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AD HELVIAM MATREM

Traduzione

Siamo stati generati in una buona la condizione, a patto che non l'abbandoniamo. La natura ha fatto ciò che è necessario per vivere bene senza bisogno di grandi mezzi: ognuno può rendere felice se stesso. Poco valore c'è nelle circostanze esteriori, che non hanno grande effetto né in un senso né nell'altro: né i successi esaltano il saggio né le avversità lo abbattono; infatti, egli si è sempre sforzato di trovare in sé stesso la felicità.

Traduzione

Che cosa voglio dire allora? Dico di essere saggio? Niente affatto; giacché, se potessi dichiarare questo, non solo direi che non sono infelice, ma affermerei di essere il più fortunato di tutti e di essere giunto vicino alla divinità/a Dio. Ma ora, per lenire tutte le sofferenze, mi sono affidato agli uomini saggi e, non

Ancora forte per aiutarmi, mi sono rifugiato nell'accampamento altrui, di coloro che facilmente difendono i loro compagni. Traduzione: Ancora forte per aiutarmi, mi sono rifugiato nell'accampamento altrui, di coloro che facilmente difendono i loro compagni. Essi mi hanno comandato di stare assiduamente come in un posto di guardia e di prevedere tutti i tentativi della fortuna, tutti i suoi attacchi molto prima che piombino addosso. La sorte è gravosa per quelli per i quali è imprevista: la sostiene facilmente chi sempre l'aspetta. Infatti anche l'arrivo dei nemici travolge quelli che ha colto mentre non se l'aspettavano: ma quelli che, prima della guerra, si prepararono alla guerra futura, ben schierati ed equipaggiati, reggono facilmente il primo urto, che è il più rovinoso. Traduzione: Essi mi hanno comandato di stare assiduamente come in un posto di guardia e di prevedere tutti i tentativi della fortuna, tutti i suoi attacchi molto prima che piombino addosso. La sorte è gravosa per quelli per i quali è imprevista: la sostiene facilmente chi sempre l'aspetta. Infatti anche l'arrivo dei nemici travolge quelli che ha colto mentre non se l'aspettavano: ma quelli che, prima della guerra, si prepararono alla guerra futura, ben schierati ed equipaggiati, reggono facilmente il primo urto, che è il più rovinoso. Io non mi sono mai fidato della sorte, anche quando sembrava starsene in pace: tutti quei beni che con grande generosità riversava su di me, denaro, cariche, prestigio/successo, li ho sistemati in un posto da cui potesse riprenderseli senza un mio turbamento.Ho mantenuto una grande distanza tra quei beni e me: e così me li ha tolti, non me li ha strappati. La sorte avversa non ha mai rovinato/rovina nessuno, se non chi la sorte favorevole ha ingannato/inganna. Traduzione Quelli che hanno amato/amano i doni di essa come se fossero loro propri ed esterni, che hanno voluto/vogliono essere ammirati a causa di essi, si abbattono e si disperano, quando gioie fasulle e instabili abbandonano i loro animi vanitosi e infantili, ignari di ogni piacere duraturo: ma colui che non si è gonfiato d'orgoglio per le circostanze propizie, neppure si abbatte per le mutate circostanze/quando le circostanze mutano. Di fronte all'una e all'altra situazione mantiene un animo invincibile, di una fermezza ormai sperimentata; infatti proprio nella felicità ha sperimentato, che cosa valesse (=quanto potesse essere forte) contro l'infelicità. Traduzione E così io ho sempre pensato che, in quelle cose che tutti desiderano,

Non ci sia nessun vero bene, e poi le ho trovate vuote e ricoperte all'esterno da una vernice appariscente e ingannevole, senza nulla dentro di simile alla loro facciata: ora in questi che vengono chiamati mali non trovo niente di tanto spaventoso e tremendo quanto l'opinione della gente minacciava.

Consolatio ad polybium (scritto su pagina nel raccoglitore)

  1. Terza e ultima consolatio composta anch'essa durante l'esilio, è indirizzata a Polibio, il potente liberto dell'imperatore Claudio, preposto agli archivi e incaricato di esaminare le suppliche rivolte all'imperatore.
  2. Quest'ultima mansione doveva essere particolarmente importante agli occhi di Seneca, perché durante la permanenza in Corsica cercava ogni mezzo per il rientro a Roma.
  3. Così consolando Polibio per la morte del fratello, Seneca esprime il desiderio di assistere il trionfo di Claudio per le vittorie in Britannia nel 44 a.C., perché spesso in occasione dei
trionfi imperiali alcuni esuli erano graziati4. A Claudio Seneca rivolge una vera e propria supplica, perché nella sua clemenza lo perdoni5. Questo atteggiamento adulatorio è stato criticato, per la mancanza di coerenza e per l'evidente opportunismo6. È difficile esprimere un giudizio dal momento che mancano tanti elementi fondamentali7. Occorre dire che il principe spesso si aspettava o accettava le suppliche di perdono che per noi risultavano certamente "adulatorie"8. Resta il fatto che una ben diversa è l'immagine mista di Claudio che leggeranno nella satira Messipea che Seneca compose dopo la sua morte (αποκολοκυντοσις 54 d.c) De brevitate vitae (scritto pagina nel raccoglitore)1. Dedicatario del De brevitate vitae è Pompeo Paolino, prefetto dell'annona dal 48 al 552. Da alcune indicazioni nel testo, e dal fatto che Seneca cimostra di essere ormairientrato a Roma, la composizione dell'opera sembra potersi collocare agli inizidel 49 d.c quindi subito dopo la fine dell'esilio3. È probabile che Paolino, debba essere identificato con il padre di PompeaPaolina che Seneca sposó in seconde nozze, dunque un uomo piuttosto maturoe non in giovane discepolo come pure dimostrava il tono generale dell'opera4. Il tema del dialogo è il "tempo", tema cari a Seneca e all'etica Stoica, che siritrova in molte altre pagine dell'opera5. Il senso della vita non sta nella sua durata, che non dipende dall'uomo, manella qualità che dipende dalle scelte etiche dell'uomo (pag 90)6. Secondo Seneca la vita non è breve se è riempita di significato7. La brevitá della vita dovrebbe spingere l'uomo a dedicarsi alla filosofia, eutilizzare quindi l'esistenza a vantaggio di se e degli altri8. Si cade altrimenti in quella

categoria di occupati, cioè gli affaccendati che consumano il proprio tempo nelle mille inutili attività della vita. Seneca sostiene che non sono pochi gli anni concessi all'uomo, è l'uomo a rendere breve la vita consumando le sue energie in mille inutili attività. Così vincono gli occupati, completamente immersi nel presente e in occupazioni prive di valore: il sapiens, invece, si sforza di vivere bene cercando un dialogo con i grandi filosofi del passato.

Soltanto con la filosofia l'uomo può imparare a mettere a punto una concezione etica del tempo che faccia argine alla fuga temporum. Solo l'existere può mutarsi in vivere vera e propria conquista dell'individuo.

De vita beata. Di parecchi anni posteriori al De brevitate vitae è il De vita beata dedicato, come il De ira, al fratello Novato, chiamato con il nome di Gallione, perché adottato dal retore Lucio Giunio Gallione.

(siamo quindi dopo il 58 d.c quandoseneca era al fianco di Nerone come consigliere del principe)
2. Giunto mutilo nella parte finale, questo dialogo fu scritto negli anni in cui sitrova a corte a fianco a Nerone, era un personaggio potente e quindi espostoalle critiche dei suoi avversari
3. Uno di questi era Publio Suilio che accusava Seneca di essersi arricchitoenormemente grazie ai favori del principe. Importanti i capp. 17-18 in cuiseneca risponde alle critiche
4. Il dialogo si può dividere in due parti:
5. Nella prima parte 1-6 è esposta la tesi centrale, di evidente matrice stoica, incui esalta la virtù come valore fondamentale dell'esistenza e come mezzo perraggiungere la felicità, contro le interpretazioni dell’epicureismo, cheidentificavano invece la felicità con il piacere
6. Se è vero che, secondo lo stoicismo, per raggiungere la felicità bisogna vivereseconda natura, e se i piaceri fisici, al pari dei beni materiali,

Non possono essere considerati il fine dell'esistenza, questo non vuol dire che il saggio deve disprezzarli7. A proposito della ricchezza, di cui Seneca era accusato, dice che è un "bene" necessario: per questo il saggio non ne sentirà la mancanza, ma nemmeno ne rifiuterà il godimento, e anzi potrà esercitare la virtù come la generosità8. La seconda parte (17-28) presenta un carattere più apertamente polemico: Seneca risponde alle critiche di Suilio e dei suoi avversari e si difende dalle accuse di predicare in un modo ma di vivere in un altro9. Per quanto Seneca porti tante motivazioni non è convincente nel rispondere alle accuse di incoerenza10. "De virtute non de me loquor, et cum vitiis convicium facio, in primis meis facio: cum potuero, viviam quomodo oportet."
Traduzione: Della virtù non di me parlo, quando critico i vizi prima di tutto faccio riferimento ai miei, quando potrò vivrò come convieneb.

Lui deve presentare la virtù come modello da seguire, non larla dei suoivizi ma lui é consapevole di essere debole e quando potrà, vivrà comedeve
  1. Abbiamo una climax tra tutte ebtre le opere
  1. L'opera é dedicata ad Anneo Sereno, funzionario dell'Impero (praefectusvigilium) sotto Nerone, assai più giovane di Seneca
  2. Questo dialogo va forse collocato negli ultimi anni, prima del ritiro dalla scenapolitica (62 d.c)
  3. La differenza di età e il sincero affetto che seneca mostra per il giovanedestinatario, contribuiscono a stabilire un tono affettuoso nel rapportomaestro/allievo. Seneca nella lettera 64 a Lucilio si dice adfolorato ler la mortedi Sereno
  4. Anneo Sereno era un cavaliere era preafectus vigilium, il comandante dellapolizia notturna. Era un epicureo e seneca cercava di convertirlo allo stoicism o
  5. Nel dialogo é esaminata sotto diversi aspetti la figura del

sapiens stoico: egli è imperturbabile di fronte agli eventi, che non possono essere motivo di infelicità, in quanto devono essere considerati né "beni" né "mali" ma "indifferenti" (secondo il principio stoico αδιαφορον)6. In altre parole il saggio non soffre per le malattie o per le disgrazie che possono colpirlo ma attende la morte con serenità (per gli stoici non farsi turbare)7. E quindi non accettabile in alcun modo: riceve, come tutti gli uomini, offese e torti ma non li subisce8. Tutto dipende dall'uso della ragione nel valutare gli eventi, i fatti che ci accadono9. La storia fornisce esempi luminosi di questa imperturbabilità del sapiente: Catone l'Uticense e il filosofo Stilponea. Omnia mea mecum sunt: tutti i miei beni sono con me, si tratta di beni spirituali e non materiali.

Dettagli
Publisher
A.A. 2021-2022
13 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/04 Lingua e letteratura latina

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Ffffbbb99 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura latina e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Rossi Elisabetta.