-sur-Marne, sainte-Menehould e
Clermont, evitando Verdun perché era considerata troppo estremista. Una volta
selezionato l’itinerario, Bouillè arruolò Goguelat (monarchico, già segretario della
regina) per una ricognizione sui 240 km del percorso. Poiché la comitiva voleva
viaggiare velocemente Goguelat prese nota delle stazioni di cambio lungo il percorso.
Dopo Clermont, per evitare Verdun e quindi intraprendere una strada secondaria,
bisognava contare su cavalli freschi procurato dall’esercito oltre Varennes. Goguelat
interrogò i cittadini per stabilire la sicurezza della cittadina. Lo stesso Bouillè avrebbe
atteso a Dun con cavalli freschi per il cambio finale e una grossa scorta. La scorta
militare al re rappresentò un problema fin dall’inizio: una scorta che aspettasse nelle
prossimità avrebbe attirato l’attenzione della carrozza reale. D’accordo con il re e la
regina, fu deciso di far giungere un numero relativamente ridotto di cavalleggeri
qualche ora prima dell’arrivo della famiglia: se necessario essi avrebbero dovuto
spiegare alla popolazione del posto di essere la scorta di un carico di denaro per la
paga dei soldati. Dopo alcune discussioni la scorta fu messa presso la stazione di 8
cambio di Somme-Vesle: il comandante di questo gruppo aveva inviato un corriere per
avvisare i distaccamenti in attesa lungo il percorso dell’arrivo del re. Egli doveva
predisporre una retroguardia dopo il passaggio del convoglio reale, allo scopo di
bloccare eventuali messaggeri da Parigi che tentassero di dare l’allarme. Per l’incarico
di comandande in questa posizione, Bouillè suggerì il duca de Choiseul, il quale aveva
la fama di giovane pasticcione. Nel corso dell’inverno e della primavera del 1791 i club
patriottici locali avevano creato dubbi sulla fedeltà e le motivazioni dei loro
comandanti, membri di una nobiltà sempre più screditata. In queste condizioni Bouillè
doveva basare i suoi piani sull’impiego di forze straniere: egli chiese i fondi alle
Tuileries per pagare le truppe svizzere e tedesche. Fersen e la regina riuscirono a
racimolare quasi un milione di franchi che inviarono a Metz. Fu necessario però
rivedere i piani in primavera, quando il nuovo ministro di Guerra filo rivoluzionario
trasferì parte delle migliori truppe straniere del generale in un’altra provincia. Tuttavia
Bouillè era preoccupato anche per l’affidabilità del re e l’inclusione del marchese
d’Agoult nella comitiva di fuga: all’ultimo minuto quest’ultimo venne sostituito dalla
governante Madame de Toutzel. Bouillè aveva il sospetto che il monarca all’ultimo si
tirasse indietro: i suoi sospetti crebbero quando la partenza fu rinviata dagli ultimi di
maggio al 19 giugno, decidendo all’ultimo minuto per il 20. Quest’ultimo cambiamento
comportò il fraintendimento e inconvenienti come l’alloggio prolungato di un giorno
dei cavalleggeri nelle cittadine lungo la strada, causando nervosismo e sospetto tra gli
abitanti. A parte tutto questo, venne prestata poca attenzione a ciò che avrebbe fatto
il re una volta raggiunta Montmedy. A giudicare dalla dichiarazione che lasciò sulla sua
scrivania, Luigi avrebbe mantenuto l’Assemblea nazionale, ma voleva che i nobiliti vi
svolgessero il ruolo dominante, riconquistando i loro antichi privilegi. Inoltre voleva
smantellare la rivoluzione riappropriandosi dei suoi poteri, abrogando la costituzione
del clero, restituendo alla chiesa le proprietà confiscate e ripudiando le leggi
promulgate dall’ottobre 1789. Nella testa di Luigi questa controrivoluzione poteva
essere pacificamente negoziata tra il re a Montmedy e i suoi sudditi. Quando la
situazione si fosse calmata, egli sarebbe rientrato dalla sua fortezza di frontiera,
scegliendo una residenza a distanza di sicurezza da Parigi.
LA POSTA IN GIOCO
Sicuramente molta della popolazione non sarebbe stata d’accordo con le idee di Luigi.
Sia la regina che il generale Bouillè persuadevano il re affinchè si riparasse in territorio
austriaco e, nonostante l’intenzione del re a rimanere in Francia, quasi sicuramente
egli si sarebbe rifugiato in territorio straniero. Sebbene Luigi fosse convinto di agire
per il bene del popolo, tutto ciò avrebbe sicuramente innescato una guerra civile se
non internazionale. Il re e la regina sottovalutavano il sostegno del popolo alla
rivoluzione: ogni villaggio poteva essere una barriera per il loro passaggio. Dunque se
Luigi avesse tentato di scappare il successo poteva portare ad una guerra e il
fallimento alla catastrofe e forse alla fine della monarchia.
CAPITOLO 3
IL RE PRENDE LA FUGA 9
La principale difficoltà per fuggire era sgusciare via senza essere visti da un palazzo
con duemila persone il cui impegno ruotava esclusivamente nel mantenere la
presenza di re e regina nella struttura. Il compito era ancora più impegnativo pervia
delle voci che circolavano su una presunta fuga del re e , a seguito della denuncia da
parte di una cameriera,era stata rafforza la guardia dentro e attorno alle Tuileries. Per
mantenere le apparenze la regina di attenne al suo programma quotidiano. Sua figlia
Maria Teresa Carlotta però percepiva nei genitori una tensione insolita: fu stupita
quando la sua servitù tranne la governante Madame Brunier, venne congedata con la
scusa che la principessa era malata. In realtà i genitori erano impegnati in una miriade
di accorgimenti dell’ultimo minuto: in modo particolare bisognava scegliere tre uomini
che facessero da scorta lungo il viaggio e per questo incarico il marchese d’Agoult, ex
comandante del reggimento della guardia reale, aveva reclutato Francois-Florent de
Valory, Francois-Melchoir de Moustier e Jean-Francois Malden.
I tre avevano visto il loro reggimento umiliato dalla folla parigina durante le giornate di
Ottobre e da allora frequentavano la cerchia dei nobili reazionari di Parigi che aveva
preso parte alla difesa del re il 28 Febbraio: avevano giurato tutti fedeltà al re,
giuramento che mantennero anche durante gli interrogatori da parte dei rivoluzionari.
Luigi convocò Moustier il 17 Giugno e chiese l’uniforme da postiglione per tutti e tre i
soldati: giacca corta, calzoni scamosciati e cappelli tondi a tesa larga. Prima di cena il
re e la regina accolsero i tre uomini nei loro appartamenti e diedero loro le istruzioni
elaborate da Fersen e Bouillè. Durante la giornata del 20 Giugno Fersen fece visita al
suo banchiere e all’ambasciatore di Svezia; poi passò alle Tuileries per controllare
quanto era grande il bagaglio destinato alla berlina, controllò la disponibilità di cavalli,
finimenti e fruste. Verso le 8 il cabriolet che doveva caricare le due governanti fu<