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La democratizzazione, tendenza più recente nella selezione dei candidati

La democratizzazione del processo di selezione dei candidati implica un allargamento della partecipazione, ovvero che il nuovo selettorato sia più inclusivo del precedente. Adottare requisiti più inclusivi per le candidature, decentrare la selezione o scegliere un sistema di voto potrebbero sembrare elementi di maggior democrazia, ma in realtà non lo sono. Adottare requisiti più inclusivi non vuol dire che cambi anche il grado di influenza di un selettorato che ha il pieno controllo sull'esito finale del processo, non avendo pertanto alcun effetto democratizzante. Il decentramento può comportare un passaggio del controllo della selezione dei candidati dalla oligarchia (governo di pochi) nazionale a una oligarchia locale. Per esempio se la selezione passa dal congresso nazionale del partito, con migliaia di partecipanti, a una dozzina di comitati locali, il

selettorato non diventa più inclusivo, al contrario diventa esclusivo. Finchè il selettorato rimane esclusivo come prima, questo non può essere visto come una vera e propria democratizzazione del processo di selezione dei candidati. L'inclusività è la variabile su cui interviene per democratizzare il metodo di selezione dei candidati - principalmente del selettorato - ma anche delle candidature. Quindi se il selettorato è reso più inclusivo ma le candidature non lo sono, ovvero se la leadership del partito sceglie una lista con un numero di candidati corrispondenti alla quantità di seggi "sicuri", il selettorato allargato sarà soltanto in grado di dare un ordine di lista dei candidati, piuttosto che sceglierli. Sartori assimila la democratizzazione alla massificazione della politica, perché le masse escluse fino a quel momento sono autorizzate ad entrare nel processo. In un certo numero di democrazie

i partiti hanno democratizzato i propri metodi di selezione dei candidati. Questo fenomeno è avvenuto nel periodo postbellico in Austria, Gran Bretagna, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Israele e Nuova Zelanda. Le conseguenze della democratizzazione del processo di selezione dei candidati:
  1. due approcci contrastanti.
È importante evidenziare le conseguenze per i partiti politici, i parlamentari e la stabilità dei governi, dato che la democratizzazione dei metodi di selezione dei candidati rappresenta una tendenza reale. In primo luogo la democratizzazione è considerata come un sintomo dell'implosione dei partiti politici. In secondo luogo si ritiene che la democratizzazione faccia parte di una ben precisa strategia dei leader di un dato partito. Se le liste di partito invece di essere messe a punto dagli organi di partito sono affidate a un organismo di selezione più inclusivo, come gli iscritti di un partito - se i candidatipossono aggirare i leader e l'organizzazione – il partito ne risulterà indebolito e la sua capacità di aggregare interessi e presentare un'immagine ideologicamente coerente ne risulterà menomata. Gallagher sostiene che: "dato che le nomine sono controllate centralmente, ci aspettiamo che i deputati seguano fedelmente la linea del partito in parlamento, dato che slealtà implica deselezione. Se invece i deputati non dipendono da organi di partito per la rielezione, ci si può aspettare un basso livello di disciplina partitica in parlamento. Se il partito non agisce da filtro, i candidati stessi possono diventare gli attori cruciali del processo, attraverso il sostegno diretto dei sostenitori. L'intera procedura di selezione risulterebbe allora controllata dai candidati invece che dai partiti. Quindi vi sarebbe un indebolimento della disciplina e della coesione partitica, e quindi della capacità dei partiti di fungere da base.stabile dei processi politici e di operare efficacemente nell'arena parlamentare. Questo causerebbe un caos partitico e con la conseguente sconfitta elettorale del partito. I candidati scelti da un selettorato inclusivo indirizzano la propria lealtà verso coloro che li hanno selezionati, invece che solo verso il partito. La democratizzazione della selezione dei candidati quindi produce una doppia fonte di legittimazione del selettorato. La prima ha una natura esclusiva e organizzativa, la seconda è inclusiva e popolare. In sostanza i ristretti interessi personali e di categoria di un candidato scelto da un selettorato più inclusivo possono sopravanzare gli interessi più generali del partito, che gli eletti dovrebbero rappresentare. Pertanto, un parlamento composto da partiti che hanno apertamente democratizzato i loro sistemi di selezione dei candidati potrebbe non essere in grado coadiuvare gli interessi partitici, dando luogo a un instabile equilibrio politico.

Processo legislativo frammentato, in cui ciascun eletto cercherà di soddisfare interessi vari, divergenti e spesso in conflitto tra loro. Democratizzare la selezione dei candidati può avere ulteriori conseguenze, tra loro collegate: aumentare ancora di più il potere dei candidati uscenti, riducendo la competitività; diminuire la rappresentatività delle liste, come quella delle donne. Per esercitare una funzione di controllo sui processi di selezione dai candidati, dopo la democratizzazione partitica, bisogna far sì che i partiti mantengano o riaffermino il proprio controllo su alcune fasi del processo di selezione. Se il partito può filtrare le candidature prima che i elettori più inclusivi hanno votato per i futuri candidati, il partito può mantenere il controllo del proprio destino organizzativo. Solo se la democratizzazione del processo di selezione è incontrollata, essa può rappresentare un vero e proprio pericolo.

Per la stabilità dei partiti e delle coalizioni parlamentari in generale. Un altro approccio alle conseguenze della democratizzazione si basa sul modello ancora embrionale del cartel party. Il modello del cartel party suggerisce che una possibile strategia utilizzata dai leader per ottenere questa indispensabile autonomia sia quella di dare più potere agli iscritti ordinari. Un aumento di potere nominale da parte della base del partito si tradurrà in una perdita di potere degli attivisti, sono quelli che potrebbero coordinare una sfida efficace all'autonomia dei leader. Questa strategia andrà ad aumentare il potere dei leader. In questo modo il potere invece di spostarsi verso un'unica direzione, cresce simultaneamente sia alla base che al vertice del partito, a scapito dell'area centrale. Per capire questa strategia dei leader bisogna fare due distinzioni: innanzitutto, tra attivisti e iscritti; in secondo luogo, tra i leader dei cartel party.

partititradizionali e i leader di A differenza degli iscritti, è più facile che gli attivisti siano motivati dall'ideologia e da una solidarietà di tipo ideologico. Proprio per il loro attivismo, questi iscritti più motivati in senso ideologico sono più influenti nel partito e possono imporre dei vincoli alla leadership che detiene cariche pubbliche impedendo loro di perseguire una strategia di compromesso con altri partiti. Il modello del cartel party descrive un tipo di partito i cui leader sono politici di professione: essi vivono di politica. La leadership nell'epoca del cartel party ha bisogno di capacità e competenze, ottenibili solo attraverso l'esperienza. Dal momento che i leader del cartel party guardano ai problemi del governo in termini manageriali invece che ideologici, essi desiderano essere autonomi, e soprattutto da coloro che sono motivati ideologicamente. Di conseguenza i leader hanno due strategie adisposizione per limitare l'impatto degli attivisti. La prima consiste nel depotenziare la base del partito. Per quanto riguarda la selezione dei candidati, ad esempio, ciò implica un accentramento del controllo. Questa strategia potrebbe costare elettoralmente, essere illegale in certi paesi, e alienare non solo gli attivisti motivati ideologicamente, ma anche gli iscritti ordinari. La seconda strategia consiste invece nel decapitare la base del partito, negando agli attivisti motivati ideologicamente l'opportunità di organizzare e rappresentare gli iscritti. Un esempio di questa strategia consiste nell'apertura a tutti gli iscritti del processo decisionale, anche quello relativo alla selezione dei candidati. L'aspetto più significativo di questa strategia è che, nonostante essa conduca a un selettorato più inclusivo, la democratizzazione del processo di selezione dei candidati comporta un incremento di potere illusorio da parte della

La selezione della leadership.

6. L'incentrarsi della politica sul singolo candidato fa sì che i partiti si identificano sempre di più nei propri leader, assumendo un maggior peso elettorale anche in sistemi parlamentari. Quando si deve selezionare un leader di un partito bisognerebbe aspettarsi una candidatura più esclusiva, per diverse ragioni. Uno perché i partiti dovrebbero essere guidati da qualcuno che ha dimostrato propria lealtà e proprie capacità. Secondo, perché coloro che possono influenzare le regole del partito, gli aspiranti leader e i loro seguaci, debbano tentare di ridurre la competitività della selezione. In terzo luogo perché i partiti cercherebbero di evitare una schiera di candidati irrilevanti. Il processo di selezione della leadership ha mostrato invece tendenze simili a quelle della selezione dei candidati. Mair sostiene che una maggior democratizzazione è evidente anche qui, non

sostegno pubblico, i partiti politici sono costretti a considerare una serie di fattori nella scelta dei loro candidati. Questi fattori includono non solo i requisiti formali per la candidatura, ma anche la composizione del selettorato. Data l'importanza che riveste la scelta di un candidato alla più alta carica del paese, i partiti elaborano processi di selezione della leadership più inclusivi al fine di ottenere gli obiettivi elettorali. Ad esempio, un partito che ha subito una seria sconfitta elettorale può tentare un processo di rinnovamento, un importante componente del quale può essere la democratizzazione del processo attraverso il quale sceglie i propri leader. Tuttavia, tale democratizzazione produce cambiamenti e significative conseguenze non solo per i singoli partiti, ma anche per il sistema partitico nel suo complesso. Differenti selettorati, in particolare i più inclusivi, sceglieranno tipi diversi di leader. Aprire la gara per la leadership partitica a un selettorato più inclusivo rende il partito più permeabile. Con la formazione e crescita della pressione e del sostegno pubblico, i partiti politici sono costretti a considerare una serie di fattori nella scelta dei loro candidati.

Movimento verso una maggiore democratizzazione della selezione della leadership, i partiti corrono il rischio di perdere il controllo sulla scelta dei propri leader.

Conclusioni.

Dettagli
Publisher
A.A. 2009-2010
37 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/12 Sociologia giuridica, della devianza e mutamento sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher DARIOGEMINI di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia dei fenomeni politici e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Catania o del prof Sampugnaro Rossana.