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Il cinema diviene in pratica una sorta di medium-megafono atto a sfruttare la già collaudata

popolarità di Petrolini, per pubblici sempre più vasti e di massa. Il teatro funge da contenitore a cui

attingere per scovare soggetti o attori per il cinema.

Ma l’esplosione di un vero e proprio filone di film che hanno a che fare con la rivista o che

riprendono riviste o singoli sketches, avviene verso la fine degli anni ’40. Nel 1949 esce I pompieri

di Viggiù, il primo film in cui G. & G. appaiono come collaboratori; nel 1950 esce La Bisarca.

La motivazione della cinematografia italiana di affiancare ai film di impegno anche film popolari si

intreccia con un diverso iter che il varietà e la rivista stanno attraversando: il periodo d’oro è finito

ed è proprio il cinema che li sta scalzando, derubandole la linfa vitale di attori, idee, gags e

ballerine.

Il cinema si serve del varietà e nel contempo ne accompagna la lenta morte. Le compagnie di strada,

le riviste povere, le divette e le ballerine, gli spettacoli musicali, cominciano ad apparire al cinema

come malinconia di una forma d’arte scomparsa o come citazione di un mondo oramai in via

d’estinzione, e perciò stesso già dipinto con un’aura di mitologia.

Anche i tributi che il cinema offre alla rivista hanno spesso il sapore di documenti atti a

commemorarne il ricordo.

Il cinema trova nello spettacolo di rivista il bacino preferenziale da cui trarre soggetti e attori per

attirare il pubblico popolare: niente di meglio, insomma, che avviare una pratica cinematografica

attraverso facce già conosciute e amate e storie e linguaggio già conosciuti e apprezzati.

Da un punto di vista delle vendite, dal ’49 al ’54 la curva dei biglietti venduti in Italia si basa su

cifre che indicano un costante aumento. A questo afflusso di spettatori al cinema corrispondono

anche precise scelte legislative dello Stato in aiuto della cinematografia, in modo da riuscire a

contrastare il predominio statunitense.

Dal 1949 il cinema è la prima e più importante forma di spettacolo per gli italiani. E questo

straordinario risultato lo si deve soprattutto ai film popolari, di cui rivestono una certa importanza

quelli di rivista. Il cinema popolare è un cinema non di autore, e quindi diametralmente opposto a

quello neorealista: è un prodotto indirizzato alle masse e che vuole caratterizzarsi come spettacolo

di divertimento e di intrattenimento accessibile a un pubblico il più vasto possibile.

Il caso della Titanus è il più emblematico: affiancare ai film di autore soprattutto dei registi del

neorealismo, prodotti popolari e di consumo, costituisce l’esempio palese di una cinematografia

come quella italiana divisa fra cinema alto, legato al neorealismo e ad un rinascita culturale

imponente, e un cinema basso e di bassi costi legato più che altro ad una rinascita sociale.

Il cinema di questi anni si fa ricettacolo di tutto quanto fa successo, di ciò di cui si parla e che

colpisce l’attenzione degli italiani: spunto per un nuovo film può essere una canzone di moda, un

programma radiofonico di successo, uno spettacolo televisivo, ecc., mentre i divi della canzone

trovano spazio, il più delle volte nei panni di sé stessi in commedie leggere.

Questa rinascita popolare del cinema va letta in parallelo con una rinascita tout court italiana dopo

la guerra: rinasce così un circuito per la canzonetta, il campionato di calcio, il concorso per Miss

Italia, i fotoromanzi, la televisione, ecc., ovvero tutte cosa di cui il cinema si appropria e registra.

Mattoli e la Za Bum

Il primo film in cui è presenta la firma di G. & G. è Botta e risposta di Mario Soldati (1950), tratto

dalla famosa trasmissione radiofonica.

Si tratta di un film che si basa sulla fama di un programma: siamo in piena rinascita di un cinema

che vuole essere popolare e si appoggia per i primi passi su prodotti spettacolari che già hanno una

fama acquisita e quindi un pubblico preparato.

Come il successivo I pompieri di Viggiù, si tratta di un digest di numeri di rivista e di musica cuciti

attorno a un esile trama. E nonostante il film rechi la firma di Soldati, si tratta comunque di un

prodotto assai modesto, il cui scopo primario è palesemente quello di mettere in scena per il

pubblico una serie di numeri, anche internazionali. Così il cinema si fa veicolo di spettacolo.

Il film successivo è I pompieri di Viggiù (1949) di Mario Mattoli, per il quale G. & G. non scrissero

la sceneggiatura ma a cui prestarono alcune scenette da una loro rivista. Scenette, canzoni, balletti e

gli interventi dei pompieri che rimandano ad una comicità di tipo catastrofico sono quindi gli

ingredienti di un film che non è altro che un pretesto per mettere in scena il meglio della rivista del

periodo. Non può essere che Mattoli il regista a cui affidare per la trasposizione cinematografica i

loro lavori teatrali. Egli infatti fu anche commediografo e regista teatrale, vicino al mondo

dell’avanspettacolo. Il suo lavoro fu sempre quello di creare spettacoli per i grandi pubblici, lavori

che non offendessero il gusto di nessuno e che quindi non selezionassero eccessivamente la propria

audience.

Il varietà per opera di Mattoli e del suo progetto Za-Bum si trasforma in rivista, moderando e

smussando i suoi lati più provocatori e soprattutto conferendosi struttura e “onorabilità” soprattutto

con l’apporto degli attori di prosa, portando infine a quella che sarà la nascita della commedia

musicale.

Mattoli e G. & G. sono al centro di questo caos creativo. Mattoli è tra l’altro il primo che intuisce le

potenzialità della rivista e della commedia musicale come contesto da cui attingere al fine della

creazione di quel cinema popolare che il regista ha sempre inseguito. Il cinema popolare si

costruisce per Mattoli attraverso soggetti interessanti (spesso tratti da opere teatrali già baciate dal

successo) e un’attenta scelta degli attori. Il fine ultimo è quello di intrattenere e divertire un

pubblico di massa spendendo poco in fase produttiva e guadagnando molto al botteghino.

Mattoli rimane per tutta la sua carriera legato soprattutto a due modelli: da una parte l’amore per la

rivista, dall’altra il cinema di attori e non di autori, rivolti più verso il pubblico che verso la critica.

Lo spettacolo, e questa è un’altra affinità con il modus operandi di G. & G., si costruisce sull’attore,

sul mattatore. Mattoli si metteva umilmente al loro servizio e in questo modo, a parer suo, a servizio

del pubblico. Egli lavorò con Macario, De Sica, Chiari, Sordi, Tognazzi, ma le sue preferenze si

concentrarono su Totò. Mattoli lo sottrasse definitivamente al teatro e confezionò per lui film in cui

la massima libertà espressiva gli era concessa: nacque così il divismo cinematografico tutto

particolare di Totò.

I film musicali

Gli adattamenti cinematografici delle commedie musicali di G. & G. sono sempre piuttosto grezzi:

la commedia recitata a teatro viene ripresa dalla macchina da presa, o da più macchine da presa, e

poi montata insieme.

Ad uscirne favoriti in queste trasposizioni sono soprattutto gli attori, che si trovano magicamente

davanti a un pubblico enorme mentre la telecamere valorizza ogni sua espressione e gesto,

esaltando la battuta, la mimica, e quant’altro fa parte del suo repertorio. L’attore diventa divo.

Il cambio di scena di trasforma in un taglio netto di montaggio, mentre i numeri musicali possono

essere spezzati e ripresi, creando quella fantasmagoria che aveva reso celebre il musical americano.

Va però anche detto che la commedia musicale italiana, nel passaggio dal teatro al cinematografo,

mostra tutta la sua povertà rispetto al modello statunitense. Non nascerà mai in Italia il genere

musical, e non si arriverà mai a produrre film musicali con caratteristiche specificamente

cinematografiche. Unica eccezione sarà Carosello napoletano (1954) di Ettore Giannini.

In seguito di questo tipo di operazione se ne farà carico la televisione, che registrerà le commedie

teatrali e le porterà direttamente nelle case degli italiani.

Rugantino e il cinema dialettale

Rugantino è un caso un po’ anomalo rispetto a quanto fin qui analizzato: come prima cosa si situa in

un periodo lontano rispetto agli altri film (siamo nel 1973); in secondo luogo si tratta di un

adattamento della celebre commedia musicale omonima, e non una registrazione come è stato nella

maggior parte degli altri casi. Più che altro Rugantino rientra in un diverso contesto: ovvero quello

del cinema dialettale o regionalistico che negli anni ’60 e inizio ’70 trova il modo di emergere e di

rendersi genere autonomo e con un proprio pubblico, soprattutto nelle cinematografie legate a città

come Napoli, Roma o alla Sicilia.

Queste opere teatrali e le rispettive trasposizioni televisive e cinematografiche parlano della loro

capacità di colpire il pubblico, di essere sempre un sicuro passaporto per il successo e soprattutto un

indice affidabile del gusto popolare, se non dei veri e propri creatori di tale gusto.

Valorizzazione dell’attore/personaggio nelle regie di Pietro Garinei:

Bramieri in “Anche i bancari hanno un’anima” e “Sono

momentaneamente a Broadway”

La consolidata collaborazione di Gino Bramieri con Pietro Garinei è durata quasi un ventennio,

almeno da Anche i bancari hanno un’anima (1977), attraverso poi innumerevoli altri fortunati

spettacoli.

Certamente non sarà da sottovalutare la sintonia di Bramieri con il lavoro del regista, che sfocia

nella piena valorizzazione del ruolo del primo attore.

La collaborazione fra regista e attore si consolida come detto nel 1977 con Anche i banchieri hanno

un’anima: la storia è quasi un’avventura iniziatica in cui il protagonista scopre finalmente il mondo

delle emozioni dopo aver sempre vissuto in regime di necessità, razionalità e numeri. Garinei opta

per un’ambientazione molto semplice rispetto allo sfarzo e alla grandiosità che di solito

accompagnano lo spettacolo leggero. Il regista tende a concentrare l’attenzione dello spettatore sui

tre attori principali, i quadri scenici sono quattro. Si tratta di una scenografia non certo

antinaturalistica, ma rarefatta. I personaggi vengono ripensati in duplice funzione: non soltanto

incarnazioni dei caratteri descritti dagli autori, ma anche enfatizzazioni dei rispettivi ruoli teatrali

con effetti di sorridente straniamento. A fianco di Gino Bramieri recitano Paola Tedesco e Valeria

Valeri.

Sono momentaneamente a Broadway (1985) è una commedia musicale che appartiene invece al

versante della piena spettacolarità, presentando

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Publisher
A.A. 2014-2015
19 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/05 Discipline dello spettacolo

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher viola_fr di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della critica dello spettacolo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Porro Marzio.