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LA PROSA CASTIGLIANA DEL XIII SECOLO: ALFONSO EL SABIO (ALFONSO X)
Prima del XIII secolo, non esisteva ancora una vera e propria uniformità linguistica in Spagna:
ciascun autore si esprimeva nella sua varietà idiomatica. È solo nel XIII secolo, e grazie
all’impegno di re Alfonso X, detto El Sabio, che il castigliano comincia a uniformarsi. Re di Castiglia
e Leòn tra il 1252 e il 1284, figlio di Ferdinando III, viene soprannominato “il Saggio” proprio per
l’opera culturale che realizza durante la sua reggenza. Pur essendo un re molto debole dal punto
di vista politico, a lui si deve la più grande opera di raccolta di testi del medioevo: un complesso di
lavori che rappresentano la summa della cultura castigliana del XIII secolo. Ricordiamo in
proposito: i Cantigas de Santa Maria (una raccolta di 400 poesie liriche in onore della Vergine), le
(un’opera legislativa), il (un’opera giuridica), i
Siete Partidas Fuero Real Tablas alfonsìes (trattati
astrologici) e soprattutto la Primera Crònica General de España (il primo libro sulla storia della
Spagna scritto in castigliano). Il re si circondava di molti collaboratori, i quali erano traduttori dal
latino, dal francese, dall’arabo e dall’ebreo; erano presenti anche poeti e musici. Alfonso X, in
realtà, non fa che continuare l’intensa opera di divulgazione culturale che aveva cominciato a
svilupparsi grazie alla SCUOLA DI TRADUTTORI DI TOLEDO, sorta per opera di Raimundo
arcivescovo francese di Toledo, sotto il regno di Alfonso VI, e dove confluivano molti studiosi
occidentali (Adelardo di Bath, Roberto di Chester, Gerardo di Cremona, Michele Scoto, Ermanno
Alemanno). Per questo motivo non è corretto attribuire la scuola di traduttori di Toledo solo al
L’eccezionalità dell’opera di Alfonso El Sabio risiede nel fatto che egli sia riuscito
periodo alfonsino.
a rispecchiare perfettamente l’immagine di quella che era la situazione culturale spagnola: una
compresenza di elementi cristiani, arabi ed ebrei.
È proprio in questo ambito che nasce la PROSA CASTIGLIANA: la prima opera di prosa scritta in
castigliano è la Fazienda de Ultra mar (XII sec.), scritta sotto il regno di Fernando III, che si
presenta come una sorta di guida per il pellegrino che va in Terra Santa. Un altro filone narrativo è
rappresentato invece da Calila e Digna, che risale ad un testo indiano antico che arriva in Europa
attraverso traduzioni in medio persiano, arabo e infine in latino. È una favola animalesca con
intento didattico e morale, in cui due dei molti personaggi sono due linci, Calila e Digna, che danno
appunto nome al libro.
→ complesso di circa 2500 leggi raccolte in 7 parti, da cui l’opera prende il titolo:
Siete Partidas la
dottrina cristiana e il diritto canonico, i sovrani e la legislatura delle università, le procedure
giudiziarie, il matrimonio/famiglia/rapporti sociali, il commercio, testamenti ed eredità, il diritto
penale. Sono il risultato di un lavoro che era cominciato sotto Fernando III e che verrà completato
l’opera è propriamente legislativa, anzi, essa è più che altro
ufficialmente nel 1265. Solo in parte
un grande inventario del reale, poiché raccoglieva spiegazioni, disposizioni, riflessioni e citazioni.
Sappiamo inoltre che le Partidas saranno promulgate solo da Alfonso XI nel 1348, in un testo
riveduto e infine emendato.
Il Trecento
Oltre alle opere di Juan Ruiz Arcipreste de Hita e Pedro de Ayala, che continueranno la tradizione
del mester de clerecìa, questo secolo vede soprattutto la nascita di un nuovo grande genere
narrativo in prosa: il ROMANZO CAVALLERESCO. Una figura chiave nella comparsa della prosa
castigliana è Juan Manuel, nipote di Alfonso X, che scriverà la prima opera di rilevanza letteraria.
Nel frattempo, la poesia epica spagnola attraversa un periodo di decadenza, soprattutto perché la
Reconquista è finita e il popolo non è più attratto da racconti sulle imprese di eroici guerrieri. È
degna di nota, però, un’altra opera sul Cid chiamata Las Mocedades de Rodrigo (La Gioventù di
Rodrigo), dove si narrano le avventure fantastiche della gioventù dell’eroe castigliano e il cantare
Infantes de Salas, che narra la tragica discordia tra la famiglia di Gonzalo Gustioz, padre dei sette
infanti, e del cognato Ruy Velàsquez, che li fece uccidere tutti.
LA PROSA CASTIGLIANA DEL XIV SECOLO: GRAN CONQUISTA DE ULTRAMAR E
CAVALLERO ZIFAR
La prosa castigliana comincia con due grandi opere che inaugurano la nascita del ROMANZO
CAVALLERESCO: la più antica sembra essere la Gran Conquista de Ultramar, scritta
probabilmente alla fine del XIII sec. e si presenta come una grossa raccolta di materiale di
provenienza francese. Il nucleo narrativo ruota intorno alla storia delle crociate di Guglielmo di Tiro,
d’Antioche,
unita a trascrizioni delle chanson de geste del ciclo delle crociate (Chanson Conquête
de Jérusalem, Chétifs, ecc). Vi è narrata inoltre la biografia di Goffredo di Buglione e la storia del
Cavaliere del Cigno, anch’essa di epica francese. Il Libro del Cavallero Zifar, scritto
probabilmente da un chierico toledano, rappresenta invece il PRIMO ROMANZO ORIGINALE. La
sua struttura si può dividere in tre parti narrative:
le peripezie di Zifar, di sua moglie e dei suoi due figli, l’esilio, la separazione e la loro
- riunione dopo che Zifar diventa re di Menton;
il figlio cadetto Roboàn vuole guadagnarsi l’onore, e in questa sezione troviamo gli
- ammaestramenti che gli dà il padre;
- Roboàn parte e dopo varie avventure cavalleresche diventa imperatore di Tigrida.
Le 3 sezioni di questo romanzo corrispondono rispettivamente alla tradizione dei romanzi come
quello di Apolonio nella prima parte (per essere governata dal caso), la tradizione didattica nella
seconda parte e il romanzo cavalleresco vero e proprio nella terza.
→ JUAN MANUEL: OPERE, TEMI E TECNICHE NARRATIVE
Don Juan Manuel (1282-1348), principe castigliano, è considerato il prosatore di spicco del XIV
secolo. Le parentele importanti (il nonno è Fernando III e lo zio è Alfonso X) gli aprono la strada a
una formazione culturale molto ricca. È ricordato anche per aver introdotto il concetto di autore
come proprietario intellettuale dell’opera: aveva depositato i suoi testi in un luogo sicuro, dove
potevano essere copiati e tramandati, il monastero di Pañafiel, da lui stesso fondato. Purtroppo,
invece, tutte queste opere sono andate perdute e conosciamo soltanto: la Cronica Abreviada (un
riassunto della Crònica General de España scritta da Afonso X), il Libro de la Caza, il Libro del
Caballero y del Escudero, il Libro del los Estados, il Libro de los castigos o consejos, detto anche
“libro infinito”, e il famosissimo Libro de los enxemplos del Conde Lucanor e de Patronio,
→ scritto nel 1335 e pubblicato nel 1575
conosciuto più semplicemente come El Conde Lucanor
con questo titolo, è una collezione di 50 exempla con le rispettive direttive morali. In ogni racconto
il Conte Lucanor chiede al suo fedele consigliere Patronio dei suggerimenti su come vivere e
governare; Patronio gli risponde sempre con una favola, con racconto che allude al problema e da
questo il Conte ne deve trarre una morale. In questo è evidente l’influenza dei racconti orientali e
delle favolo di Esopo e Fedro.
L’opera è rivolta alla nobiltà dell’epoca (di cui Juan Manuel fa parte): l’interesse dell’autore non è
teorico ma pratico, ovvero l’applicazione di virtù quali: l’astuzia, la prudenza, ecc.
→ JUAN RUIZ, ARCIPRETE DE HITA: IL LIBRO DE BUEN AMOR (STORIA, FONTI, FORME,
METRICA, STILE)
“El Arcipreste de Hita” è nato nel 1284 e morto nel 1350, ma quel poco che
Juan Ruiz, detto l’unica
sappiamo della sua vita lo desumiamo dalla sua opera, che conosciamo, scritta tra il 1330 e
il 1343: si tratta del Libro de Buen Amor, uno degli ultimi esempi del mester de clerecìa.
Nell’opera infatti si notano le innovazioni del genere, sia tematiche che formali: l’abbandono della
cuaderna vìa in favore di versi più irregolari e la scelta di trattare temi profani, come le relazioni
religiose. L’autore apre infatti la sua opera con
amorose, senza però abbandonare le tematiche
1
questa copla :
LAS DEL BUEN AMOR SON RAZONES ENCUBIERTAS
TRABAJA DO FALLARES LA SUS SEÑALES CIERTAS
SI LA RAZÒN ENTIENDES O EN EL SESSO ACIERTAS
NON DIRÀS MAL DEL LIBRO QUE AHORA REFIERTAS.
(Quelle del Buen Amor sono ragioni nascoste
sforzati di trovare i suoi segnali sicuri
se intendi le parole o se indovini il senso
non parlerai male del libro che adesso critichi).
Si presenta dunque come un’opera ambigua, dal messaggio occulto, che va interpretato. Dal punto
di vista stilistico, è composta da più di 7000 versi carichi di forte simbolismo, preceduti da un
1 Strofa.
PROLOGO IN PROSA e formato da una parte narrativa in versi alessandrini e parti formate da
liriche in metro assai vario.
L’autore osserva che tutti gli uomini sono trascinati dall’amore, così come lo è stato lui che, dopo
alcuni fallimenti, si è rivolto ad Amore in persona, ricevendo il consiglio di rivolgersi a
un’intermediaria: Trotaconventos. Grazie alla donna, egli riesce a conquistare l’unica donna che
ama davvero, Doña Endrina. Giunta la Quaresima, ha luogo uno scontro allegorico tra don
Carnevale e donna Quaresima, in cui il primo ne esce vincitore insieme ad Amore. Proseguono
così le avventure amorose del poeta. L’opera si chiude con delle liriche che richiamano quelle
iniziali, mariane e profane, più una cantiga dei chierici di Talavera.
La narrazione delle avventure amorose del poeta (in tutto sono 13, di cui solo una si conclude con
successo, quella con Doña Endrina) è interrotta da parentesi didattiche, favole, divagazioni, e dalle
Dobbiamo presupporre che l’io del poeta non sia autobiografico ma sia un io
poesie liriche.
generico, che incarna tutta l’umanità. L’autore ci avvisa egli stesso a un certo punto dell’opera:
ENTIENDE BIEN LA ESTORIA DE LA FIJA DE ENDRINO:
DÌXELA POR DAR ENSIENPLO NON PORQUE A MÌ VINO.
(Stai attento alla storia della figlia di Endrino;
l’ho narrata come esempio, non perché sia capitata a me).
La storia redazionale del libro è incerta: i tre manoscritti che ci rimangono sono incompleti, ma ci
fanno presupporre che siano state redatte due diverse stesure dell’opera, una nel 1330 e una nel
1343.
→ PIERO LÒPEZ DE AYALA: RIMADO DE PALACIO
Nasce nel 1332 nella provinci