Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
3.DAL NEOREALISMO ALLA DOLCE VITA
In questo momento produrre film in Italia è come costruire una casa cominciando dal
tetto, non si hanno più i mezzi di una volta, la cinematografia italiana corrisponde a
quello che è l’animo del paese, Cinecittà è diventata un campo profughi, la maggior
parte degli impianti sono stati portati al Nord, ad ogni momento manca la corrente, è
difficile trovare il materiale fotografico, scenico, abiti, cosmetici, eppure si
continuano a produrre film. Con Roma città aperta di Rossellini si reinventano i modi
produttivi e si dà il via al neorealismo. Nel 1944 nasce l’Anica (Associazione
nazionale industrie cinematografiche ed affini) - Che cerca di inserire nel cinema
italiano tratti europei, coproduzioni e di contrastare Hollywood - dalle ceneri della
Fnfis (Federazione nazionale fascista industriali dello spettacolo) ed in questo periodo
i produttori cercano di stabilire un rapporto con le forze politiche e diplomatiche,
soprattutto per rientrale nei piani di ricostruzione e contrastare la cinematografia
americana (“Il cinema italiano è stato inventato dai fascisti e quindi deve essere
soppresso”). Il neorealismo è così un cinema che non nasconde nulla, che si
riappropria del potere dello sguardo, del vedere e del testimoniare, per ridare dignità
morale e visibilità all’Italia povera, ma vitale, Cinecittà è inagibile e quindi i registi
scendono in strada, l’autore scompare per divenire voce di tutto un popolo:
Rossellini e De Sica prima, Fellini e Antonioni poi, fanno del cinema quel luogo di
modelli e valori culturali ed ideali che hanno aiutato l’Italia a mantenere un’identità
forte e ad ottenere un riconoscimento all’estero, il cinema italiano mantiene uno
spirito unitario, di tolleranza, che non ammette l’epurazione dei registi fascisti. Tra
l’accettazione delle leggi del libero mercato e la richiesta di interventi legislativo-
protezionistici - Le forze governative intervengono in uno sforzo congiunto con i
produttori e gli esercenti, a patto che si eliminino i temi scomodi - (A cui si somma
l’intervento decisivo della Chiesa in favore del cinema americano) il cinema italiano
si muove verso la liquidazione del Luce (Che riprenderà la sua attività con la fine
degli anni quaranta), un decreto presidenziale del 1958 che istituisce l’Ente autonomo
gestione cinema che assorbe Cinecittà ed il Luce e soprattutto i primi successi dei film
neorealisti che smuovono la situazione: il prodotto nazionale saprà riorganizzarsi e
rafforzarsi, anche grazie alle coproduzioni, individuare le caratteristiche della
domanda ed offrirsi come modello culturale competitivo, anche per lo star system (Il
divismo si riapre con le maggiorate a partire da Riso amaro di Risi e Silvana
Mangano). I film neorealisti non ottengono subito grande successo (Basti pensare alla
catastrofe di La terra trema di Visconti): al vertice degli incassi i film musicali,
drammatici, avventurosi e comici.
Il genere comico, partito in sordina come sostituto del varietà e dell’avanspettacolo,
va assumendo un ruolo sempre più nevralgico: riso e sorriso, mezzi facili e sicuri,
doppi sensi, parodia di situazioni note, toccano il vissuto collettivo, ma non piacciono
ala critica; Totò, Eduardo e Peppino De Filippo, Aldo Fabrizi, hanno successo perché
non sembrano necessitare di una maschera, ma impersonano il ritratto di un italiano
riconoscibile e condivisibile. Ma è il filone dei forzuti (Ercole, Maciste, Ursus) a
volgere la bilancia degli incassi a favore del cinema italiano rispetto a quello
americano. Gli americani vanno a Cinecittà per girare Quo Vadis? E Cinecittà
riprende vita.
Roma città aperta di Rossellini è accolto con giudizi contrastanti: è un’opera mondo,
che in modo drammatico e contradditorio unisce e divide, fa da spartiacque, elemento
di rottura, ma trait-d’union, raccoglie riserve morali, tecnicho-stilistiche, estetiche, ma
il riconoscimento di un eccezionale valore artistico; rimane difficile non ricordarsi del
Rossellini della propaganda fasciata e di guerra per consacrarlo come il messia del
cinema italiano. Rossellini riporta la macchina da presa ad altezza d’uomo, ridona
visibilità ad ogni aspetto del reale, reinventa le forme più elementari di
comunicazione, restituisce al cinema il ruolo di strumento di conoscenza umana e
presa di coscienza collettiva, si serve di uno stile dimesso (Sermo humilis), manca
l’intento di imporre saperi e imperativi ideologici, non c’è immedesimazione
dell’autore (Che non è mai deus ex machina) con i personaggi, né una costruzione
preliminare. Il pubblico internazionale così come la critica, francese e americana
soprattutto, accoglie il film in modo trionfale e lo stesso sarà per Paisà, Sciuscià e per
i film di De Sica, Blasetti, Lattuada,.., riconoscendovi il riscatto del popolo italiano
e dando il via ad un’ammirazione generale per la nuova scuola italiana (Modello
per la cinematografai dell’Est, Sudamericana e del Terzo Mondo in genere).
Rossellini si trova idealmente a capo di un gruppo di uomini di cinema, senza mezzi,
programmi, coesione ideologica, ma che consiste in un riappropriarsi dello sguardo
sul reale, ritrovare ethos e pathos, portare alla ribalta un’umanità invisibile nei suoi
gesti e nelle sue parole; il cinema può raccontare tutte le storie, celebrare la grandezza
della quotidianità, i sentimenti ed i gesti comuni, imitare tutti i linguaggi, perlustrare
tutte le realtà, fino al sogno ed all’immaginazione (L’oltre di Serafino Gubbio).
Sulla stessa via si muovono Zavattini e De Sica, nella spontaneità e
nell’immediatezza, ma inserendo nuove regole per la recitazione, il lavoro in studio,
la preparazione delle scene e la costruzione dell’immagine (Maestro della costruzione
visiva, dell’organizzazione e disposizione delle figure nello spazio, della cura estrema
di tutti gli elementi - Nulla è lasciato al caso - è Visconti e poi anche De Santis,
Lattuada, Germi,..).
Gli anni 40 e 50 sono il periodo d’oro del documentario: il documentario è
l’apprendistato del neorealismo, insegna a guardare ed impadronirsi delle realtà più
disparate, di tutti i linguaggi, dei gesti e delle situazioni più varie. Il documentario
entra in crisi negli anni 60, con lo sviluppo e la diffusione della televisione e quindi
della pubblicità televisiva.
L’animazione è il territorio in Italia più sconosciuto e ghettizzato, in quanto destinato
al pubblico infantile, sempre malvisto dalla critica e legato più spesso alla televisione:
l’animazione in Italia nasce con La rosa di Bagdad di Domeneghini e I fratelli
Dinamite di Nino e Toni Pagot, entrambi a colori, ma raggiunge l’apice del successo
con il Carosello in Televisione e con il Carosello scompare. La gabbianella e il gatto
di Enzo D’Alò.
Da Rossellini in poi interessa la gente comune, i luoghi della lotta sono le case
popolari, le chiese, le strade, i registi scoprono forme inedite di comunicazione, come
i silenzi, i vuoti, il paesaggio, lo sguardo, gli oggetti, i gesti, non si nascondono i tabù
e quanto possa esserci di intollerabile.
Paisà di Rossellini si compone di sei episodi che tendono a definir un quadro
d’insieme, un itinerario geografico che diventa risalita morale e testimonianza di
un riscatto collettivo; la pluralità di episodi è pluralità di sguardi e di giudizi.
Germania anno zero invece è un film di chiusura di tutte le speranze, di macerie su
macerie, di crisi ideologica e personale dell’autore.
Rossellini gira poi due episodi (La voce umana e Il miracolo) di L’amore, in cui
traspare la ricerca di un senso del vivere, Francesco giullare di Dio, una delle
massime catastrofi produttive del dopoguerra insieme a La terra trema di Visconti,
Stromboli, Europa ’51, Viaggio in Italia, film che risentono della figura di Bergman,
di solitudine individuale, vuoto esistenziale e silenzio di Dio, La paura, in cui il
regista rinuncia a far sentire la sua presenza, Il generale della Rovere, premiato a
Venezia da pubblico e critica, in cui tratta la lotta di Liberazione e la guerra civile.
De Sica- Zavattini realizzano Sciuscià, film in cui traspare una componente
simbolica, girato in parte in studio ricorrendo alla ricostruzione degli interni, con
una macchina da presa che riesce a registrare la vita profonda, autentica, i desideri, i
sogni, l’immaginazione del futuro dei due protagonisti; ottiene successo
internazionale: De Sica pone la macchina da presa all’altezza dei suoi personaggi,
riesce a caricare di una forte intensità emotiva ogni immagine, a far sentire il proprio
coinvolgimento di uomo e cittadino. Ladri di biciclette è il film di De Sica che ottiene
maggior successo a livello mondiale (Oscar): il racconto procede per microeventi,
carichi di pathos, con attori presi dalla strada, per raccontare le storia di un operaio
a cui è stata rubata la bicicletta. De Sica gira poi Miracolo a Milano che, nel territorio
della favola, dell’utopia e dell’immaginazione, di una via d’uscita dalla realtà,
mostra l’impossibilità per i poveri di veder realizzato il sogno di una distribuzione
equa delle ricchezze, con un finale che si muove tra la sconfitta storica ed un atto di
speranza, Umberto D. in cui si torna ad esplorare il reale ed il quotidiano nella storia
di un pensionato (Reazioni violente ed indignate da parte governativa e dello
spettatore comune), tra solitudine e rivendicazione del diritto di vivere con dignità,
poi La Ciociara (Oscar), con Sophia Loren, tratto da un romanzo di Moravia, La
riffa, episodio di Boccaccio ’70 ancora con la Loren, Matrimonio all’italiana, Il
giudizio universale in cui la coppia si muove in una nuova dimensione di favola
morale, denuncia, umor nero e indignazione.
Visconti, ultimo ad entrare in gioco, si muove per conto suo - Controcorrente - , è
l’autore più rispettato per ragioni stilistiche e culturali e ha lavorato prima in teatro.
Nei suoi film nulla è lasciato al caso, nulla è spontaneo, si smonta con crudeltà e forte
senso moralistico, la macchina dei sogni cinematografica (Il cinema per l’italiano
povero era la fabbrica dei sogni, il luogo ideale di passaggio verso possibili
mutamenti di status sociale); gira La terra trema, ouverture di una trilogia ispirata al
mondo del Sud, ma completamente fallimentare, Bellissima in cui si valorizza il
rapporto tra i personaggi e l’ambiente, Senso che chiude il neorealismo, il
Gattopardo (Potenza spettacolare di stile e capacità narrativa, profumo di un’epoc