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CAMILLO BOITO
(Roma, 30 ottobre 1836 – Milano, 28 giugno 1914) fu un architetto veneto. A lui vanno attribuite, oltre
Camillo Boito
alle opere architettoniche analizzate di seguito, anche numerose opere letterarie, che gli hanno valso il titolo di
teorico e il ruolo di punto di riferimento ai suoi tempi. La sua produzione come scrittore inizia negli anni ’50 del XIX
secolo, con la pubblicazione in vari luoghi di suoi articoli, per la maggior parte inerenti al tema a lui più caro: il
problema di un’architettura moderna e nazionale; moderno e nazionale infatti devo muoversi di pari passo. Quello di
Boito è un atteggiamento positivista, che getta uno sguardo evoluzionista sulla società. Dobbiamo ricordare infatti che
il 1800 è stato il secolo che ha visto sorgere il Positivismo Sociologico e Materiale, da cui Boito mutua la sua
convinzione che sia necessario riallacciarsi ad un’architettura del passato, capace di adeguarsi a tutti gli edifici possibili
del moderno incivilimento. Quello a cui si riferisce Boito è il cosiddetto carattere naturale, che deve portare
all’adeguamento a condizioni concrete, senza interrompere quindi il filo con il passato. Una volta affermato ciò … A
quale passato bisogna riallacciarsi? Non al Rinascimento, non al Gotico (linguaggio del centro Europa), … Per Boito il
linguaggio più adatto è il ROMANICO, con le sue maniere municipali del 1300. Ma perché proprio il Romanico? Perché
il Romanico non è bloccato da assi di simmetria, da decorazioni ridondanti; inoltre esso è l’architettura dei Comuni,
dei liberi comuni italiani (seconda Italia ‘200/’300); il ragionamento sebbene dotato di una sua logica, può apparire
ideologico e un po’forzato.
CAPPELLA FUNEBRE, Gallarate, 1865.
Boito la progetta per la famiglia Ponti. Da notare il fatto che gli unici elementi “non-neoromanici” sono la parasta
d’angolo e la cupola.
OSPEDALE CIVICO, Gallarate.
In questo progetto è ben ravvisabile il tentativo di Boito di adottare elementi del Romanico lombardo ad usi moderni.
La struttura decorativa dell’edificio infatti è fatta di mattoni ed intonaco, che mostrano un Romanico alluso più che
citato. Per segnalare gli ingressi, Boito sceglie la trifore (una scelta stilistica che diventerà un po’ la sua sigla-firma). Per
l’ingresso principale, invece, egli sceglie due archi, quasi a lanciare una sfida all’Accademia perché creano con la loro
mole un pieno in asse, testimonianza della sua lontananza dall’Accademia.
La maggior parte degli edifici realizzati da Camillo Boito, comunque, si trova a Padova (quasi a testimonianza delle
radici venete dell’artista).
PALAZZO DELLE DEBITE, Padova, 1874.
Il palazzo si affaccia su Piazza dei Frutti, sull'area anticamente occupata dalla prigione (Carcer Novus, più tardi detto
Prigione delle Debite) dove venivano rinchiusi i debitori insolventi. Il palazzo sorge vicino al Broletto Medievale del
1200. L’edificio aveva una funzione pubblica preminente. Sono presenti delle citazioni di elementi romanici, ma il
risultato ottenuto da Boito nel suo complesso è un edificio composito poco convincente.
MUSEO DEL SANTO, Padova, 1874 circa.
Il Santo celebrato ovviamente è Sant’Antonio da Padova. Con questo progetto Boito cerca di conciliare la
semplificazione del linguaggio romanico lombardo con le esigenze monumentali. Anziché il laterizio, in questo caso
viene utilizzata la pietra bianca.
SCUOLE ELEMENTARI, Padova, anni ’70 del XIX sec.
In questo caso la primissima cosa da notare è la capacità del progettista di usare elementi romanici a metà tra
elementi decorativi ed elementi funzionali. Da ricordare inoltre le spalle in pietra poste ai lati delle finestre, spalle che
accolgono e distribuiscono i carichi degli archi.
Dopo l’Unità d’Italia si vive un periodo di ripresa nel Nostro Paese. Ecco che allora anche l’architettura da il suo
.
contributo con altri protagonisti
NICCOLO’ MATAS
Niccolò Matas (Ancona, 1798 – Firenze, 1872) è stato un architetto italiano. Studiò all'Accademia di Belle Arti a Roma
e in seguito si trasferì a Firenze dove divenne docente della locale Accademia dal 1825 e dove si svolse gran parte della
sua attività come architetto. Fu uno tra gli architetti più importanti che seguissero lo stile neogotico nella capoluogo
toscano, anche se talvolta le sue opere seguono un linguaggio più classico, influenzato dal purismo toscano. Ricevette
alcune importantissime commissioni, tra le quali la Villa e il parco di San Donato per i principi russi Demidoff (1835,
oggi distrutta) e soprattutto la facciata per la Basilica di Santa Croce, progettata nel 1837 e realizzata tra il 1854 e il
1853 con la collaborazione dello scultore Giovanni Duprè. La stella di Davide che compare sopra il portale centrale si
disse che fosse un tacito omaggio alla sua religione ebraica, anche se non è sicuro. Fu tra i partecipanti anche al
concorso del 1843 per la facciata di Santa Maria del Fiore, che venne invece vinto da Emilio De Fabris. Tra il 1850 e il
1855 progettò il Cimitero delle Porte Sante. Lavorò anche in altre città: ad Ancona progettò il nuovo Teatro (1835), i
Bagni Pubblici e restaurò la cupola del Duomo; sull'Isola d'Elba, sempre per Anatolio Demidoff, costruì il Museo
Napoleonico presso la Villa di San Martino (1851). Pubblicò libri e opuscoli sulla realizzazione delle sue opere. Suo è
anche un Elogio di Baldassarre Peruzzi del 1850.
Niccolo’ Matas si occupa del completamento della facciate della Basilica di Santa Croce, rifacendosi al gotico-toscano-
fiorentino, in particolare a quello dell’epoca di Giotto (Vespignano, 1267 – Firenze, 8 gennaio 1337). La sua è
un’operazione tipica del suo tempo, a dimostrare il suo tentativo di riallacciarsi al passato e di dare volto moderno e
monumentale all’Italia con restauri che tentano di ridare la forma originaria.
SINAGOGA DI FIRENZE
Nel 1868, David Levi, presidente dell'Università Israelitica, con legato testamentario destinava i suoi beni alla
realizzazione di una nuova sinagoga fiorentina e di un luogo di culto ebraico "degno della città". Cominciò con
l'acquisto di un terreno nei pressi del nuovo quartiere della Mattonaia e di piazza d'Azeglio e sorse così fra il 1874 e il
1882 il Tempio Maggiore Israelitico, costruito sulla base di progetti di Marco Treves, coadiuvato dagli architetti
Mariano Falcini e Vincenzo Micheli, per la notevole spesa di un milione di lire di allora.
Trattata con elementi esotici per cui si declina un linguaggio tradizionale per distaccarsi dalla monotonia del paesaggio
urbano preesistente.
VITTORIALE
Monumento costruito nel corso degli anni ’80 del 1800, edificato per commemorare Vittorio Emanuele II e l’Unità
d’Italia. Per costruirlo si abbatte uno dei luoghi più commemorativi di Roma. L’edificio si presenta come la summa del
repertorio tardo-neoclassico, che cerca i suoi esempi anche nel tardo impero romano d’Oriente del III-IV secolo. La
pietra utilizzata per la realizzazione non è una pietra locale, bensì la pietra bresciana, ovvero il botticino, un tipo di
marmo duro dall’aspetto freddo. Appare come un edificio estraneo alla città che lo ospita; sorge vicino al Campidoglio;
ha dimensioni colossali. EDIFICI TIPICI DEL 1800: la Stazione e la Galleria.
Tra gli edifici che meglio rappresentano il XIX secolo e la sua tipica produttività troviamo: ospedali, grandi magazzini
(come la Rinascente di Milano), ma i più importanti sono stazioni e gallerie.
La STAZIONE FERROVIARIA è un tipo edilizio che interfaccia la ferrovia con la città, caratterizzato da una indiscutibile
rappresentatività. La ferrovia, invenzione molto attesa, nasce intorno al 1830 in Inghilterra. Verso la fine del 1700 i
collegamenti tra i vari paesi e le varie città avvenivano tramite le diligenze, ovvero carrozze trainate da cavalli, gestite
da privati, con orari di partenza, sosta ed arrivo. Si capì che serviva un sistema che consentisse al singolo di muoversi
in modo organizzato, anche se ai tempi ciò risultava ancora troppo dispendioso. In Inghilterra, patria della rivoluzione
industriale sorse così il primo tratto, molto breve, di linea ferroviaria, tra Liverpool e Manchester, grazie all’unione di
varie invenzioni.
STAZIONE FERROVIARIA, Liverpool, 1830 circa.
E’ il primo esempio di stazione ferroviaria che riassume egregiamente gli elementi fondamentali di quella che sarà poi
una vera e propria stazione ferroviaria: fascio di binari paralleli, distacco dalla strada, banchina porticata, tettoia che
copre i binari, deposito bagagli, biglietteria, sala d’aspetto… In particolare ricordiamo la tettoia,vista come atto di
nascita di un tipo edilizio nuovo.
Lo sviluppo delle ferrovie fu rapido e immenso. Col passare del tempo e con una maggiore conoscenza di quella nuova
scoperta, gli orari dei treni diventarono sempre più precisi. Il treno diventa trasporto per i commerci, il reticolo
ferroviario via via cresce anche grazie alle nuove tecnologie, vengono aperti i trafori nelle montagne e anche
sottopassaggi per garantire il servizio anche in inverno, la stazione diventa nuova porta d’accesso alla città. Ecco che
allora la stazione diventa fulcro della città, vicino ad essa sorgono gli alberghi. Una stazione, quindi, vista come
“cattedrale” della città contemporanea, definita dal flusso dei suoi viaggiatori.
STAZIONE FERROVIARIA, York.
E’ facilmente riconoscibile grazie alla sua caratteristica forma a U, scelta per definire nel migliore dei modi il flusso di
arrivo e di partenza, una definizione ovviamente dettata e fondata sul movimento dei viaggiatori.
I viaggiatori in partenza spesso e volentieri devono passare del tempo in stazione in attesa: si capì allora che era
necessaria una funzione più complessa, perché risultavano utili e opportuni dei servizi aggiuntivi. Al momento
dell’arrivo infatti i passeggeri hanno solitamente fretta di arrivare alla propria meta, anche se dobbiamo pur sempre
ricordare che agli inizi del 1800 il traffico era ancora modesto. La tettoia che copre i binari, conciliazione tra
architettura e ingegneria, risultò molto importante e gradita, anche se a lungo oggetto di incertezze con cui si
confrontarono i progettisti.
VICTORIA’S STATION, Londra, 1844.
E’ una stazione di testa, elaborata sul modello di un palazzo di matrice italiana. In essa è presente un o dei primi
esempi di torre dell’orologio, che siamo soliti vedere in prossimità delle stazioni anche odierne. Proprio verso la metà
del XIX secolo infatti si comincia a pensare a pensare lo spazio in questioni di tempo; div