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ALGAROTTI

Ci serviamo della figura di Algarotti per trattare il tema della

divulgazione scientifica, della letteratura come mezzo di divulgazione

scientifica perché il Settecento non conosce le rivoluzioni scientifiche

che segnarono il Seicento (secolo di Galilei, Cartesio, Newton…). Nel

Settecento si registra un grosso affinamento dei modelli teorici

elaborati nel corso del Seicento; si assiste alla ricerca di nuovi campi

di ricerca. Possiamo dire che, nel corso del Settecento, si registra un

gran passo in avanti nello sviluppo della scienza moderna, uno

sviluppo della ricerca che si orienta in due direzioni: una più teorica,

una più empirica. Parlando della direzione empirica, nascono i nuovi

studi della chimica, della biologia, dell’elettrofisiologia ma anche le

scienze dell’uomo e le scienze della società.

Cosa si registra? Si registra un nuovo bisogno di condividere, di

comunicare i propri risultati. La ricerca settecentesca è animata da

questo desiderio di divulgazione dei nuovi progressi. Questo subisce

un impulso decisivo con l’affermarsi, da metà secolo in poi, delle idee

illuministe che fanno della pubblica felicità, del bene comune una

propria bandiera, lo scopo ultimo. Perché questo coinvolge i

letterati? I letterati sentono la necessità di mettere a disposizione il

proprio sapere, le proprie competenze per questa divulgazione,

quindi, di farsi essi stessi divulgatori. I problemi che nascono di

Maria Concetta Carugno 22

fronte a questo desiderio di divulgazione dei nuovi progressi e delle

nuove acquisizioni sono due:

1) in che modo divulgare delle nozioni, dei saperi altamente

specialistici;

2) con quali forme, generi poter divulgare.

Algarotti dice: “Il criterio di fondo, la modalità sarà proprio questa:

seguire il metodo più rigoroso (non inventarsi fatti) ma nel medesimo

tempo nasconderlo (togliere la difficoltà), dare ad un trattato di fisica

la piacevolezza di una piece teatrale (dare al trattato di fisica, ad

un’opera scientifica, la piacevolezza di un’opera letteraria perché

questa sia accessibile al grande pubblico)”.

Eusebio Sguario, medico e autore veneziano, dice: “Quando si

potessero ridurre i metodi di trattar le scienze a tal vaghezza e

proprietà da riuscire sin dal principio facili e dilettevoli, si otterrebbe

il bel frutto di render più universali le scienze di quello che sono”.

Quindi, vaghezza, facili, dilettevoli ma soprattutto lo scopo ultimo:

rendere più universali le scienze. Proprio questo desiderio di

raggiungere il pubblico.

Perché Algarotti? Algarotti è la figura principale di divulgatore e di

letterato che mette a disposizione i propri mezzi e le proprie

capacità. Algarotti era veneziano; studiò a Bologna; si affinò negli

studi di ottica; viaggiò; fu a Parigi e a Londra. Ad un certo punto,

appassionato di studi di ottica, decise di farne soggetto di un’opera

per le dame della buona società, le donne che sanno leggere, che

hanno un certo grado di alfabetizzazione (non sono le dame del

“Dialoghi

popolo) quindi ad un pubblico più ampio. L’opera si chiama

sopra l’ottica newtoniana”. Algarotti la avviò nel 1734 in Italia e poi

la concluse, a Parigi, 4-5 anni dopo. La pubblicò a Milano nel 1737

con il titolo “Il newtonianesimo per le dame (L’ottica newtoniana per

le dame)”. Ci lavorò poi ancora e l’edizione definitiva uscì nel 1752

con il titolo “Dialoghi sopra l’ottica newtoniana”. Si tratta di

un’opera nella forma del dialogo.

Algarotti sceglie il dialogo ma il Settecento è costellato di opere di

generi diversi, in particolare, ricordiamo la folta presenta di opere

poetiche, spesso in versi sciolti, di poemetti a soggetto scientifico. Il

più celebre è “Invito a Lesbia Cidonia” di Lorenzo Mascheroni,

scienziato che invitava, in questo poemetto, la contessa Paolina

Secco Sguado Grismondi di Bergamo a visitare uno studio di scienze

naturali. In questo poemetto, rivolgendosi a questa dama,

Mascheroni parla di scienza.

Algarotti sceglie, invece, la via della prosa. Sono 6 dialoghi tra la

voce narrante e una nobildonna, una dama. Quindi, c’è una novità

dell’argomento a cui si accompagna anche un genere. Dove sono

ambientati? Sul lago di Garda. Si finge che in un’amena

ambientazione, nei giardini della villa della donna, sul lago di Garda,

si svolgano questi dialoghi. Sono dialoghi in cui la prosa non è

serrata, non è quella di un manuale specialistico, scientifico ma si

trtta di una prosa dallo stile garbato, piano, piacevole, quindi

fruibile, dialoghi che spesso sono interrotti da spunti di

Maria Concetta Carugno 23

conversazione più quotidiana o dalla presenza di altri personaggi tra

i quali Simplicio.

TESTO 3a. Dialoghi sopra l’ottica newtoniana,

F. Algarotti, dai 1752

Il brano è la conclusione del secondo dialogo. Nella parte

precedente, era stato confutato, mostrato come sbagliato, il sistema

cartesiano che, secondo Algarotti, era la manifestazione di una

filosofia fantastica dei secoli precedenti. Perché filosofia fantastica?

Perché basata sull’astrattezza del ragionamento, sull’astrattezza del

raziocinio. Mentre, per Algarotti, la vera filosofia, la filosofia sensata

è quella che si fonda sull’esperienza. Quando la marchesa dice:

“State”, interrompe questa confutazione.

State (=fermatevi): - qui m’interruppe la Marchesa - chi veggo io là

nel giardino? Il signor Simplicio (personaggio che rappresenta la

concezione scolastica della scienza), che viene alla volta di noi (=che

viene verso di noi). Che partito prendere per difenderci da quella

noia di sonetti, con che egli mi rifinisce (distrugge); e ciò non falla

(manca) mai, in ogni sua visita? (Qui, Algarotti prende un po’ in giro

la figura del poeta frivolo, che vive nel suo mondo ma che nulla dice

alla realtà) Ché non viene un qualche vortice (termine con cui

Algarotti traduce la teoria dei vortici che è alla base della fisica

cartesiana. La teoria cartesiana diceva che l’universo è formato da

ammassi di materia intorno ad un centro comune e il mondo era

concepito come un gigantesco meccanismo. Qui, Algarotti prende un

po’ in giro quel sistema appena confutato) a seco rapirlo (=a

portarselo via), e a torlo via dal nostro sistema? (=sistema

newtoniano) - Alla quale io risposi: - Madama, non vi lasciate vincere

a troppa pulitezza (francesismo=gentilezza); tenetevi sempre in sulla

filosofia: ed ella sarà il vortice o l’Apollo, che ne salverà da tale

seccaggine. - La Marchesa disse che le piaceva. Mentre tra noi erano

questi ragionamenti, ed ecco il poeta, il quale in sul primo abbordo

prese occasione da un “come sta ella?” di ragguagliarne che da un

tempo in qua pareva lo avessero in ira le Muse; che la vena

d’Ippocrene (=la fonte di Ippocrene. Riferimento alla fonte da cui

Pegaso aveva fatto scaturire dell’acqua con un calcio) e dell’usato

ingegno era omai secca per lui. Avendogli noi fatto il piacere di

contradirgli, egli ne (=ci) rispose esser presto a provarne quanto

detto ne avea con due sonetti e con una canzone, composti in quella

istessa mattina, da’ quali ben avremmo potuto conoscere quanto

poco gli prestasse Apollo di quel favore del quale altre volte gli

soleva esser così largo e cortese. - Quando sia così, - riprese la

Marchesa - io per me, se fossi voi, vorreimi or ora spoetare (togliermi

di dosso il peso della poesia). Venite terzo tra noi a ragionar della

luce e de’ colori, che hanno oggi fatto la materia de’ nostri discorsi: e

questi boschetti diverranno un’Arcadia di filosofia. –

Egli se ne schermì, dicendo non aver ala così robusta da salir

tant’alto. Aggiunse non potersi meglio temperare la severità de’

discorsi filosofici che con la poesia; e adduceva l’esempio del divino

Maria Concetta Carugno 24

Platone, il quale non isdegnò, diceva egli, con quelle stesse mani che

scrissero il Timeo di toccar la cetera: ed entrava in più altre novelle

(=e iniziava discorsi più lunghi), quando la Marchesa pur ferma

(=decisa) a non voler dar retta a’ suoi sonetti, rivoltasi a me, tornò in

sul discorso del Mallebranchio, dicendo che veramente con que’ suoi

piccioli vortici si veniva a scansare la difficoltà che era stata tanto

fatale a’ globetti (=atomi); ch’ella (=lei) per altro non si teneva gran

fatto sicura della sussistenza di quella riforma, per la fresca memoria

delle disavventure del Cartesio. - Pur troppo è vero, - io risposi - della

natura delle cose umane essere la caducità: - cosa che il signor

Simplicio ne l’avrebbe confermata con molti bei luoghi (=passi) di

poeti, e, a un bisogno, ancora co’ suoi. - Ma quello, Madama, - io

continuai a dire - che certamente non vi aspettereste mai, si è ch’egli

è pur forza (=comunque) rinunziare al sistema o alla riforma del

Mallebranchio, per quella medesima similitudine tra il suono e la

luce, che al primo ispetto gli dà tal aria di verità. Ella vien meno

questa similitudine al maggior uopo. Ogni moto di ondulazione

(notiamo il lessico scientifico), il quale dal suo principio si dilata

d’ogni intorno per cerchi via via più grandi, se viene ad incontrar nel

cammino un qualche impedimento, non per questo si ristà egli; che

anzi piegando da’ lati di quello, e facendogli ala, procede innanzi in

cerchi ordinati tuttavia. Non vi sovviene, Madama, che noi l’altro dì

udimmo molto bene il suono di un corno da caccia, che veniva di

oltre quel colle? Segno manifesto che, non ostante lo interposto

impedimento, giugnevano a noi i cerchi ondeggianti mossi dal suono

nell’aria (=ecco il modo per spiegare una teoria difficile con

l’esperienza concreta che non è quella di un esperimento ma è quella

che rientra nella normale quotidianità, nell’esperienza di una donna

nobile del Settecento. Ecco il modo che Algarotti usa per spiegare la

scienza con mezzi letterari). Lo stesso vedremmo avvenire in quella

vasca(=villa con giardino e con le vasche): che se altri vi gettasse

dentro un sassolino, l’onda non si arresterebbe già nel mezzo di essa,

scontrando il piedestallo di quel gruppo (=statue che spesso

adornavano le vasche); ma ben si dilaterebbe da ogni lato, e

cercherebbe (=percorrerebbe) con la fluttuazion sua tutta la vasca.

Adunque, come si ode il suono, dovrebbesi ancor veder la luce, ad

onta (=a dispetto) di qualunque cosa fra

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A.A. 2018-2019
47 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher maryconcetta90 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Apollonio Silvia.