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LA TEORIA PLURALISTA DEI GRUPPI
Secondo la teoria pluralista la presenza dei gruppi è vista come fonte di equilibrio,
socializzazione e autonomia della società dallo stato.
In primo luogo la pluralità dei gruppi porta ad un certo equilibrio. La competizione tra i
diversi gruppi, i loro diversi interessi, ma la mediazione di questi interessi porta
all’avvicinamento a una sorta di bene comune. Infatti, la mobilitazione di alcuni gruppi,
porta alla mobilitazione di gruppi latenti, cioè gruppi con degli obbiettivi comuni che non si
sono ancora organizzati. A sua volta, la consapevolezza che avanzando rivendicazioni
troppo radicali si innescherebbero appunto dei gruppi latenti porta gli stessi gruppi a una
moderazione. La mobilitazione porta quindi a una contro-mobilitazione, che genera una
sorta di equilibrio.
In secondo luogo gli effetti della partecipazione sono visti come benefici e socializzanti.
Infine gli individui che si organizzano in gruppi sono meno dipendenti dalle istituzioni
pubbliche, poiché infatti i gruppi sono gli attori centrali della capacità della società di
organizzarsi dal basso.
CRITICHE
Un problema importante riguarda le barriere dell’entrata, cioè le condizioni che facilitano
l’organizzazione di alcuni interessi, ostacolando quella di altri.
L’esistenza di un interesse collettivo non porta automaticamente a un’azione collettiva.
Si viene così a creare il fonema del free rider, colui che evita di pagare il costo di un’azione
collettiva aspettando che siano altri a portarla avanti.
Perché ci sia azione collettiva si ha quindi bisogno di incentivi selettivi, cioè far si che chi
partecipa riceva più benefici o meno svantaggi di chi non partecipa.
Lo scambio inoltre favorisce i gruppi più forti.
Critica anche dal punto di vista normativo; non solo le previsioni dei gruppi non
corrispondono alla realtà empirica del funzionamento politico ma il negoziato continuo è
negativo poiché indebolisce le capacità di pianificazione e riduce la fiducia in regole da
sempre ritenute corrette.
NEOCORPORATIVISMO
Nel neocorporativismo le associazioni sono singole, e non multiple, obbligatorie, non
volontarie, non in concorrenza l’una con l’altra, gerarchiche e differenziate e sono
riconosciute e sovvenzionate.
I contatti istituzionali tra gruppi e governo sono frequenti ed efficaci.
Logica di partecipazione dei membri; un sistema pluralista è caratterizzato da una struttura
organizzativa frammentata ed ha quindi difficoltà a sviluppare programmi a lungo periodo.
Un sistema corporativo ha invece associazioni forti, integrate e ricche di risorse.
Cambia anche la logica di influenza.
Nel caso del pluralismo i gruppi esercitano influenza attraverso varie forme di pressione,
nnel caso del corporativismo invece un sistema istituzionalizzato attribuisce alla
associazioni ruoli particolari nell’elaborazione e nella realizzazione delle politiche
pubbliche.
I PARTITI
I partiti sono stati considerati attori fondamentali delle democrazie rappresentative.
Una delle definizioni più note è quella di Weber, secondo il quale i partiti si caratterizzano
per essere formalmente organizzati, basati su una partecipazione volontaria e orientati ad
influenzare il potere.
Il partito dunque è un’associazione, cioè un gruppo formalmente organizzato, basato su
adesione volontaria. Mentre le classi e i ceti possono esistere anche senza associarsi, i
partiti si presentano sempre come forme organizzare, orientate a uno scopo.
Lo scopo dei partiti è quello di influenzare l’ordinamento e l’apparato di persone che
guidano un qualsiasi ambito sociale. La loro strategia principile è la conquista delle cariche
elettive.
Definizione di Downs:
I partiti sono una compagine di persone che cercano di ottenere il controllo dell’apparato
governativo a seguito di regolari elezioni.
LE FUNZIONI DEI PARTITI
- Strutturazione della domanda: Una prima funzione dei partiti riguarda la strutturazione
delle domande. I partiti infatti sono indispensabili per l’organizzazione della volontà
pubblica, operando una semplificazione della complessità degli interessi individuali. I
cittadini si trovano a dover scegliere un numero di opzioni limitato quando votano un
partito. Il partito quindi si fa mediatore tra l’interesse individuale e quello collettivo,
raggruppando persone con atteggiamenti e valori condivisi, rappresentando più di un
singolo interesse.
- Strutturazione del voto: i partiti mettono ordine nel caos attraverso la strutturazione del
voto. Il partito è l’entità in cui gli elettori si identificano, dando stabilità a lungo termine ai
comportamenti di voto individuale
- Socializzazione politica: La semplificazione della complessità passa attraverso
l’assolvimento di una terza funzione, cioè la socializzazione. I partiti insegnano ad
occuparsi della collettivita, mirando a trasformare gli individui in cittadini integrati in una
comunità.
- Reclutamento: attraverso la selezione delle candidature i partiti svolgono l’importante
compito del reclutamento. Le liste elettorali presentate dai partiti spesso sono composte
da loro appartenenti, inoltre, nella stragrande maggioranza delle democrazie il governo
è formato dagli stessi membri del partito.
- Controllo dei governati sui governanti: è grazie ai partiti che i cittadini possono
sviluppare canali di comunicazione con il governo, permettendo ai primi di controllare i
secondi.
- Formazione delle politiche pubbliche: i partiti sono attori importanti anche nella
formazione di politiche pubbliche. Infatti elaborano programmi che vengono presentati
agli elettori e in caso di vittoria, questi programmi dovrebbero essere messi in atto.
Partiti e mercato elettorale
Concetto di razionalità: per Downs il concetto di razionalità in democrazia guiderebbe
1. gli elettori. L’assunto di fondo è che l’elettore sia capace di stabilire un’ordine tra le
varie alternative e che poi sia in grado di scegliere quella più in alto nella sua
graduatoria di preferenza.
Come nel mercato economico le imprese sono indifferenti al prodotto offerto, ma
2. cercano solo il profitto, così i candidati hanno come unico fine la propria elezione,
senza preferenze per questa o quella politica pubblica.
Se nel mercato economico si parla di sovranità del consumatore, su quello politico il
3. personale politico sarebbe semplicemente il mandatario dei voleri dell’elettore.
EVOLUZIONE STORICA DEI PARTITI
Max Weber:
Partiti di notabili: caratterizzano una lunga fase in cui la politica non è ancora una
1. professione. Con il termine notabili vengono definiti individui che grazie al loro prestigio
economico sono in grado di agire continuativamente all’interno di un gruppo,
dirigendolo ed amministrandolo, senza uno stipendio fisso. Inoltre sono coloro che
godono di una concione sociale, che da loro la possibilità di accettare uffici.
La risorsa principale dei partiti di notabili era la deferenza, cioè il rispetto
2. tradizionalmente legato alla loro classe di origine.
Il partito di notabili si limita ad una rappresentanza individuale degli interessi dei singoli
3. elettori.
La situazione è mutata con l’avvento dei partiti burocratici di massa. Il motore di questa
4. trasformazione è l’allargamento del voto, cioè l’estensione dei diritti politici anche ai
non notabili. Questa estensione porta alla nascita della figura del politico di
professione.
STRUTTURA ORGANIZZATIVA E TIPOLOGIA DI PARTITI
1. Comitato: esso è formato da una dozzina di persone, tutte facente parte dell’élite, che
godono dunque di un prestigio che deriva dalla loro condizione sociale. L’elemento
importante per il comitato non è la quantità degli iscritti ma la qualità. Il comitato è una
struttura organizzativa precaria, basata su incontri sporadici, più frequenti in campagna
elettorale. Tipico tra i partiti borghesi
2. La sezione: la sezione è un organismo aperto, che al contrario del comitato cerca di
ampliare al massimo il suo numero di iscritti. I partiti di sezione sono centralizzati, e hanno
un assetto formale.
Il partito di sezione risponde a due bisogni fondamentali dei partiti operai
- Educazione delle masse
- Soluzione al problema del finanziamento tramite le quote, cioè chiedere regolarmente
un contributo cospicuo in denaro a molte persone.
3. La cellula: tipica dei partiti comunisti, la cellula mira ad organizzare operai nelle grandi
fabbriche collegando le loro rivendicazioni ad un progetto politico più ampio.
L’aggregazione avviene su base professionale, cioè sul luogo di lavoro, e non su base
territoriale, cioè il luogo di residenza.
4. La milizia: è un organo di tipo militare, caratterizzato da un ristretto numero di persone
che si riuniscono molto spesso, da presenza di armi ed uniformi e da grande obbedienza.
Modello fascista.
CRITICHE
1. La legge ferrea dell’oligarchia: essa porterebbe partiti democratici a trasformarsi in
partiti dominati da un’oligarchia.
Infatti per guidare un’organizzazione complessa occorrono competenze tecniche
specifiche, ed è il possesso di queste competenze a concentrare i poteri in mano di una
oligarchia.
Il partito crea dei capi sempre più slegati dal controllo della base.
In questo modo il partito porta a creare delle diseguaglianze, facendo aumentare il potere
di chi gestisce le risorse necessarie alla sopravvivenza dell’organizzazione.
Chi occupa delle cariche inoltre aumenta il suo prestigio sociale, imborghesendosi e
allontanandosi sempre di più dalla massa di lavoratori.
IL PARTITO PIGLIATUTTO
Modello di partito emergenze nel secondo dopoguerra.
Bagaglio ideologico ridotto
a) Rafforzamento dei gruppi dirigenti di vertice
b) Diminuzione del ruolo del singolo membro del partito
c) Minore accentuazione del ruolo di riferimento di una specifica classe sociale o di una
d) clientela confessione per reclutare elettori
La facilitazione dell’accesso a diversi gruppi di interesse
e)
L’affermarsi del partito pigliatutto sarebbe il risultato di una serie di trasformazioni sociali e
culturali che hanno portato all’indebolimento del sentimento di appartenenza a una
determinata classe.
Attraverso la scelta di temi consensuali il partito pigliatutto cerca di estendere al massimo
il suo raggio di potenziali elettori.
FRATTURE SOCIALI E PARTITI
I partiti presenti nei diversi paesi riflettono fratture sociali avvenute in essi:
La prima frattura si sviluppa tra centro e periferia con la nascita dello stato nazionale.
1. Ci si riferisce ai conflitto