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QUADRO STORICO
Il III sec. d.C., sotto l’impero di Diocleziano, vede l’ufficializzazione della separazione tra Occidente
latino e Oriente greco.
il V sec. in Occidente iniziano le invasioni barbariche e la fondazioni di regni germanici, che solo
inizialmente sono dipendenti dall’autorità imperiale. Questa crisi politico-istituzionale genera una
serie di conseguenze anche sul piano culturale e linguistico:
• Viene a mancare un’unità di centro e una gran parte della popolazione abbandona la città.
• Le invasioni e le guerre causano gravi danni all’istruzione e ai patrimoni librari.
• Appaiono nuovi diritti fondati sulle tradizioni etniche delle nuove popolazioni.
• Divisione del dominio franco nell’età precarolingia e carolingia.
• Sconvolgimenti nella Penisola Iberica dopo l’invasione arabo- berbera del 711 e
ridefinizione dei regni cristiani.
• Italia suddivisa al Nord dal Regno Longobardo, nel centro da una Longobardia minor e dai
Bizantini, il Papa e gli Arabi in Sicilia.
Il Regno di Francia si forma a seguito del collasso dell’unità imperiale voluta da Carlo Magno, a
causa della debolezza delle istituzioni centrali. Si affermano così grandi principati: Angiò,
Normandia, Champagne, Borgogna… Al Sud vi sono grandi signorie e prevale la media e piccola
feudalità. La conquista dell’Inghilterra nel 1066 per mano di Guglielmo il Conquistatore, si vede
soppiantare dall’azione di Filippo Augusto, re di Francia, che porta con sé la cultura e la lingua
francese, alla base di alcune fra le più importanti menzioni letterarie come Artù, il Ciclo dei
Cavalieri, il santo Graal, Tristano e Isotta.
Dopo l’invasione araba del 711 vede consolidarsi la presenza cristiana in veri e propri Stati, fino
all’XI sec. che vede partire il secolo della Reconquista a danno del califfato musulmano e al XIII
sec. che vede definitivamente crollare la potenza araba sotto la spinta della Castiglia e della
Catalogna-Aragona.
L’Italia vede avviarsi il sistema comunale.
FRA TARDA ANTICHITà E MEDIOEVO: FATTORI D CONTINUITà E DI CAMBIAMENTO.
Il V e VI sec. vedono il primo momento della crisi della latinità come insieme culturale e sistema
linguistico unitario. Il passaggio da Età antica a quella di mezzo è un processo lungo e costante nel
tempo, che si attua anche in maniera problematica, soprattutto riguardo il credo religioso degli
invasori, cristiano ma ariano, che non prevede cioè la natura divina di Cristo.
Il riconoscimento della sede papale portò con se non solo il mantenimento di una centralità
romana, ma soprattutto un’idea di centro, che con le invasioni si era perso.
Sopravvivono le scuole, le strutture amministrative e il Cristianesimo, con a fondamento il testo
sacro della Bibbia. La Bibbia è uno dei testi più tradotti e in Occidente circola in latino e altre
versioni, come la Vulgata di San Gerolamo. Essendo soprattutto un testo scritto, esso va letto e
compreso innanzitutto a livello letterale, ma è anche un testo che necessita d’interpretazione e
richiede un apparato di commento a più livelli. L’esegesi cristiana si sviluppa grazie all’opera dei
Padri della Chiesa e produce una letteratura amplissima e in Occidente in latino. Tra i più
importanti primeggia S. Agostino non solo per i suoi scritti dottrinari ma anche per la sua funzione
di promotore di un’opera di mediazione tra cultura pagana e cristiana. S. Agostino converte l’antico
sistema d’istruzione fondato sulle Arti liberali ( tecniche del sapere), finalizzato alla formazione del
cittadino, in chiave cristiana, per la formazione del sacerdote. Questo modello d’istruzione sarà poi
quello applicato nel medioevo del trivium ( grammatica, retorica, dialettica) e del quadrivium
( geometria, aritmetica, musica, astronomia) e ha come fondamento il latino, lingua di cultura.
Paragona questo cambiamento alla fuga degli ebrei dall’Egitto che portarono con sé solo le
ricchezze che potevano trasportare. La stessa operazione deve avvenire dal paganesimo al
cristianesimo, traghettando tutto ciò sia compatibile con l’insegnamento di Cristo. Questo però
mette a repentaglio la sopravvivenza di alcuni testi letterari antichi non precisamente compatibili
col cristianesimo, salvati solo perché commentati o divenuti estratti. Due esempi sono il De rerum
natura di Lucrezio, trattato filosofico- scientifico di matrice epicurea, smarrito e recuperato in età
umanistica e il De republica di Cicerone, smembrato e conservato a Bobbio nel VII sec riutilizzato
per scrivere il commento di S. Agostino ai Salmi.
Quest’epoca segue il passaggio dal libro antico (rotoli) a quello moderno ( fogli uniti rilegati in
fascicoli) e allo stesso tempo condanna la letteratura antica che non venne tramandata poiché il
libro moderno aveva un costo più altro dell’altro. Chi assolse il compito di tramandare la cultura, fu
il monastero, al cui interno vigeva la regola dello studio e della trascrizione dei codici, patrimonio
letterario del mondo latino.
Se si vuole fare un paragone con la lingua araba usata nel Corano, si nota che questa non ha
niente a che fare con i dialetti, che vengono trasmessi solo oralmente e diventa punto di
riferimento, lingua alta da utilizzare nella letteratura. L’unicità di lingua letteraria fu possibile perché
la comunità araba era piccola e coesa abbastanza da farla propria solo per la funzione letteraria.
La Bibbia non sta allo stesso livello del Corano, poiché deve assecondare una società più evoluta
e complessa, quindi con un linguaggio a più livelli e registri stilistici. La formulazione di lingua
romana rustica per il volgare sottolinea la continuità romana nella riconosciuta diversità idiomatica.
LA DIMENSIONE LINGUISTICA NELL’EREDITà CULTURALE LATINA CLASSICA E CRISTIANA.
1. La pratica di comunicazione scritta e orale in latino appartiene a tutta la cristianità
occidentale: Isole britanniche, Irlanda, Gran Bretagna, Scozia, Germania, Scandinavia,
Europa Centrale fino alla cristianità orientale, greca.
Trasmessa come lingua del cristianesimo il latino rimane lingua di cultura fino alla Riforma
(XVI sec).
2. Modalità di scrittura: maiuscolo (latina), minuscolo (minuscola carolingia), corsivo
(stilizzazione dei centri umanistici italiani XV – XVI sec).
In epoca tardo-antica incomincia a notarsi la discesa della lingua latina come modello
linguistico unificante in senso verticale (gerarchico). Questo probabilmente perché
l’oligarchia germanica non parlava latino e era poco differenziata verticalmente dal punto di
vista culturale. Il Cristianesimo inoltre aveva un ideale diverso da quello antico: uguaglianza
tra gli individui e ideale di humilitas.
Un sintomo della crisi culturale è il rovesciamento dei valori associati all’urbanitas e al
rusticitas; urbanitas da sempre simbolo di raffinatezza ed educazione, fondato su una città
come Roma, luogo d’affermazione delle classi egemoni. Il riconoscimento delle lingue
volgari avviene quando c’è l’accettazione della risticitas linguistica.
LETTERATURA.
Vi sono alcune trasformazioni di generi. La poesia latina continua nell’innologia e nell’epica
d’ispirazione biblica. La prosa va dai generi storici, trattatistica all’esegesi biblica e all’enciclopedia.
Parlare di letteratura cristiana vuol dire cancellare il genere profano: la poesia satirica o erotica. Si
preferiscono i racconti o le poesie sulle vite dei santi (agiografia) usate soprattutto per
l’immediatezza verso i fedeli in stile basso (sermo humilis).
Historia Francorum di San Gregorio Magno, opera di commistione tra vivacità ed espressione
narrativa e liceità grammaticale.
LE LINGUE ROMANZE: CRONOLOGIA, IPOTESI E MODELLI
Il passaggio dal latino ai volgare può ritenersi compiuto quando non si riscontra più una distinzione
di livelli, ma di sistemi, da descrivere allora in chiave di diglossia. La distinzione può avvenire
secondo 3 tappe:
1. Nascita di una nuova oralità, evento che si verifica quando la struttura della lingua parlata
cessa di essere latina e diventa volgare.
2. Presa di coscienza della metamorfosi.
3. Nuova forma di scrittura.
Quasi sicuramente la seconda e terza tappa sono databili intorno al IX sec, quantomeno in Gallia,
mentre il primo momento da alcuni viene anticipato all’età tardo antica, i latinisti tendono a
posticiparla ancora.
QUATTRO MODELLI IPOTETICI.
Entrambi hanno in comune il fatto che la lingua parlata è raffigurata graficamente attraverso linee
continue, ribadendo l’impossibilità di stabilire un punto di confine netto all’intero dell’evoluzione
linguistica.
Schema 1: Arrigo Castellani. È l’unico a cercare di dare conto del duplice fenomeno di
differenziazione dal latino e di differenziazione reciproca che caratterizza le origini delle lingue
romanze. È articolato su due tavole. Nella seconda vi è la differenziazione territoriale del latino in
epoca imperiale e di divergenza tra le varie parlate romanze che vanno acquisendo indipendenza.
Quali eventi notevoli viene ricordato l’Editto di Caracalla, che estese la cittadinanza romana a tutti i
cittadini liberi dell’impero, la riorganizzazione dell’impero da parte di Diocleziano ed infine le
invasioni germaniche.
Nella prima tavola è schematizzata la transizione tra il latino e ogni lingua volgare. Il latino scritto è
un punto di riferimento costante nella prima linea in alto; l’evoluzione è individuata solo nella parte
del parlato, che prevede una differenziazione interna a livello diastratico, raffigurata attraverso le
due linee che delimitano l’alto e il basso. Secondo Castellani, la definizione di parlate romanze può
essere data solo intorno al V sec, alla fine dell’impero e in consequenzialità delle invasioni
germaniche.
Gli altri tre schemi non considerano la variazione diatopica e analizzano il solo aspetto di
distinzione dal latino all’interno di una sola regione ipotetica, l’area gallo-romanza.
Schema 2: Robert Pulgram. È simile alla prima tavola del Castellani tranne per: non illustra
l’articolazione interna al latino parlato e ne semplifica drasticamente la visualizzazione supponendo
l’esistenza di una norma orale alta del latino; cerca di dare conto a un’evoluzione scritta del latino
attraverso una linea spezzata inclinata con due punti critici, III sec e 800 età carolingia, in cui la
Riforma carolingia vuole promuovere una ripresa della scrittura latina a livello stilistico; segnala la
Riforma carolingia come l’inizio della tradizione scritta delle lingue romanze.
L’ap