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Sociologia dei processi culturali e comunicativi – Tristezza del pensiero Pag. 1
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DIECI (POSSIBILI) RAGIONI DELLATRISTEZZA DEL PENSIERO

1. Il pensiero sembra privo di limiti; tuttavia ci sono domande che il pensiero si pone ma cui non è in grado di trovare risposta. Aporia: nel pensiero coesiste limitatezza e illimitatezza, un'illimitatezza perlomeno potenziale ed estensiva, ma una limitatezza intensiva. Da qui, "pesantezza dell'animo".

2. Non abbiamo controllo sul nostro stesso pensiero: esso è ondivago, e raramente si concentra su un unico obiettivo. Ciò, probabilmente, a salvaguardia delle nostre stesse facoltà mentali. Fatto che il più delle volte il nostro pensiero è ordinario e banale. Da qui, una "melanconia indistruttibile".

3. Pensare è ciò che vi è di più proprio e privato, ma nello stesso tempo è ciò che vi è di più comune: tutti si pensa; di più: tutti si pensa le stesse cose! Un pensiero autenticamente, letteralmente

originale è rarissimo. Da qui, la "tristezza connessa". 4. Nel pensiero è un'ulteriore antinomia: esso persegue una ricerca disinteressata della verità, ma opera sempre inevitabilmente una messa in prospettiva, un'effettiva relativizzazione. Il rapporto col linguaggio è inevitabile per il pensiero, ma è un rapporto da cui il pensiero è vincolato e limitato. Da qui, tristezza e tristezza. 5. Si spreca, il pensiero. E ciò che si pensa trapassa costantemente nell'oblio. Ma ogni tentativo di "razionalizzare" l'uso del pensiero, di "incanalarlo" per evitarne la dispersione si traduce in odioso totalitarismo. Da qui, la coscienza di un "fondamento oscuro". 6. Tra pensiero e azione vi è sempre incongruenza, fra l'aspettativa pensata e la sua realizzazione c'è sempre stacco. Tutte le nostre speranze vanno deluse. Da qui, tristezza e ancora tristezza. 7. Il pensiero cogliesì il mondo, ma in modo strutturalmente limitato e inadeguato. Il mondo non è "trasparente" al pensiero. Empiristi o idealisti, poco importa: tra pensiero e mondo c'è come una barriera, appena scalfita dalle metafore dei poeti. Da qui, il "velo di pesantezza dell'animo". 8. I nostri pensieri sono del tutto privati e impenetrabili: ci rendono estranei gli uni agli altri. Persino l'amore non riesce a svelare il pensiero dell'amato, che paradossalmente si manifesta con maggiore chiarezza nell'odio, nello scatto d'ira, o nel riso. Da qui, ancora, tristezza. 9. C'è pensiero e pensiero: c'è il "grande" pensiero, il pensiero "profondo", e il pensiero triviale, superficiale. Eppure è sempre pensiero. E come proteggere, come coltivare il grande pensiero, il pensiero che pochi sono in grado di esercitare, in una società e in una cultura di massa che pretenderebbe di giudicare.anche la capacità di pensare in termini "democratici"? No, il grandepensiero non si concilia con gli ideali di giustizia sociale e di equa distribuzione... Da qui, malinconia. 10. Il pensiero dell'essere, della morte e di Dio probabilmente ci definisce in quanto esseri umani: siamo uomini perché pensiamo intorno all'essere, alla morte e a Dio. Ma rispetto a Parmenide o a Platone non ci siamo avvicinati di un centimetro ad una soluzione incontrovertibile di questi enigmi. Non siamo più avanti di quanto già non fosse Sofocle, che nell'Antigone constatava
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Publisher
A.A. 2012-2013
2 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Sara F di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia dei processi culturali e comunicativi e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Messina o del prof Rossi Luigi.