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CAP. 1 – VIZI E VIRTU’ DELLA BUROCRAZIA NELL’ITALIA LIBERALE: L’IRRESISTIBILE ASCESA DI MONSU’ TRAVET

1860: Unità d’italia

1863 in scena la commedia di Bersezio.

Ereditando nel 1861 la legge e il regolamento Cavour del 1853, l’amministrazione della nuova Italia era rimasta senza soluzione di continuità uguale a quella

sardo piemontese: impiantata sul modello organizzativo per ministeri.

La burocrazia in genere non era ne laureata ne diplomata. Selezionata senza concorso (solo negli ultimi anni sessanta i regolamenti ministeriali avrebbero

previsto le prove d’esame).

La formazione avveniva on the job ed era possibile entrare nell’amministrazione prima come volontario, poi assunto come applicatori 4 classe e salire tutti i

gradini della piramide sino a raggiungere i vertici.

Alla fine del 1861 i posti in organico non superavano i 3000 sebbene ci fosse un’incalcolabile massa di fuori ruolo: avventizi,m precari e volontari in attesa di

assunzione.

1876 passaggio di mano tra la Destra Storica di Sella e di Minghetti e la Sinistra di Depretis. I posti in organico sarebbero stati più di 11mila, frutto di una serie

di leggi di assestamento intervenute negli anni 60.

Pochi impiegati e piemontesi. Il quadro dirigente del primo ventennio fu prevalentemente piemontese e quello dei 20 anni successivi pressoché settentrionale.

Contro la passione per l’interpretazione della legge tipica dei giovani funzionari napoletani freschi di studi giuridici si affermò la prassi dell’applicazione

obbediente del regolamento e del ricordo rassicurante alla circolare.

La lingua della burocrazia si plasmò sui moduli tipizzati della tradizione sabauda.

Nel 1861 dopo due anni di tirocinio, un applicato di 4 classe prendeva 1200 lire l’anno e poteva sperare di salire la scala gerarchica (applicato di 3, 2, a e poi

segretario di 4,3,2,1, ecc) ma la carriera era condizionata dalla disponibilità di posti ai livelli superiori che si rendevano liberi -> regime di ruoli chiusi.

Non solo burocrati: i tecnici nei ministeri

Cosa faceva quella prima burocrazia italiana? Scrittura, copia, protocollo, registri matricola.

Nelle Finanze, dopo la legge Cambray-Digny sulla contabilità (1869 furono create le ragionerie presso i ministeri e la ragioneria generale nel ministero delle

finanze) prese maggior corpo il lavoro dei ragionieri.

L’introduzione della scrittura doppia e poi la riforma Cerboni (dal nome del ragioniere generale Giuseppe Cerboni che dal 1877 impose per la tenuta dei conti

il metodo della logismografia) immisero negli uffici contabili personale specializzato.

In tutti i ministeri la generica formazioni giuridico amministrativa fu inizialmente affiancata da tecnici come ingegneri e geometri del Genio Civile, ufficiali del

Catasto, ingegneri idraulici, archivisti, bibliotecari, medici e veterinari -> protagonisti della storia di fine 800,

Una serie di corpi ispettivi, di elevata capacità tecnica, garantì al primo apparato amministrativo italiano quell’indirizzo unitario.

Eccellenti professionalità maturarono nelle amministrazioni tecniche:

- Nella divisione e poi direzione generale della statistica, prima Pietro Maestri poi Bodio

- Nel Min. Lavori Pubblici ebbero un ruolo di punta gli ingegneri.

- La Legge Baccarini nel 1882 diede al Genio Civile la fisionomia del grand corps unificando sotto il suo controllo le competenze in materia di opere

pubbliche sino ad allora divide tra più amministrazioni.

- Nelle poste e telegrafi 2 importanti figure come Giovanni Barbavara di Gravellona ed Ernesto D’Amico.

Fu con i governi Crispi che le professionalità tecniche ottennero la loro piena valorizzazione. Con le nuove legislazioni settoriali dell’epoca crispina (legge

comunale e provinciale, sulla pubblica sicurezza, sulla sanità ecc) delineavano un potere pubblico assai più presente nella vita sociale.

Dalla prima alla seconda generazione

Barbavara di Gravellona nato nel 1813. Entrato in carriera come volontario nei consolati di 1 categoria era stato segretario particolare di Cavour, ispettore

delle poste e direttore generale. Dal 1870 in Senato.

Nella prima generazione postunitaria passione civile e competenza amministrativa rappresentarono spesso 2 facce della stessa medaglia.

Maestri era stato chiamato a gestire la divisione di statistica, Tabarrini prima direttore generale della pubblica istruzione poi Pres. Consiglio di Stato e poi

senatore, Celesia era stato capo sezione Finanze e poi Cons. di Stato.

Agli inizi anni 80 questa prima generazione era sulla soglia della pensione. Subentrava un gruppo di funzionari più giovani la cui carriera si era svolta

interamente nell’amministrazione del nuovo Stato unitario.

Bodio aveva fatto un apprendistato all’estero per borsa di studio, non aveva fatto in tempo a partecipare alle campagne della guerra e la sua concezione

dell’amministrazione era sorretta da un forte senso di missione.

Più anziano di Bodio era Beltrani Scalia, direttore delle carceri.

Bertagnolli divenne capo della divisione comunale e provinciale, Bertarelli direttore dell’amministrazione civile.

L’estrazione geografica fu più che assortita.

Astengo entrò come volontario, aveva scalato la piramide, stato direttore reggente della divisione del personale della pubblica sicurezza e poi nel 1881

ispettore generale di prima classe e infine senatore oltre che autore di manuali-bussola per l’amministrazione.

A fine secolo iniziarono ad entrare nell’amministrazione funzionari meridionali come Francesco Scibona-Isgrò (capo divisione carceri), Sensales (direzione

generale pubblica sicurezza), Pagliani (direttore sanità pubblica). Avrebbero costituito il felice esempio del possibile innesto, nel tronco giuridico della cultura

ammnistrativa italiana, di professionalità tecnica.

Il Giolittismo: sindacati e meridionalizzazione

Fu Giolitti l’uomo che meglio seppe capire (ed indirizzare) lo sviluppo della burocrazia italiana. Nel primo quindicennio del 900 avvennero 3 fenomeni:

- Crescita numerica del personale statale -> triplicarono.

Tra fine secolo e la guerra mondiale ci fu “decollo amministrativo” in coincidenza con la crescita delle funzioni pubbliche legata alla sviluppo

economico. Crebbero servizi relativi all’espansione dell’intervento economico dello Stato, ferrovie, poste, ecc. con aumento del personale degli enti

locali cioè dei soggetti istituzionali ai quali lo stato liberale delegava spesso le funzioni più immediatamente connesse all’urbanizzazione.

- Meridionalizzazione -> da una burocrazia settentrionale si passò a un impiego pubblico in prevalenza meridionale. Il processo di industrializzazione

si sviluppava radicandosi al nord, l’amministrazione si meridionalizzava. Si innescava così un sistema politico-amministrativo dominato dal

Mezzogiorno.

- Sindacalizzazione -> il proliferare di associazioni corporative o sindacali degli impiegati (come quella poste telegrafonica che ebbe come Presidente

del Consiglio Turati). La sindacalizzazione introdusse nel pubblico impiego idee, obiettivi.

Il Travet ottocentesco, ligio al dovere, lasciò il posto a una sua figura di dipendente pubblico più consapevole della sua forza contrattuale.

Il movimento degli impiegati sfociò in 2 leggi di grande rilevanza:

• 1904 sui ministeri e sugli organici che attribuì al Parlamento la modifica delle piante organiche dei ministeri: allo

scopo di limitare la continua modifica degli organici in funzione di politiche clientelari, la norma si sarebbe però

rivelata fonte di disordine dando luogo al “balletto degli organici” cioè allargamento delle piante organiche ottenuto

alla Camera grazie alla pressione degli amici deputati.

• 1908 sancì il primo stato giuridico. Fortemente richiesto dai dipendenti ma non risolse di fatto la questione della

definizione del rapporto di pubblico impiego ma diede tuttavia alla materia una fonte unitaria di regolazione,

nell’ambito per altro di una stretta continuità con la prima giurisprudenza nella 4 sez. del consiglio di Stato (il giudice

amministrativo, dal 1889 in poi, sarebbe stato in effetti un efficace battistrada del legislatore).

Tecnici ed amministrativi

Primo quindicennio del 900 altra trasformazione -> fondazione in Italia della scienza del diritto amministrativo con maestri della scuola italiana del diritto

pubblico (Orlando, Ranelletti, Romano, Cammeo), il corso degli studi in giurisprudenza venne modificato attraverso il potenziamento dell’impianto giuridico

positivo e l’emarginazione delle discipline storiche ,filosofiche ecc.

Nacque uno speciale linguaggio, un uniforme sistema di enunciati e concetti del linguaggio pubblico generale.

In nome della centralità della formazione giuridica si teorizzò che solo la laurea in giurisprudenza garantissime quella competenza prettamente amministrativa

che doveva costituire la chiave d’accesso ai vertici.

La competenza tecnica venne giudicata un ostacolo all’esercizio pieno dell’arte del dirigere. Nel 1904 fu varata una norma che esplicitamente riservava ai soli

funzionari amministrativi l’accesso al grado di direttore generale del Genio Civile, cioè di quello che era stato il grande corpo tecnico mortificando quel

complesso di saperi particolari che aveva nutrito le professionalità non burocratiche.

La Giunta generale del bilancio della camera scrisse nel 1913 che è errore credere che un idraulico sia idoneo a governare perché amministrare è diverso

dallo svolgere un servizio pubblico.

Le professioni tecniche -> emigrarono verso impieghi privati o trovarono collocazione nelle amministrazioni parallele cioè gli uffici speciali semiautonomi cui

furono delegate funzioni come il controllo dell’emigrazione, il magistrato delle acque, l’ufficio del lavoro ecc.

1911 nasce l’Ina -> lo stato trovandosi a dover esercire le assicurazioni inventò l’ente pubblico economico finanziario, persona giuridica di diritto pubblico

istituita per legge ma organizzata secondo moduli privatistici.

La vita negli uffici al tempo di Giolitti

Piccola borghesia che trovava collocazione nell’impiego di stato e che dallo Stato avrebbe custodito sino alla prima guerra mondiale il baluardo sociale più

sicuro.

Vennero da quel ceto o meglio, dal suo strato superiore, alcuni esponenti della nuova classe di governo d’inizio secolo, quei luogotenenti di Giolitti che si

sarebbero insediati alla testa delle grandi amministrazioni.

Qualche nome:

Schanzer -> da direttore generale dell’amm. Civile a cond. Di Stato, a Min Poste e del Tesoro;

Ciuffelli -> da dirigente lavori pubblici a prefetto, anch’egli consigliere di Stato e infine Min. Poste e Telegrafi

De Vito -> da direttore dei lavori pubblici a cons. di stato e poi min. trasporti dopoguerra

Peano -> da alto funzionario dell’Interno e del Tesoro

Pironti -> direttore generale dell’amministra

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Publisher
A.A. 2013-2014
6 pagine
6 download
SSD Scienze politiche e sociali SPS/03 Storia delle istituzioni politiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher albascura87 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia dell'amministrazione pubblica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Meniconi Antonella.