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Il credo espresso da Gropius, ovvero la necessaria conciliazione fra sensibilità estetica e
design funzionale, era in sintonia con le sue esperienze all’interno del Werkbund; non vi era
alcun riferimento alla progettazione. L’impressione era che fosse tornato alle radici del
movimento Arts and Crafts, alla fede in un artigianato come unica valida garanzia di qualità
progettuale. Il Vorkurs, primo curriculum di studio del Bauhaus rispecchiava questa posizione:
lo studente era una sorta di apprendista di una versione della corporazione medievale e
studiava tessitura e altre tecniche che avrebbero potuto dimostrarsi utili nella decorazione o
nell’articolazione di spazi ed edifici. Parallelo a questi corsi c’era il Formlehre (studio della
forma), che includeva lo studio della texture, dei colori e dell’espressione; in un corso come
questo gli insegnanti più adatti sarebbero stati dei pittori di quadri come Paul Klee, Wassily
Kandinsky e Oscar Schlemmer. Ogni studente doveva frequentare il Vorkurs, nel quale si
incoraggiava a disimparare le abitudini e cliché delle tradizioni accademiche europee,
impostando un nuovo percorso attraverso la sperimentazione con materiali naturali e forme
astratte. Si sperava che ogni studente sfruttasse il proprio più profondo potenziale espressivo
istintivo. Si trattava dell’ideologia del primitivismo: il mondo interiore della psiche doveva
rivelarsi lavorando con la natura dei materiali, generando forme autentiche. Itten, il primo
insegnante del Vorkurs, pittore svizzero che aveva subito le idee educative a Vienna, credeva
nel ruolo centrale dell’esercizio del rapporto forma-sensazione nell’educazione, postulando
una connessione intima fra alcune configurazioni formali e stati della mente particolari. Le
opere prodotte sotto la guida di Itten possedevano un gusto primitivo, influenzati dalle
produzioni Dada di Zurigo.
Nel 1920 Gropius fu incaricato di progettare una casa per Adolf Sommerfeld, mercante di
legname, facendosi aiutare da alcuni studenti nella decorazione degli interni e elementi
d’arredo. In Casa Sommerfeld si mescolano aspetti dell’approccio compositivo e formale di
Gropius prebellico ed elementi medievaleggianti, vernacolari derivati da Wrtight.
Erich Mendelsohn, nato nel 1887, al momento dello scoppio della guerra aveva ventisette
anni. Fu attratto dall’opera di Van de Velde, dall’idea che gli edifici e gli arredi dovessero
essere come organismi vitali che esprimevano le loro forze interne attraverso la struttura. Nel
1911 entrò in contatto col movimento “Blaue Reiter” (cavaliere blu), che può aver
incoraggiato la sensazione che le idee formali dovessero nascere da una profonda intuizione
centrale. Avvertiva che una delle funzioni dell’arte era quella di rendere visibile un ordine
spirituale. Assorbì la teoria dell’empatia, secondo la quale il carattere essenziale delle forme
era percepito attraverso una traduzione del senso tattile nelle forme dell’architettura. Le forme
vengono percepite con forte dinamismo. Mendelshon criticò Behrens per la “stereotipa”
qualità addizionale e cercò invece l’integrazione di tutti i dettagli. Nel 1920 gli venne richiesto
di progettare un osservatorio a Potsdam. La Torre Einstein doveva ospitare un telescopio con
un laboratorio astrofisico per l’analisi di fenomeni spettrali. Il “coelostat” della cupola doveva
riflettere raggi di luce cosmica verticalmente in un laboratorio sotterraneo,
dove uno specchio, inclinato di 45 gradi li avrebbe diretti verso uno strumento di emissione e
misurazione degli spettri. Le superfici erano fluide, le finestre e le altre aperture erano
accentuate per il dinamismo. Il materiale era mattone rivestito da intonaco e cemento.
Mendelshon concepiva scienza e industria come sorgenti di nuove forme. Nella seconda
parte degli anni venti il suo stile divenne più stereometrico, facendo ricorso ad alcune
analogie meccanicistiche e forme caratteristiche della nuova architettura. Il suo interesse nella
poetica dello spazio lo avvicinò a Wright.
Ludwig Mies van der Rohe (nato nel 1886) fu un altro architetto tedesco ad attraversare una
fase “espressionista” prima di stabilizzarsi su uno stile dalle forme rettilinee. Mies lavorò nello
studio di Behrens dal 1908 al 1911; identificò le caratteristiche che desiderava emulare nella
severa struttura senza tempo della Cappella Palatina di Aquisgrana del XI secolo, nella
severità neoclassica e nella precisione geometrica di Schinkel e nella chiarezza e
immediatezza nell’uso dei materiali di Berlage. Allo scoppio della guerra, Mies aveva già
aperto un proprio studio e disegnato Casa Kröller-Müller del 1912, in un semplificato stile
classico che poneva forte accento su simmetria e rettilinea disciplina. Tra i venti e i trent’anni
definì la maggior parte dei termini di base della sua opera successiva: la ricerca di valori
spirituali, la riduzione a forme semplici, gli elementi essenziali della storia, l’ordine della tecnica
industriale. Dopo la guerra Mies diresse la sezione di architettura del Novembergruppe e
sembrò condividere gli atteggiamenti visionari di Taut, Behrens e Gropius. Il primo progetto
che presentò al concorso per il grattacielo nella Friedrichstrasse del 1921 potrebbe quasi
essere letto in termini razionalisti come un tentativo di spogliare un edificio alto a telaio fino
alla struttura essenziale, che veniva poi avvolta da una curtain-wall di vetro concepito come
una soluzione “minimalista”. Le forme taglienti, le romantiche silhouette, il ricco gioco di
superfici trasparenti e riflettenti sembrano suggerire si una cattedrale di cristallo più che un
edificio per uffici. In uno sviluppo successivo di questo schema, datato 1922, Mies modificò
la pianta in un sistema radiale di forme curve che partivano da un nucleo distributivo centrale.
“Al primo colpo d’occhio il perimetro sembra arbitrario, ma queste curve furono determinate
da tre fattori: sufficiente illuminazione interna; percezione della massa dell’edificio dalla strada,
gioco di riflessi”.
Nel 1923 Mies divenne membro del “Gruppo G” di Berlino, che dichiarava la sua opposizione
al “formalismo” e il suo sostegno teorico a forme pratiche e alla Nuova Oggettività.
La “Villa in mattoni” progettata nel 1923 da Mies van der Rohe aveva una pianta composta
da una trama di linee di varia lunghezza e spessore che sembravano espandersi
gradualmente. Le linee geometriche indicavano piani murari che si interrompevano per
l’inserimento di aperture vetrate a tutta altezza. Alcuni volumi si alzavano a due piani e tutte le
coperture erano piane e formate da sottili solette. Gli spazi fra i piani murari erano organizzati
secondo sovrapposizioni. Il generalizzato classicismo “non storico” si combinava alle qualità
delle piante di Wright, nonché ad uno schema ritmico di linee e intervalli, ispirati a Mondrian,
la famosa contaminazione pittorica in architettura.
Data l’enfasi posta sulla materializzazione e sulla liscia planarità nella successiva formulazione
di un “International Style”, è interessante notare come numerosi edifici costruiti da Mies nella
metà degli anni venti si siano basati sugli effetti di murature in mattoni grezzi. Il Monumento ai
martiri comunisti Karl Liebknecht e Rosa Luxembourg, costruito a Berlino nel 1926, costituito
da volumi rettangolari compenetranti e aggettanti in mattone, di varia dimensione e
profondità.
La Casa Wolf a Guben (1927-1927) assumeva il carattere di una virtuale astrazione geologica
con una cascata di terrazze in pietra grezza e l’edificio in se emergente sullo sfondo come
una serie di piattaforme in mattone e di forme cubiche.
Le case per Lange e per i Krefeld del 1927 furono costruite entrambe in mattoni, con
partiture in vetro relativamente ampie, per liberare il piano della parete dalla scatola.
Fra il 1922 e il 1923 un nuovo orientamento iniziò a manifestarsi al Bauhaus. Van Doesburg
andò a Weimar ed ebbe un grande impatto sulla scuola. Forme di influenza De Stijl divennero
le basi di un generale linguaggio progettuale e venne nuovamente posta maggiore enfasi
sull’integrazione fra forma e industria. Il Vorkurs venne affidato a Laszlo Moholy-Nagy, il cui
sofisticato vocabolario “elementarista” si accordava con Van Doesburg. Il progetto per il
grattacielo del Chicago Tribune del 1922 di Gropius era una chiara applicazione di questo
principi. Lo stile del tempo di Gropius sembrava far ritorno alle forme base. Mentre gli
insegnanti del Bauhaus negavano l’esistenza di uno stile Bauhaus, il corpo di forme e idee dal
1923 assicurava che artisti e artigiani lo facessero sulla base di una sorta di grammatica
formale condivisa. Nel 1923 Gropius inoltre pubblicò, come articolo di accompagnamento
alla mostra del Bauhaus, un proclama sulla filosofia di della scuola. Gropius continuava a
considerare la macchina il nostro moderno mezzo di progettazione. Per entrare in rapporto
con la macchina gli studenti dovevano imparare nozioni legate all’industrializzazione e alla
produzione seriale, creando poi forme che rappresentassero i valori di un’epoca
meccanizzata. Per questo scopo venne coinvolto un curriculum di studi diviso fra Formlehre e
Werklehre (studio pratico). Era un’aspetto centrale della teoria di Gropius che le forme brute
del design funzionale e il kitsch del consumismo sarebbero stati evitati mediante iniezioni di
sentimento e sensibilità negli oggetti d’uso. Questa sintesi architettonica era, per alcuni versi,
un miscuglio di idee derivate dal Futurismo, dal Detuscher Werkbund e da De Stijl. I traumi
della guerra avevano indotto Gropius a infondere nella sua progettazione un approccio
mistico, abbandonando la struttura dell’assialità Beux Arts.
Nel 1925 le critiche di “degenerazione culturale” e “bolscevismo” al Bauhaus dell’estrema
destra raggiunsero un livello tale da far si che la scuola si trasferisse. Il sindaco di Dessau
accolse il Bauhaus e su un terreno pianeggiante fuori città fu costruito il nuovo edificio di
Gropius. La soluzione avrebbe dovuto rompere i volumi principali in modo che fossero
percepiti ad ogni angolo, senza però perdere la coerenza dell’insieme. Gropius espresse gli
elementi separati sotto forma di parallelepipedi, collegati poi da elementi intermedi ( corridoi o
ambienti più piccoli). Gli atelier artistici e i laboratori artigianali erano connessi mediante un
ponte che passava su una strada che tagliava il lotto. Il successivo livello d’articolazione
riguardava l’accentuazione di volumi e di piani, di verticali e orizzontali, attraverso la
composizione di superfici vetrate. Queste ultime trascendevano le proprie caratteristiche
formali e funzionali, diventando un emb