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Looshouse sulla Michaerplatz, completamente vuoto, eccetto un ornamento, delle
colonne tuscanice in marmo cipollino. Gli architetti seguiranno il suo esempio ma a suo
tempo la sua fu una posizione isolata, anche Hoffmann decorava talvolta con temi del
mondo classico, talvolta del mondo organico. Infatti il suo Palazzo Stoclet, è una sorta
di palinsesto della decorazione architettonica dello stile Dèco, solidi geometrici
elementari, colori chiari, materiali pregiati. A quell’epoca i regimi totalitari on avevano
ancora infierito sull’arte, con l’avvento dei regimi totalitari le cose cambiarono, l’arte
era volta all’esaltazione del potere. Sulla strada della ricerca del moderno si inseriva
quindi l’imposizione di un linguaggio di regime, l’arte è un qualcosa che non è da
produrre secondo principi propri ma è una realtà amministrata dallo stato. C’è una
stretta convergenza tra simbolismo formale e necessità di propaganda, con un arte
che fosse accessibile a tutti, alle masse, per incitarli. Da queste premesse discendono
alcune contraddizioni, come la convivenza apparentemente impossibile tra artista e
propaganda, apparentemente perché la maggior parte degli artisti partecipava con
entusiasmo a quello spirito celebrativo, come il monumento per Aurelio Padovani in
piazza Santa Maria degli Angeli di cui parla Roehrssen, risultato di una competizione
vinta da Carlo De Veroli e Canino. Con la caduta del fascismo la statua fu demolita. Il
centro dello sforzo complessivo degli intellettuali era l’elaborazione di un linguaggio
moderno, logico, comprensibile alle masse, ma in questi tempi il termine modernismo
coincide anche con la macchina, con le fabbriche. La politica di regime si basava
sull’adottare il lessico dell’epos romano, composto, virile, ottimista, un’impresa che in
ambito napoletano riscosse un grande successo, proprio qui c’è un rapporto saldo tra
modernità e tradizione. Sotto il fascismo si celebreranno soprattutto valori positivi,
conquiste e vittorie, aquile imperiali, atleti.. e Mussolini. La lettura delle opere nuove
doveva risvegliare gli animi del popolo, la strategia di Mussolini prendeva vita in tutte
le arti, grafica, scultura, pittura, l’arte in generale doveva esprimere con chiarezza il
significato dell’opera, senza simboli nascosti, è una funzione didattica ed etica.
Venivano trattati temi quali il lavoro o la famiglia, colmi di immagini come fasci, aquile
romane, in un linguaggio anti-marxista. C’è poi da considerare l’interesse per l’oggetto
moderno, che indica il grado di progresso ottenuto. In alcuni casi comunque il regime
forzava l’artista, se questo stentava ad identificarsi con il modo di pensare in grande
del regime, e così per esempio venivano creare “false opere”, l’amore per gli uccelli di
Tomai, si prestava a interpretare il tema dell’Aquila imperiale. La libertà degli artisti
viene un po’ repressa, e in tal modo c’è una mancata evoluzione delle correnti del
periodo, perché le strategie propagandistiche tendono ad appiattire gli strumenti di
ricerca. Nel panorama delle tecniche rilanciate vale qui considerare la ripresa della
ceramica a disegno e a rilievo dell’industria Ceramica Salernitana, capeggiata da un
imprenditore tedesco Melamerson, che seleziona no staff di artisti-pittori e ceramisti
per rinnovare l’arte ceramica aderente alle nuove esigenze. Vengono qui ripresi
modelli tradizionali, motivi naturalistici, atmosfera domestica, animali marini, ma
anche temi nuovi, come gli animali, l’asino e la colomba, i contadini, tutto su un piano
bidimensionale. A Napoli un’interessante variante dell’esperienza della ICS è
rappresentata dalla fabbrica di Posillipo diretta da Giuseppina De Feo Bellet, una
ceramica antiaccademica, che approfondisce i temi della vita quotidiana. Ciò che
comunque esprime al meglio l’arte delle masse è la decorazione murale.
Il manifesto della Pittura Murale, steso da Sironi nel 1933 afferma che la pittura murale
è la pittura sociale per eccellenza, facilita il regime fascista perché l’arte murale è
dettata da regola quindi vieta all’artista di espandersi più di un certo limite. Grandi
cicli pittorici, mosaici, sculture a bassorilievo ricoprono i muri delle esposizioni fasciste,
in cui compaiono personaggi stereotipati come il lavoratore, il condottiero. Con la
mostra di Plastica murale del 1934 si propone un complessivo programma di
decorazione sui muri di tutti i principali edifici pubblici delle città, contaminando i
volumi bianchi e denudati. Sironi crederà di aver risolto questa contraddizione
distinguendo tra razionalismo internazionale e uno nazionale che si permette
decorazioni coerenti con le idee politiche, ma comunque le pitture devono essere
coerenti con le architetture, devono accordarsi creando armonia, non come nel Palazzo
della triennale a Milano, dove si tratta di muri messi a disposizione degli artisti. Con la
cosiddetta legge del 2 per cento, emanata nel 1942 il regime sottomette e controlla
l’arte, vincolandola alle sole azioni di propaganda. Il lavoro compiuto nella città di
Napoli da personalità di calibro come Notte, Veroli, de Val ed altri è sostenuto dalla
riflessione sullo stile moderno di cui abbiamo detto e dalla convinzione che il nuovo
stile sia da ricercare nella figurazione classicista. Ma in quest’ambiente ancora
arretrato gli artisti non potevano esprimersi liberamente, non potevano essere
indipendenti, perché chi non era iscritto non poteva esporre, dunque dovevano
attenersi alla politica del regime, quindi diciamo che si viene formando un’arte che
contiene in sé una libertà di spirito e d’espressione che rappresenta il germe del
dissenso. Nel 1934, facendo seguito ad un’ipotesi di bonifica già formulata dal piano di
risanamento del 1885, la Commissione edilizia comunale approvò di sventrare la zona
piazza Matteotti, un intervento quindi radicale per configurare un nuovo assetto per la
città. Una volta realizzati quegli edifici con alto grado di priorità, la Posta, l’Avvocatura
di Stato, la Provincia, ecc. con l’entrata in guerra dell’Italia del 1940 i lavori vengono
interrotti e ripresi negli anni 50. Il quartiere che ne risulta è una cittadella compatta,
circoscritta, con monumentali edifici che dichiarano la loro appartenenza al primo stile
moderno dell’Italia unita. Questa modernità si avvale anche di un apparato
ornamentale per cui vengono banditi concorsi.
CASA DEL MUTILATO
Nel 1938 l’associazione Nazionale fra Mutilati ed Invalidi di Guerra redige il bando di
concorso per le decorazioni da realizzarsi nell’edificio della Casa del Mutilato nel Rione
Carità. L’oggetto del concorso è una statua della Vittoria e due stele decorative da
suddividere in sei pannelli, per commemorare le guerre italiane (Libia, Africa, Spagna,
la marcia su Roma e la Fondazione dell’impero). Il vincitore avrebbe eseguito i due
altorilievi per un compenso di 500 lire, mentre per la statua di marmo della Vittoria
venne stanziata una somma di 50.000 Lire. Fu Galletti ad eseguire la Vittoria Vigilante
in una nicchia in cima alla scala d’ingresso dell’edificio, mentre furono Pellegrino e
Consorti a realizzare gli 8 pannelli narrativi ai lati del portale, la stele a sinistra con i 4
quadri scolpiti da Consorti raffigura dal basso verso l’alto la guerra d’Africa per la
conquista della Libia con lo sbarco dei marinai, la guerra di trincea combattuta sulle
balze del Carso, la guerra vittoriosa combattuta col passaggio del Piave e con la
vittoria finale, il sacrificio dell’aviatore. Mentre le sculture della stele a destra eseguite
da Pellegrini raffigurano: guerra d’Africa, di Spagna, la marcia su Roma e il simbolico
episodio della vittoria del fante. L’interno è in sintonia, aquile ormane e fasci littori
sono lungo il perimetro, sinonimo di potenza.
PALAZZO DELLE POSTE
Vaccaro affida a Arturo Martini l’esecuzione di una Vittoria per la sede del palazzo delle
Poste, inaugurato nel 1936. La statua di marmo scuro presenta un’inquietante
espressione trasognata.
EDIFICIO DEGLI UFFICI E DELL’AVVOCATURA DI STATO
A poca distanza dall’edificio delle Poste, nell’edificio degli Uffici e dell’Avvocatura di
Stato, progettato da Canino, varcata la soglia ci si ritrova in una sorta di teatro
metafisico, ciò che impone il senso del duraturo è l’uso dei marmi e degli elementi di
ornato come frontoni e semitimpani. Qui a contare è la trama del diaframma murario,
configurato in filari di mattoni aggettanti in modo intercalare. L’opera viene integrata
rispetto al disegno d’architettura, non è arte accessoria. All’ultimo piano della
costruzione vi è l’abitazione privata dell’Intendente, la cui decorazione è più
accessoria, per esempio vengono commissionate statue a De Val e de Veroli, che sono
di intento decorativo per una figura si spicco della classe dirigente locale.
PALAZZO DELLA PROVINCIA
Il tema del portone del Palazzo realizzato dalla fonderia Chiurazzi è ripreso da Canino
nel Padiglione provvisorio nelle conquiste alla mostra delle Terre d’Oltremare e
nell’ingresso al palazzo della Provincia con l’inserimento di bassorilievi in bronzo che
ricordano la tradizione. In questo caso il Portale è diviso in 10 formelle che dal punto di
vista iconografico rappresentano una summa dei temi della propaganda fascista: i
soldati, i contadini, la famiglia, gli eroi, e in omaggio all’amicizia con Canino, de Veroli
raffigurò in una formella se stesso con l’amico , l’uno in veste di operaio che costruisce
un muro di mattoni, l’altro intento nella lettura. Alla caduta del fascismo la formella
centrale in alto che raffigurava i quadruumviri fascisti Balbo, Bianchi, de Bono e De
Vecchi, venne sostituita da un’altra, di Monaco, raffigurante una sirena a due code,
riferita al mito di Partenope. L’arredo interno è in perfetta sintonia con il portale.
STAZIONE MARITTIMA
1937 viene bandito il concorso per gli apparati decorativi dell’edificio sia all’esterno
che all’interno, in accordo con l’antica romanitas del regime. L’impegno era quello di
consegnare quattro grandi cartoni in misura reale entro la fine del 1937 e due mesi
per la realizzazione ma ancora nel 1939 i lavori non erano finiti. Per il fronte furono
realizzate 4 formelle in bronzo, tre di Teveroli autore anche dei cavalli in bronzo posti
sulla facciata verso il mare e una di De Val. Dell’intero programma decorativo i più
importanti sono i 4 affreschi dei Continenti. Chiancone si occupò dell’