vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
L'essenza del rito consiste nell'atto di credere ai suoi effetti mediante pratiche di simbolizzazione.
Mary Douglas ha sviluppato il lavoro di Mauss, e si è concentrata soprattutto al tema della contaminazione.
L'uomo è un animale rituale, oltre che sociale. I rituali spesso non sono solo la cornice e il mezzo di un rapporto o
di un'interazione, ma contribuiscono a definirne l'essenza e, spesso, li rendono possibili (immaginate un'amicizia
senza condoglianze, congratulazioni, ecc?).
Mary Douglas amplia quindi il campo del rituale integrandovi azioni e gesti simbolici quotidiani.
1.3 Di società in società
Il rito è un insieme di atti formalizzati, configurati nel tempo e nello spazio, e può far ricorso a particolari oggetti,
linguaggi, segni. Il rito produce senso: da senso all'incomprensibile. La condotta è basata su un'adesione mentale
condivisa verso una trascendenza. L'efficacia non è basata su una logica puramente empirica di causaeffetto. Il
rito è anche un collante tra le generazioni, un'eredità che caratterizza un umano culturalmente connotato.
Il bicchiere della comunione non potrà mai essere di plastica solo ed esclusivamente per il fatto che non lo è mai
stato.
Nelle varie epoche il rituale cambia profondamente. E' errato pensare che oggi il rito si stia indebolendo. E' però
vero che negli anni 60' in Italia la ritualità ha vissuto una crisi simboleggiata dalla disaffezione nel matrmonio e
nei suoi simboli (l'abito bianco ecc), ma allo stesso tempo sono nate nuove forme di ritualità, come i movimenti
rocker tra i giovani.
Oggi la ritualità prende la forma dello sport, del lavoro (pensionamento e promozioni), della politica, e spesso i riti
contemporanei non sono legati ad una spazialità definita, ma si "liberano" anzi con tutta loro forza dalla
repressione abituale.
I rituali non sono più il centro della nostra società, come lo era nell'antichità, ma partecipano tuttavia al suo
funzionamento. Senza dubbio, l'evoluzione della conoscenza scientifica ha parzialmente spento la trascendenza
del rito, ma non per questo la ritualità è stata indebolita.
2. Il problema dei riti di passaggio
Van Gennep fu il primo a classificare i riti, invece che in relazione al sacro come Durkheim, in base alla tematica
del passaggio. In entrambi però sono riconoscibili entrambi i concetti.
2.1 Van Gennep, uno schema euristico di grande efficacia
Van Gennep analizza i riti di passaggio biologici e familiari: ospitalità, adozione, gravidanza, parto, nascita,
pubertà, ecc. Cosi come Durkheim usa il modello di riferimento di una religione primitiva, Van Gennep si riferisce a
un'etnografia esotica, scoprendo che moltissime manifestazioni rituali sono riconducibili allo stesso schema.
Van Gennep sottolinea l'importanza di analizzare un rito nella sua totalità, considerando tutti i passaggi che lo
compongono. La caratteristica ricorrente dei riti di passaggio è quella di riaffermare la società, rimessa in
discussione da ogni tappa del ciclo biologico umano. Dice VG: "un rito non ha senso in sè stesso, ma cambia in
funzione degli atti che lo precedono e lo seguono".
In un rito distinguiamo sempre tre stadi: separazione, margine, aggregazione. La durata del primo e il terzo
variano in base alla cosa celebrata. Nel funerale prevale la prima, nel matrimonio la terza, nel fidanzamento la
seconda.
2.2 Una lettura sbagliata
Gluckman è uno dei tanti che ha sostenuto, negli anni 70, che ritualità e complessità della società sono
inversamente proporzionali. Ciò sarebbe riconducibile alla minore coesione sociale, fondamento della ritualità. In
realtà la società ha ancora un forte simbolismo, anche se sicuramente meno collettivo e, in molti casi, non religioso.
Esempio efficace è il rito del volo aereo, con le divise dell'equipaggio, i messaggi vocali rituali, ecc. Ovviamente in
questo caso è presente una funzione utilitaria, che però non toglie assolutamente nulla al valore simbolico dell'atto.
2.3 Victor Turner e lo stadio di liminarità
Turner si è focalizzato invece i momenti di margine nei riti di passaggio in alcune etnie africane contemporanee.
Durante questi momenti, si instaura un'antistruttura che sovverte le gerarchie. Egli rinomina le tre fasi del rito
preliminari, liminari e postliminari (limen=soglia). È sulla liminarità, sul limbo, che egli si concentra. È in questa
fase che la persona è "sia viva che morta" e deve affrontare delle prove che gli permettono di entrare in un nuovo
status. Questa fase, oggi, è quasi scomparsa.
2.4 Pierre Bourdieu e i riti di istituzione
Bourdieu analizza i riti più nella loro forza di esclusione: non da chi non fa parte del rito, ma da chi non ne farà
mai parte: non il circonciso dal non circonciso, ma dalla fanciulla. Si evidenzia cosi, di conseguenza, il potere delle
autorità che instaurano i riti. Il rito, in quest'ottica, sanziona e rafforza la differenza tra due gruppi. Il
matrimonio esclude i non battezzati. Una frase rappresentativa di questo concetto è "diventa ciò che sei". Quindi i
riti conferiscono consapevolezza di alcune qualità, creando alterità. Tutto ciò è però reso possibile grazie a un
potere che mantiene la separazione tra i gruppi. È questa l'intuizione di Bourdieu. Per questo molti riti sono
definiti da Bourdieu riti di istituzione, e prevedono personaggi che istituiscono e personaggi che vengono istituiti.
2.3 Dalla culla alla tomba
Molto antichi sono i riti di passaggio del battesimo, del matrimonio e del funerale, che esprimono simbolicamente
un passaggio, in antichità (il funerale, ovviamente, ancora oggi), decisamente concreto: in corrispondenza del
matrimonio, per esempio, i due giovani accedevano allo status di adulti sessualmente attivi, cambiavano dimora e
univano le due famiglie. In questi casi, inoltre, la cerimonia religiosa ha integrato un sistema rituale preesistente.
Ma cosa resta oggi dei riti di passaggio?
Prima di tutto, ora non sono cosi' profondamente collettivi, e ciò è sicuramente dipeso dalla trasformazione in
senso più individualista della società. Si aggiungono però nuovi riti, come la celebrazione dei primissimi
compleanni dei bimbi (rito di stampo borghese ottocentesco), mentre va scomparendo l'onomastico, anche sotto la
pressione della cultura globalizzata, in particolare nordamericana. Il matrimonio non è oggi un vero passaggio, ma
è solo la manifestazione pubblica di un passaggio già deciso dai partner. L'attenuazione della credenza nell'aldilà
ha fortemente mitigato la componente rituale del funerale, che è oggi, più semplicemente, un momento di ricordo
collettivo.
Il rito di iniziazione, che nel mondo tribale consiste in prove fisiche anche molto dolorose, permette ai novizi di
costituire una communitas (come la definisce Turner) fortemente coesa, superando una prova di "morte" e
rinascendo adulto. Oltretutto, oggi il passaggio all'età adulta non è più riconducibile ad un età precisa come in
passato.
3. Uomini, sport, riti
Oggi molte attività nonlavorative, oltre al loro aspetto utilitaristico, costituiscono dei veri e propri rituali. Caccia,
calcio, maratone, ecc, spezzano la routine, agevolano l'aggregazione, condensano l'emotività.
3.1 La caccia, dal sociale al simbolico
La caccia popolare è sempre stata legata al concetto di onore, mentre la caccia borghese alla simbolizzazione della
potenza sociale, affermando il proprio predominio su un territorio: base dell'attività, infatti, è il rapporto di
subordinazione degli ausiliari al cacciatore, che sfrutta anche il momento venatorio per stringere amicizie con altri
borghesi. Stessa dimensione sociale, ma in forma diversa, la caccia popolare, che ha sempre avuto una funzione di
aggregazione.
La caccia è un rito di passaggio: separazione dalla comunità (include anche un abbigliamento simbolico), tempo di
margine (inseguimento selvaggina), aggregazione (pasto collettivo). Spesso durante i pasti, consumati in luoghi di
fortuna e consumati senza la minima educazione, si hanno conversazioni volgari, spesso su temi erotici. Ciò
contribuisce a definire il microcosmo sociale che la caccia istituisce.
Simile sotto molti aspetti è il rito della corrida, che assume caratteristiche diverse in base alla regione, ma che è
altrettanto simbolica, arrivando anche a scandire il calendario di alcune popolazioni.
3.2 Il calcio e il tifo
Il grande successo del gioco del calcio è spiegabile con il potere di simbolizzazione di questo sport delle
caratteristiche principali della società industriale: divisione dei compiti e parità teorica delle opportunità. Il calcio
è uno sport che non richiede caratteristiche fisiche innate (se non nelle serie più importanti) e permette cosi larga
diffusione e identificazione.
La squadra di calcio è un simbolo molto plastico su cui gli individui proiettano i propri sogni di organizzare una
vita collettiva. È una guerra ritualizzata (la donna è infatti assente), un'anti struttura tollerata dai poteri
pubblici (traffico, tafferugli ecc) che funge anche da sfogo sociale. I punti in comune col rito religioso sono molti:
un linguaggio particolare, i feticci con i propri simboli, la coppa da cui si beve vino per festeggiare...
Anche l'attività della corsa porta con sè una ricchezza di rituali. La catarsi insita nella volontà di superare i propri
limiti, che porta il corridore a sentirsi parte di un gruppo che, temporaneamente, non sembra avere differenze
sociali, razziali, ecc.
Il momento della corsa ci autorizza anche automaticamente a vestirci in modo particolare, anche se si corre
all'interno di contesti urbani.
3.3 La maratona
La maratona ha un forte carattere iniziatico; i corridori riconquistano lo spazio urbano, la folla incita i
gareggianti che manifestano liberamente degli eccessi normalmente nascosti. La consapevolezza di partecipare ad
una forte emozione collettiva permette di sentirsi a proprio agio sputando, urinando in pubblico o mostrandosi
mezzi nudi.
Soprattutto la maratona di NY è ricca di simboli e rituali: fuochi d'artificio, magliette personalizzate, getti
d'acqua, palloncini, ecc. Ogni partecipante è festeggiato come un vincitore, e ognuno vuole essere immortalato per
avere una fotografia ricordo.
3.4 Altri riti
Alcuni sport, soprattutto i più recenti e i più tecnici (tennis, sci) non hanno una carica rituale, non avendo
tradizione nè un particolare bagaglio culturale. Un altro parametro della ritualità è lo spazio