Anteprima
Vedrai una selezione di 3 pagine su 6
Significato e uso in Wittgenstein - tesina d'esame Pag. 1 Significato e uso in Wittgenstein - tesina d'esame Pag. 2
Anteprima di 3 pagg. su 6.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Significato e uso in Wittgenstein - tesina d'esame Pag. 6
1 su 6
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

LUDWIG J. J. WITTGENSTEIN – UNA LETTURA

Perciò la nostra è una ricerca grammaticale. E questa

ricerca getta luce sul nostro problema, in quanto

sgombra il terreno dai fraintendimenti.

1

Fraintendimenti che riguardano l'uso delle parole [...]

È impossibile riassumere in modo esauriente ciò che la parola “significato” ha rappresentato e

rappresenti nella storia della filosofia; certo nessuno contesterebbe, se non la sua importanza,

almeno l'attenzione dedicatale.

In questa sede cercherò di descrivere in breve i modi in cui Wittgenstein affrontò il concetto di

significato nell'arco della sua riflessione sulla natura del linguaggio, con una particolare attenzione

al cosiddetto “secondo Wittgenstein” delle Ricerche filosofiche e della “teoria del significato come

2

uso” .

L'analisi di un qualunque tema affrontato da Wittgenstein non può prescindere dal Tractatus

logico-philosophicus (1921), l'unica opera che l'autore pubblicò in vita: libercolo di un centinaio di

pagine, che si potrebbe davvero scorrere in un pomeriggio, la cui complessità interna fa tuttavia

ancora riflettere e discutere.

Per semplificare, dirò che la grande idea alla base dell'indagine (filosofica ma fondamentalmente

incentrata sul linguaggio) testimoniata dal Tractatus è quella secondo la quale «la proposizione è

3

un'immagine della realtà» ; e, per transizione, che il linguaggio stesso, qualsiasi linguaggio, sia

della realtà una sorta di immagine speculare, una fotografia.

Un'immagine (una proposizione) è formata da una struttura (connessione fra i suoi elementi

costitutivi) e da una relazione di raffigurazione (fra gli elementi dell'immagine e gli elementi della

realtà); la possibilità della struttura e insieme l'elemento in comune tra l'immagine e ciò che essa

rappresenta è ciò che Wittgenstein definisce “forma di raffigurazione”:

«poiché è la possibilità della relazione fra gli elementi dell'immagine, e poiché è comune

all'immagine e al raffigurato, la forma di raffigurazione costituisce anche la possibilità che

le cose rappresentate stiano tra loro nella stessa relazione che gli elementi rappresentanti

dell'immagine (T 2.161). In questo modo un'immagine rappresenta una possibilità nel

1 LUDWIG WITTGENSTEIN, Ricerche filosofiche, Torino, Einaudi, 1967, p. 53.

2 ANTHONY JOHN PATRICK KENNY, Wittgenstein, Torino, Bollati Boringhieri, 1984, p.185.

3 LUDWIG WITTGENSTEIN, Tractatus logico-philosophicus e Quaderni 1914-16, Torino, Einaudi, 2011, p.43.

2 mondo reale: come, ad esempio, il disegno o il modello di un architetto mostra una

4

possibile disposizione di edifici (T 2.202)»

Wittgenstein distingue chiaramente il senso di una proposizione dal suo significato: una

proposizione, infatti, è essenzialmente vero-falsa (ovvero ha luogo tra questi due poli, altrimenti è

insensata); può concordare con o discordare dalla realtà, ovvero può corrispondere o meno al

sussistere di stati di cose. Il significato, invece, «è l'oggetto per il quale quel nome sta: “Il nome

significa l'oggetto. L'oggetto è il suo significato […]. Il nome fa le veci, nella proposizione,

5

dell'oggetto” (3.203 e 3.22)» .

Sebbene sia improprio affermare che le Ricerche filosofiche rappresentano una rottura netta con il

Tractatus logico-philosophicus, e sarebbero da considerare piuttosto l'evoluzione di un pensiero in

fermento, animato dal bisogno di chiarire il ruolo della filosofia e disposto a mettersi continuamente

in discussione, nella Prefazione Wittgenstein stesso ci parla di alcuni «gravi errori che avevo

6

commesso in quel primo libro» . Tra questi uno dei più importanti, e in effetti il primo ad essere

direttamente affrontato, riguarda la nozione di significato. Wittgenstein infatti apre il celebre ¶1 con

l'altrettanto celebre citazione tratta dalle Confessioni di Agostino, nella quale questi narra

dell'apprendimento del linguaggio di sé bambino, consistente nell'osservazione e imitazione degli

adulti nell'indicare gli oggetti del mondo circostante. Subito dopo il passo, Wittgenstein commenta:

In queste parole troviamo, così mi sembra, una determinata immagine della natura del

linguaggio umano. E precisamente questa: Le parole del linguaggio denominano oggetti –

le proposizioni sono connessioni di tali denominazioni. ---- in quest'immagine del

linguaggio troviamo le radici dell'idea: ogni parola ha un significato. Questo significato è

7

associato alla parola. È l'oggetto per il quale la parola sta.

Come si chiarisce nei paragrafi seguenti, il fatto che l'oggetto sia il significato della parola è ora,

agli occhi di Wittgenstein, un'idea troppo limitativa di fronte alle sterminate possibilità che

linguaggio e realtà offrono, idea che starebbe «al suo posto in una rappresentazione primitiva del

8

modo e della maniera in cui funziona il linguaggio» , ma che non riguarda il linguaggio nella sua

globalità. Non esiste infatti un oggetto che stia per il significato della parola “cinque”, o del colore

“rosso”, o dell'esclamazione “ahi!”; così come non a tutte le proposizioni corrisponde

effettivamente un'immagine della realtà. Wittgenstein si rende conto che l'analisi della proposizione

4 A. J. P. KENNY, op. cit., pp.74-5.

5 LUIGI PERISSINOTTO, Wittgenstein. Una guida, Milano, Feltrinelli, 2010, p. 40.

6 LUDWIG WITTGENSTEIN, op. cit., p.4.

7 Ivi, p. 7.

8 Ivi, p. 8.

3

(e, per transizione, del linguaggio) svolta nel Tractatus riguardava esclusivamente il nome e

l'asserzione, trascurando le altre forme possibili:

Ma quanti tipi di proposizioni ci sono? Per esempio: asserzione, domanda e ordine? - Di tali

tipi ne esistono innumerevoli: innumerevoli tipi differenti d'impiego di tutto ciò che

chiamiamo “segni”, “parole”, “proposizioni”. E questa molteplicità non è qualcosa di fisso,

di dato una volta per tutte; ma nuovi tipi di linguaggio, nuovi giuochi linguistici, come

potremmo dire, sorgono e altri invecchiano e vengono dimenticati. (…)

Qui la parola «gioco linguistico» è destinata a mettere in evidenza il fatto che il parlare un

9

linguaggio fa parte di un'attività, o di una forma di vita.

Nei paragrafi 19-21 Wittgenstein indaga il significato dell'espressione «Lastra!», rendendosi conto

di come tale espressione, di per sé, non abbia un significato determinato se non in relazione a un

particolare contesto o giuoco linguistico. Essa, nel giuoco linguistico usato come esempio, era

l'abbreviazione dell'espressione «Portami una lastra!» («Ma perché non dovrei dire, viceversa, che

10

la proposizione «Portami una lastra!» è un prolungamento della proposizione «Lastra!»?» ). Può

dunque essere considerata a un tempo una parola e una proposizione: ma come distinguerle?

All'obiezione possibile che la differenza sta in ciò che chi parla intende, Wittgenstein risponde

fermamente con una serie di domande volte a rivelarla una soluzione inverificabile, dunque

insensata: quali sarebbero, infatti, le dinamiche che accompagnano (nella mente del parlante)

l'intendere un significato piuttosto che un altro? E quali l'atto del comprendere da parte

dell'interlocutore? «For surely there can be no dispute that, in general, Wittgenstein, in his

discussions of meaning, does not subordinate the meaning of an expression to what a user

11

means by it» .

Per Wittgenstein, far risalire le spiegazioni del funzionamento del linguaggio alla mente dell'uomo

o allo “spirito” è, almeno nell'indagine filosofica, un vicolo cieco, «una falsa strada»: tutto ciò che

possiamo esperire e dire è già sotto i nostri occhi, senza segreti o misteri; «I problemi filosofici

12

sorgono infatti quando il linguaggio fa vacanza» . Il significato dell'espressione «Lastra!» è lo

stesso di «Portami una lastra!» nel momento in cui le due espressioni hanno lo stesso impiego,

ovvero quando ricoprono la stessa funzione nel giuoco linguistico, e sarà diverso, semplicemente,

nel caso contrario di diversa funzione o appartenenza.

9 Ivi, p. 17.

10 Ivi, p. 14.

11 MERRIL RING, 'Bring me a slab!': meaning, speakers, and practices, in Wittgenstein's Philosophical

Investigations/Text and Context, R. L. Arrington & H. J. Glock eds London Routledge, 1991, p. 23.

12 L. WITTGENSTEIN, op. cit., p. 26.

4 I paragrafi successivi affrontano il concetto di “denominazione”: Wittgenstein illustra tramite

numerosi esempi come non si debba confondere il portatore di un nome con il suo significato.

Infatti se il significato corrispondesse al portatore, esso cesserebbe di esistere insieme ad esso;

tuttavia, «Se il signor N.N. muore si dice che è morto il portatore del nome, non il significato del

nome». La denominazione, piuttosto che l'assegnazione di un significato, appare «una strana

13

connessione di una parola con un oggetto» . Arriviamo infine, con il lapidario e precisissimo §¶43,

all'enunciazione di quella che è stata definita la “teoria del significato come uso”:

Per una grande classe di casi – anche se non per tutti i casi – in cui ce ne serviamo, la

parola «significato» si può definire così: Il significato di una parola è il suo uso nel

linguaggio. 14

E talvolta il significato di un nome si definisce indicando il suo portatore.

La grandi cautele con cui Wittgenstein definisce la parola «significato», qui e in altri passi,

sembrerebbero indicative di una più profonda diffidenza, quasi di un rifiuto della parola stessa nello

15

sforzo di rendere conto della natura del linguaggio : è come se il filosofo ci mettesse in guardia di

fronte alle idee che la parola «significato», profondamente ambigua, si trascina con sé nel suo uso

all'interno della tradizione filosofica. Quali idee, poi, sarebbe difficile a dirsi: certo la metafora

“noumenica” secondo la quale la parola sarebbe una sorta di contenitore del significato, certo la

tautologia della linguistica secondo la quale il significato è il «significato», dato a priori come

elemento costitutivo del linguaggio, astratto concetto denominatorio unito a un significante; certo,

anche, la consuetudine in base alla quale ci limitiamo a definire il significato di una

Dettagli
Publisher
A.A. 2016-2017
6 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/05 Filosofia e teoria dei linguaggi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ariosto25 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia del linguaggio e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Leonardi Paolo.