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MARINO MARINI
-Rientrato nel 1946 dal forzato ritiro nel Canton Ticino per gli eventi bellici, riprende la
sua cattedra di scultura all’Accademia di Brera.
-Riprende in questo periodo i soggetti e lo stile dell’anteguerra, esasperandone gli
effetti espressivi.
-Le Pomone, arcaiche dee della fecondità, le Danzatrici, le Bagnanti; in questi anni
torna spesso sulle sue opere precedenti per riprenderle in modo irruente ed energico,
graffiando, cesellando, dipingendo le superfici.
-Nel 1953-54 si conclude la stagione delle poderose figure femminili per lasciare
spazio a scheletrici bronzetti di Giocolieri e Acrobati, la cui allucinata espressività è
accentuata dal tormento inflitto alla materia, infranta e scheggiata.
-Insiste inoltre in questi anni sul suo tema preferito il Cavaliere, figura anacronistica e
tragica, simbolo dell’uomo moderno e, dal punto di vista plastico, sintesi di
concretezza ed interpretazione lirica.
-Dal 1949, con l’Angelo della città, si apre il tragico crollo dell’umanità.
Il Cavaliere diventa Miracolo, l’uomo di virtù, un tempo in sella all’animale, ora si
rassegna a crollare con esso, e il suo corpo si fonde a quello equino (il primo
esemplare è del 1952).
Anche il Cavallo del 1949-51 subisce lo stesso tragico destino del cavaliere: prima,
trionfante e in equilibrio, ora urla, si piega sulle zampe, crolla.
-Anche il ritratto conosce varie definizioni formali: generalmente limitato alla sola
testa, va da volumi puri e levigati a volumi violentemente corrosi e graffiati.
Nonostante l’acuta caratterizzazione fisionomica, Marino riesce sempre a trascenderne
l’individualità, esprimendo la “poesia” che è racchiusa in ogni volto umano attraverso
non la materia scelta (bronzo, pietra, cera) ma la forma.
-Opere più tarde sono Guerriero, Grido, Composizioni di elementi. Esse subiscono un
irreversibile processo di semplificazione funzionale ad una più aspra potenza
espressiva: è perciò fuori luogo parlare di astrazioni, se non nelle Composizioni in
bronzo dei primi anni Sessanta (che sono comunque studi).
D’altra parte è anche impropria la definizione di “realista”: realista è Marino nella sua
ispirazione, sempre radicata nella realtà.
LEONCILLO
-Scultore umbro, le sue opere nel 1945 conoscono una svolta: le dita dell’artista non
colpiscono più la creta per far vibrare impressionisticamente la luce intorno all’opera,
ma la schiacciano e la ripartiscono in campiture geometriche che presto scivolano nel
postcubismo.
-Negli anni Quaranta, in seguito alla sua iscrizione al Partito comunista, si dedica ad
opere espressionistiche come Madre Romana uccisa dai tedeschi, ma poi la sua
scultura si avvia verso nuove soluzioni, interessata più a motivi compositivi di
combinazione tra forma, colore e materia,
-Nel 1946 è tra i firmatari di Nuova Secessione Artistica Italiana (poi Fronte Nuovo).
-Nel 1948 con Sedia con cappotto e cappello, terracotta policroma smaltata di medie
dimensioni, inizia il periodo propriamente postcubista.
-Temi degli anni 1950-1956 sono tutti di ispirazione sociale (Centralinista, Dattilografa,
Minatori): se agli esordi soggetti classici erano eseguiti mediante un rigonfiamento
della materia, e dunque si sfruttava il carattere lievitante della ceramica, ora soggetti
quotidiani erano realizzati sfruttando l’elemento cromatico del materiale.
-Dal 1956 già in opere come Partigiana veneta si percepisce il tentativo di staccarsi dal
postcubismo e dal dato antropomorfo: Leoncillo recupera dinamismi spaziali di sapore
futurista, tanto che la sua Partigiana è paragonata da Calvesi all’Uomo che cammina
nello spazio di Boccioni.
-Dal 1957 ha una crisi ideologica, abbandona il Partito e realizza opere come Taglio,
Cespuglio, Appunto, di chiaro linguaggio informale, che non rappresentano più un dato
razionale ma un’evocazione, un dato esistenziale. E’ una scultura impastata, che crea
grumi, che non emula ma è.
Questa nuova veemenza collega le sue ultime opere a quelle dei primi anni (Arpie,
Sirene), di un ‘espressività pulsante.
ETTORE COLLA (Tedeschi)
-Attività scultorea non molto nota nel periodo tra le due guerre, quando, nel 1926,
l’artista si trasferisce a Roma, dopo aver studiato all’Accademia di Parma, e aver
viaggiato in Europa.
Qui collabora con Angelo Zanelli, e alle sue dipendenze avvia una produzione legata a
modi tradizionali e neorinascimentali.
-Ala fine degli anni Trenta piega invece verso una più autonoma ricerca formale, con
accenni al surrealismo.
-Durante la Guerra interrompe il suo lavoro scultore per occuparsi della Galleria dello
Zodiaco e poi di quella del Secolo a Roma; ciò gli dà la possibilità di allargare le sue
conoscenze in ambito artistico, e da qui avvia il rinnovamento dei suoi modi espressivi.
-Avvicinandosi a tendenze astratto-costruttive, si lega a Burri, Ballocco e Villa, e con
loro nel 1950 dà vita al Gruppo Origine.
-Ha parte attiva nella rivista “Arti Visive”, su cui pubblica un articolo in omaggio a
Balla.
Una componente astratta e geometrica è visibile in sculture che Colla realizza in
questo periodo, come Equilibrio dinamico, Rilievo n.1.
-Pur avendo individuato nel ferro il materiale espressivo predominante in tutta la sua
scultura in questo periodo, Colla specifica il suo linguaggio con il definitivo passaggio
ad elementi di recupero.
Esempi più significativi sono tra il 1954-55 Continuità, il Re, poi le tre opere che
presenta alla Quadriennale, Scultura n.3, La Terra, Pigmalione. A Roma presenta
invece Orfeo.
-Il metodo costruttivo raggiunto da Colla è debitore della poetica dadaista dell’object
trouvè, e anche della tradizione futurista e metafisica. La sua operazione non si può
ridurre chiaramente al clima dell’informale (in quanto mantengono un carattere
iconico ed evocativo) o a quello rigidamente geometrico dell’astrattismo.
In questo senso l’opera di Colla è stata da taluni considerata un’anticipazione della
poetica dadaista.
-Negli ultimi anni Cinquanta, accanto alle opere più fantasiose ottenute con tubi,
utensili, bulloni e lamiere, Colla riprende motivi costruttivi più semplici, pareti mosse
da pochi elementi aggettanti o incastonati, sull’idea di rilievo.
La dimensione nettamente più costruttiva è evidente in opere come Ratto di Europa
del 1960, Saturno del 1962, Mercurio del 1963, fino alla monumentale Grande Spirale,
lata quasi 12 metri.
UMBERTO MILANI
-Negli anni Quaranta la sua produzione scultorea e pittorica è dominata dal nudo
femminile.
Dai nudi degli anni Quaranta, immagini realistico-espressive (affini alla produzione di
Cherchi, Broggini e Paganin), egli passa nel 1944-45 ad altre sempre più
essenzializzate e squadrate. La figura femminile non è più modellata ma costruita
mediante blocchi massicci, dai profili taglienti o arrotondati.
-Tale ricerca sfocia in un breve momento costruttivista che interessa gli anni 1949-50,
unendo ad esso la simultaneità e il dinamismo tipico della poetica boccioniana.
-Dal 1950 al 1952 sviluppa una ricerca sulle “forme arcane” in cui esaspera la purezza
e il senso tridimensionale della plastica; esse hanno volumi densi, continui e curvilinei,
che scaturiscono forse dal biomorfismo di Arp e dalla lezione di Brancusi.
-Egli arriva presto a coniugare il mezzo pittorico con quello scultoreo, come in
Evoluzione del suono del 1952. In questo periodo la coniugazione dei due mezzi si
verifica sulle pareti, dando vita ad opere come Vibrazioni, Lesene, Modi e Plastiche
parietali.
-Verso la fine degli anni Cinquanta Milani torna progressivamente al tutto tondo: nel
1960 vincerà il premio per la scultura alla Biennale di Venezia, con Presenze. In
quest’opera, forme rugose e lacerate esprimono nello spazio la consapevole solitudine
dell’uomo.
-Già nel 1961 le sue opere risentiranno dell’onda informale che segnerà i suoi ultimi
lavori.
Oltre l’informale
-Superamento dell’informale guidato da tendenze che, sul finire degli anni Cinquanta,
avevano garantito la sopravvivenza di alcune esperienze d’avanguardia d’inizio secolo.
1)Ripresa di Dada, Surrealismo e Futurismo
2)Atteggiamenti anti-individualistici tipici di un certo costruttivismo
Le due componenti si fonderanno in più occasioni.
-Il superamento dell’Informale, d’altra parte, non si configura necessariamente come
un rifiuto, ma anzi come un’evoluzione operata dall’interno, che non prescinde dalla
destrutturazione compositiva e percettiva operata dall’Informale stesso. (Colla,
Capogrossi o Fontana porteranno all’estremo sviluppo i riferimenti strutturali e
materico-oggettuali insiti nel proprio lavoro).
Dal nucleare ad Azimuth
-Azimuth: rivista espressione dell’omonimo gruppo che nasce nel 1958 da Manzoni
(quadri a olio e catrame intorno al 1956, Achromes, Linee di diverse metratura chiuse
in astucci, Merda d’artista e Fiato d’artista), Agnetti, Castellani e Bonalumi.
Un breve testo di Gillo Dorfles introduce il primo numero, nel 1959. Egli individua nei
termini “funzione comunicativa” e “rapidità di consumo” le parole chiave per
comprendere la nuova arte.
Agnetti pubblica un intervento affermando che l’operazione artistica coincide per lui
con la dichiarazione, e con un atteggiamento di drastico concettualismo rinuncia al
fare.
Decisamente più lineare e selettiva appare il secondo numero della rivista: gli oltre
quaranta autori che comparivano nel primo numero si riducono a nove, quasi tutti
presentati nella mostra del 1960 La nuova concezione artistica, e tutti accumunati da
una drastica semplificazione dell’opera: l’assoluto monocromatico o acromatico di
Klein e Manzoni, la modulazione della superficie della tela di Castellani, la ricerca sulla
luce e movimento di Mack e Piene.
-All’interno del gruppo, nell’opera di Manzoni e nella sua concezione dell’opera come
totale libertà, come mezzo non per “esprimere” ma per “essere”, già si percepisce il
tentativo pre-concettuale di ridurre l’opera alla sua fase ideativa o alla sua semplice
dichiarazione, tendenze che condurranno a quella che viene chiamata “arte di
comportamento” degli anni Sessanta, le cui premesse saranno appunto Manzoni e
Klein.
-Le operazioni compiute da Castellani si collocano invece più sulla linea dello
Spazialismo, sebbene la sua tridimensionalità resti sempre vincolata alla superficie, e
la sua articolazione spaziale è infatti data dal montaggio o dall’intersezione di pi