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Stare insieme - Dalla carità cristiana alle pratiche comunitarie
Cap 4: Approccio al dono e ai suoi percorsi simbolici.
Premessa
Il rito moderno dei regali non è altro che il derivato di quella cultura del dono presente nelle società arcaiche. Il Saggio sul dono di Mauss è il punto di riferimento letterario più significativo.
Un tempo le relazioni tra gli uomini si realizzavano con modalità radicalmente diverse da quelle che regolano i rapporti nella società contemporanea, la quale fonda le relazioni sociali sugli scambi e sui contratti, e quindi sul mercato.
Nelle società primitive il dono svolgeva un ruolo fondamentale sia nelle relazioni interpersonali sia in quelle più complesse. Vigeva l'obbligo di donare, ricevere e ricambiare.
Il dono è uno scambio, nella forma personale dell'impegno a restituire. Ha la sua origine nella relazione interpersonale, si genera su basi etiche.
Quanto viene donato
ritorna sempre, anche se più tardi ed in forma diversa. La logica che presiede al dono in cambio di un altro dono è quella di non estinguere del tutto il debito. Resta volutamente qualcuno in debito con qualche altro, perché il dono ricevuto non è mai pari a quello fatto. La causa intrinseca dell'atto del donare è che il regalo non è disinteressato. Il regalo non è mai carità, è testimonianza della generosità del donatore, ma non pretende di essere gratuito e disinteressato. Caillé lo definisce "una forma di guerra attraverso la generosità". Se il dono non può essere restituito, la generosità del donatore si trasforma in potere sull'altro. C'è sempre connessione tra dono e potere. Il più generoso diventa capo, è destinato a dettare la sua volontà. Il dono è un'istituzione ambigua: un gesto propiziatorio, ma al tempo stesso gentile.è già tutto suo. Il dono diventa un atto di amore e di gratitudine verso Dio e verso gli altri. Il dono è un modo per condividere ciò che si ha con chi ne ha bisogno, senza aspettarsi nulla in cambio. Nella tradizione ebraico-cristiana, il dono è anche un modo per esprimere la propria fede e devozione verso Dio. Si dona per onorare Dio e per seguire il suo esempio di generosità e amore verso il prossimo. Il dono nella società moderna Nella società moderna, il dono ha assunto diverse forme e significati. Oltre al dono materiale, come regali e donazioni, si è diffuso il concetto di dono immateriale, come il tempo, l'attenzione e l'affetto. Il dono è diventato un modo per esprimere affetto, gratitudine, solidarietà e per creare legami sociali. Si dona per celebrare occasioni speciali, per ringraziare, per aiutare chi è in difficoltà o per contribuire al benessere della comunità. In conclusione, il dono è un gesto che va oltre il semplice scambio di beni materiali. È un modo per esprimere amore, gratitudine, fede e solidarietà. Il dono ha un potere magico, capace di creare legami, di scongiurare il potere dell'accumulo e di trasformare la società.non c'è nulla che l'uomo possa fare per risarcirlo. L'unica cosa che l'uomo può fare non è in direzione di Dio ma in direzione dell'altro uomo che gli sta accanto. Non risarcire Dio, perché ciò non è nelle possibilità dell'uomo, ma, nel nome di Dio, risarcire l'altro che ci sta accanto, il bisognoso, riservandogli quel rispetto che lo fa essere a lui pari in dignità di fronte a Dio. Qui, proprio qui, sta il colpo di genio del cristianesimo: grazie a questa genialità il Cristianesimo è la religione più avvincente. Le vie simboliche del dono Secondo Baudrillard il dono rappresenta una sfida: dietro l'apparente bontà d'animo e dietro l'innocenza del dono e del contro-dono, ciò che realmente si celebra è la potenza delle sfide simboliche. Quando facciamo o riceviamo un dono veniamo colti da inquietudine, per la semplice ragione che la cosadonata non è soltanto la cosa, ma è una cosa che trascina con sé lo spirito del soggetto donante. Ciò che conta è il pensiero: cos'è questo pensiero se non lo spirito del donante, la sua intima soggettività, che attraverso l'atto del donare, ci viene imposta e ci costringe a relazionare con lei? Idoni non sono innocenti perché dietro alla loro apparente semplicità essi infrangono la legge economica che regola la circolazione dei prodotti da acquistare o da vendere, per porre in relazione le soggettività che, attraverso il dono e il contro-dono, si combattono, appellandosi a qualcosa che non si può né vendere né acquistare, ma che si può accettare o rifiutare: l'amore. Anche l'amore non ha nulla di innocente: è il modo più intransigente con cui si esprime il proprio diritto e il proprio potere sull'altro. Il dono nell'era consumisticaIl testo formattato con tag html sarebbe il seguente:La modernità ha attenuato di molto la logica del dono, sostituendola con quella del mercato e dello Stato. I filosofi di matrice liberale hanno compreso la pericolosità del dono. Il dono ritorna non solo nel nucleo primario che è l’erede più prossima delle società arcaiche, ma compare anche laddove era stata sostituito: dall’economia alla politica è tutto un intreccio di doni e contro doni, con gli annessi rischi che ne derivano, le derive pericolose, le clientele, la corruzione.
Il dono contro-dono genera sempre dipendenza e sottomissione in chi lo riceve, il dono-reciprocità libera il destinatario dell’azione donativa e ne sublima l’atto.
La forza del dono come reciprocità non sta nell’oggetto donato né in quello ricevuto, ma nella speciale qualità umana che il dono rappresenta per il fatto di porsi come relazione.
Dopo Freud e l’intero arco della psicologia umanistica (Rogers, Maslow, ...)
Fromm) è ampiamente dimostrato che lo stato di benessere personale è legato non solo al soddisfacimento dei bisogni materiali e culturali, ma soprattutto a quello dei bisogni relazionali. Mentre le nostre economie avanzate sono macchine efficienti e sofisticate per soddisfare bisogni primari e voluttari, non altrettanto si può affermare per quanto attiene i bisogni relazionali.
Bisogna riconoscere la distinzione fondamentale tra il donarsi e il donare qualcosa. La capacità cristiana non risiede nel donare qualcosa. Si dona qualcosa perché ci si dona, ma si può donare anche se non si dona qualcosa. Per questo si ama l'altro, anche quando non ha bisogno di niente. La carità non finisce, è l'ultima cosa che resta, perché nella gloria resterà il puro amore, in cui io amo l'altro e lo posso amare con purezza proprio perché quello non ha bisogno di me. In questo amare con purezza, in questo amare
l'altro che non ha bisogno di me, si instaura il regno dell'autentica carità cristiana.1. Tutti abbiamo provato e proviamo paura. Un sentimento che non conosce limiti al di là delle differenze, la paura è un tratto essenziale della natura umana, dunque, appartiene alla sfera ontologica.
2. A sfogliare la storia del singolo e dell'intera umanità si può affermare: la paura è una componente dell'umano comportamento e a seguire i recenti studi in ambito neurobiologico (identificazione del gene della paura) anche della struttura cromosomica. Sfumature sono: angoscia, angustia, ansia, apprensione, batticuore, trepidazione, turbamento, sgomento, terrore. Se si entra nella sfera psicologica, il termine degli addetti è fobia.
Tra la fine dell'800 e gli inizi del '900, Gustave Le Bon ha individuato nella nozione di massa la causa dell'insorgenza della paura. In un Saggio del 1895 "Psicologia delle folle", scrive: "quali che
Siano gli individui che compongono la folla, per simili e diversi che possano essere nel modo di vita, le loro occupazioni, carattere e intelligenza, il solo fatto di essere trasformati in massa li dota di una sorta di anima collettiva in virtù della quale essi sentono, pensano e agiscono in modo del tutto diverso da quello in cui ciascuno di essi preso isolatamente sentirebbe o penserebbe o agirebbe. Nella massa, infatti, la personalità cosciente tende a svanire; predominio della personalità inconscia, orientamento per via di suggestione e di contagio, di sentimenti e di idee suggestive – tali sono i principali caratteri dell’individuo in massa.”
Come dire: l’individuo massificato cessa di essere individuum e si riduce a dividuum. Si dissolve in due o più facce al punto da perdere la propria indipendenza. L’indebolimento dell’Io e di qui l‘entrata nel tunnel dell’anomia comporta l’insorgenza di ogni forma di paura.
Freud, nel saggio del 1921, "Psicologia delle masse e analisi dell'Io", fa suo il concetto di irrazionalità di massa rispetto alla razionalità dell'individuo. Ma non come ritiene Le Bon che l'individuo massificato viene assorbito dall'irrazionalità dell'anima collettiva, bensì per una ragione più radicale: "nella massa, l'individuo si trova posto in condizioni che gli consentono di sbarazzarsi delle rimozioni dei propri moti pulsionali inconsci. Le caratteristiche apparentemente nuove che egli manifesta sono appunto l'espressione di tale inconscio in cui è contenuto, a mo' di predisposizione, tutto il male della psiche umana". A seguire Freud, dunque, l'irrazionalità che sembra impossessarsi del singolo allorquando si trova in condizione di massa, non è da addebitare a misteriose specificità di massa, ma più semplicemente a quel meccanismo neuronale.
Il concetto di allentamento della rimozione si riferisce a quando un individuo non percepisce più il peso del giudizio della comunità e di conseguenza si sente svincolato.