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GIORGIO DE CHIRICO E LA METAFISICA

Giorgio de Chirico, L’enigma dell’oracolo, 1910: Il tema dell’enigma è, dal punto di vista mitico,

legato necessariamente all’oracolo, vedi L’enigma dell’oracolo, del 1910; è in questo quadro che

troviamo la rappresentazione di quella tragedia della serenità del mondo mediterraneo, che

sembra la più chiara trascrizione del corrispondente testo nietzscheano.

Domina qui in primo piano, sulla sinistra del quadro, la silhouette di una figura avvolta in un

drappo scuro e vista di spalle, che non ricorda soltanto la figura di Ulisse nel famoso quadro Ulisse

e Calipso di Böcklin, che de Chirico certamente aveva in mente, ma anche una figura a cui lo stesso

Böcklin si è ispirato, e cioè il Monaco in riva al mare di Caspar David Friedrich, motivo ricorrente

di tutti questi primi quadri metafisici. Il volto di questa figura, che alcuni ritengono essere una

donna, la Pizia, mentre altri ritengono essere Ulisse, è anche qui rivolto in basso, quasi a scrutare

dentro di sé. Sulla parte sinistra del quadro una tenda è sospesa sull’ingresso aperto nel muro;

questa tenda è sollevata in alto dal vento, e lascia apparire pertanto il paesaggio mediterraneo, le

colline che si ergono sul mare, le case bianche e il cielo chiaro; su questo paesaggio si staglia la

silhouette della figura con il viso piegato in basso. Può darsi che il volto della donna rivolto verso

il basso osservi e ammiri il paesaggio; ma poiché essa è girata di spalle, non ci è dato saperlo, solo

l’analogia con la stessa silhouette in tutti gli altri quadri che vedremo ci lascia pensare che la

donna mediti su di sé. Non sappiamo neanche se la donna stia uscendo dal tempio e meditando

sul responso dell’oracolo, oppure se mediti semplicemente, guardando il mare e lo spettacolo che

si apre di fronte a lei. Certo è che possiamo ben applicare a quel che è qui rappresentato

l’espressione con cui De Chirico soleva designare le costruzioni dei templi greci: terrazze erette

come platee innanzi ai grandi spettacoli della natura, quello spettacolo in cui si rappresenta la

“tragedia della serenità”.

Ma possiamo ora chiederci: in che cosa consiste l’enigma dell’oracolo, o la dimensione enigmatica,

cioè metafisica del rappresentato? Questo quadro sembra essere in realtà proprio la trascrizione

in pittura di una celebre metafora nietzscheana nella Nascita della tragedia; come quando si vuol

guardare nel sole e se ne deve poi distogliere lo sguardo perché è impossibile sopportare una tale

vista, si vedono poi formarsi di fronte agli occhi delle macchie scure, così se qualcuno, potesse

gettare uno sguardo nell’abisso profondo del nostro essere, che è l’abisso profondo del nulla,

ritraendone lo sguardo inorridito vedrebbe innanzi a sé delle macchie luminose. Le macchie

luminose sono per Nietzsche le figure apolliniche immaginate dall’animo dell’artista, le forme

plastiche dello scultore e del pittore, scaturenti da quel potere particolare dello spirito che si

manifesta altrimenti nel sogno. La figura al centro, voltata di spalle, si libra tra queste due scene,

l’interiorità del tempio, o del Sé dell’artista, e l’esteriorità di quella parte di esso che è a diretto

contatto con la natura, il paesaggio, il mare e il cielo; essa costituisce il mezzo tra queste due

scene, e ne incarna, nel suo atteggiamento meditabondo e introverso, riflesso in sé, tutta la

tensione: la tensione tra l’animo dell’artista plastico, che si appaga della vista del paesaggio

mediterraneo, e l’animo del metafisico, cioè di colui che ha guardato, in modo oracolare,

nell’abisso del nulla, ed è riuscito a riemergere, tanto che può ancora appagare il proprio animo

meditabondo in questa classica “superficialità dei greci”. L’enigma dell’oracolo è nient’altro quindi

che la profondità metafisica della tragedia della serenità. 26

De Chirico, L’enigma di un pomeriggio d’autunno, 1910: Questo dipinto nasce a Firenze quando De

Chirico è in piazza Santa Croce a Firenze. Guardando piazza Santa Croce, De Chirico ha una

rivelazione. De Chirico, in un manoscritto, parla della rivelazione facendo riferimento a questo

dipinto e dice: “Allora ebbi la strana impressione di guardare quelle cose per la prima volta, e la

composizione del dipinto si rivelò all’occhio della mia mente. Ora, ogni volta che guardo questo

quadro rivedo ancora quel momento. Nondimeno il momento è un enigma per me, in quanto esso

è inesplicabile. Mi piace anche chiamare enigma l’opera da esso derivata”.

Lo sguardo che ha De Chirico su quella piazza è uno sguardo che gli permette una rivelazione: è

come se lui guardasse il mondo per la prima volta, senza conoscerlo a fondo.

Quello che poi traduce nella sua composizione è questo enigma che lui ritrova nella realtà. Qui

vediamo come la statua di Dante presente in piazza Croce a Firenze è trasformata da De Chirico in

questa statua senza testa e braccia che ricorda una statua classica e che ci richiama, in parte, la

figura presente nell’opera L’enigma dell’oracolo. Notiamo queste altre due figure tra cui la figura

femminile che sembra quasi disperarsi in uno stato di malinconia. Vediamo anche come degli

elementi dell’architettura classica (le colonne, il frontone) vengano rielaborati in questa struttura

architettonica che ci ricorda le architetture dei dipinti di Giotto. Diversi elementi del passato ma

anche del presente sono compresenti in questa dimensione che è quasi di atemporalità.

Il muro chiude l’orizzonte; intravediamo questa vela che sembra alludere alla dimensione del

ritorno, del viaggio che è un topos che ritorna nelle opere di De Chirico, però, è un qualcosa che

chiude ad una visione dell’orizzonte ma sembra quasi aprire una dimensione ulteriore che De

Chirico chiama metafisica, cioè che va oltre alle cose fisiche.

De Chirico parte sempre dalla realtà ed è nella realtà che ritrova questa dimensione dell’enigma.

In questi anni è molto importante anche il riferimento alla filosofia di Nietzsche e Schopenhauer.

De Chirico fa esplicito riferimento a questi filosofi nei suoi scritti e dice: “Schopenhauer e

Nietzsche per primi insegnarono il profondo significato del non-senso della vita e come tale non-

senso potesse venir trasmutato in arte, anzi dovesse costituire l’intimo scheletro d’un’arte

veramente nuova, libera e profonda.”. De Chirico impara da Nietzsche a guardare in modo

particolare la realtà: afferma di guardare la realtà secondo il metodo di Nietzsche che significa

sopprimere completamente l’uomo come punto di riferimento, come mezzo per esprimere un

singolo, una sensazione, un pensiero e vedere tutto, anche l’uomo, come cosa.

Nei dipinti di De Chirico, spesso, c’è questo scambio tra statua e figura umana. Lo sguardo di De

Chirico è sul mondo come se tutto fosse una cosa.

In un altro scritto parla anche di Schopenhauer e dice: “Un’opera d’arte davvero immortale può

essere partorita soltanto attraverso una rivelazione.”. Il termine di rivelazione e dell’enigma nasce

da una riflessione filosofica sui testi di Nietzsche e Schopenhauer che De Chirico interpreta in

modo personale. C’è questa intenzione di isolarsi dal mondo in modo così completo che gli oggetti

della realtà ci appaiono in vesti insolite.

De Chirico stesso dice come l’immagine pittorica ha lo stesso rapporto di somiglianza con la realtà

come quella che c’è tra due fratelli oppure tra l’immagine di un uomo che ci appare in sogno e

l’immagine di quell’uomo stesso che noi vediamo nella realtà: è lo stesso uomo ma nello stesso

tempo è diverso. 27

Nel primo periodo fiorentino di De Chirico si avvertono dei rapporti con la ricerca letteraria di

Papini che, già nel 1906, aveva pubblicato una raccolta di racconti intitolata Il tragico quotidiano in

cui aveva affermato di guardare al mondo quotidiano in modo metafisico .

De Chirico, L’enigma dell’ora, 1911: è presente un orologio che segna le tre meno cinque. Non è

una dimensione reale del tempo perché sembra un tempo astratto, fermato. La luce che proietta

le ombre sembra una luce del tardo pomeriggio. Le ombre sono molto lunghe quindi ci sembra che

ci sia una discrepanza tra l’ora segnata dall’orologio e quella che viene rappresentata dalle ombre

di queste figure. Questa costruzione architettonica potrebbe essere una stazione con questi archi

che richiamano l’architettura romana. C’è una figura presente che guarda oltre.

De Chirico parte sempre da qualcosa che ha visto e che ricorda, non è mai una pittura fantastica,

immaginaria ma c’è sempre un rapporto con la realtà e questo rapporto è anche quello che fa

scattare la reazione dello spettatore di fronte ad un’opera come questa.

Questa è un’opera che preannuncia una delle tematiche più importanti di De Chirico che è quella

della serie di piazze d’Italia che in molti casi fanno riferimento alla città di Torino. Nel viaggio tra

l’Italia e la Francia, De Chirico aveva passato un periodo a Torino ed era stato colpito dalla città e

dalla sua architettura; Torino era una città metafisica come Ferrara per De Chirico.

Le parole ENIGMA e MALINCONIA sono due parole chiavi all’interno della poetica di De Chirico.

De Chirico, Le rêve transformé, 1913: Alla fine del 1913, quando è a Parigi, insieme a queste

architetture cittadine, compaiono anche delle nature morte. Qui abbiamo questo sfondo cittadino

e in primo piano queste nature morte che uniscono degli elementi che sembrano non avere un

rapporto tra di loro. Vediamo questa testa antica, classica che richiama la testa di Zeus, quindi, c’è

il richiamo alla Grecia. Questi elementi in primo piano sono tutti elementi che non troveremmo

accostati nella realtà, che creano un rapporto di dialogo tra un qualcosa che viene dal passato e

una realtà del presente. Sono presenti nello stesso dipinto dimensioni temporali diverse. Il

rapporto di De Chirico con la modernità è un rapporto molto diverso rispetto a quello dei futuristi:

non c’è un’adesione entusiastica alla contemporaneità, al dinamismo della vita moderna.

Sicuramente De Chirico è colpito dalla modernità di Parigi e dice che il presente è sempre legato a

ciò che fu, quindi al passato, ma anche a ciò che sarà il futuro: questi piani temporali sono sempre

presenti insieme nelle o

Dettagli
A.A. 2015-2016
43 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/03 Storia dell'arte contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher maryconcetta90 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia dell'arte contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Di Raddo Elena.