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La democrazia e i requisiti per un regime democratico

E' orientale. Ovviamente, per la democrazia, il solo voto non è sufficiente: Dahl ha redatto un accurato elenco dei requisiti per la creazione di un regime democratico ed è costruito sulle garanzie necessarie da conferire ai cittadini e sui diritti da promuovere e da proteggere affinché le loro preferenze incidano effettivamente sull'azione dei governanti prescelti secondo le modalità suggerite da Schumpeter.

Con riferimento a questo schema, Dahl ha sottolineato che è utilizzabile per valutare i processi storici di democratizzazione e quindi per classificare i diversi sistemi politici. Lo schema può servire anche a distinguere due dimensioni: quella della contestazione nei confronti delle autorità e quella della partecipazione influente. Il procedimento di allargamento delle opportunità di contestazione è definibile come liberalizzazione e conduce dai regimi chiusi alle oligarchie competitive. Il procedimento di

Allargamento delle attività di partecipazione èe conduce a regimi per l'appunto che includono, nei quali definibile come inclusività tutti o quasi hanno la possibilità di partecipare. Ma che non sono necessariamente regimi competitivi allorquando il potere continua ad essere controllato dalle elite dominanti. La democratizzazione discende dalla congiunzione dei due processi: liberalizzazione ed inclusività. Il suo esito consiste nella creazione di regimi che Dahl definisce poliarchie, usando un termine di origine greca, poiché di questi regimi nessun gruppo è in grado di egemonizzare il potere politico che, invece, è relativamente diffuso fra una pluralità di detentori. Se il sistema politico soddisfa i requisiti indicati da Dahl e rispetta le garanzie ed i diritti per i cittadini e per i gruppi, la democrazia in entrata, quella che riguarda le preferenze espresse dai diversi soggetti politici, è sostanzialmente conseguita.

Nel corso del tempo, questa democrazia potrà essere integrata ed arricchita dal ricorso a forme di democrazia diretta, quali le petizioni e, in particolare, i referendum. A questo punto, si apre il problema della democrazia in uscita, vale a dire del grado di controllabilità delle decisioni prese dai governanti, di identificabilità delle loro responsabilità specifiche, di revisione delle decisioni, anche attraverso i referendum, di rispondenza specifica o generale alle preferenze dei cittadini. In questo caso, come abbiamo visto, gioca un ruolo essenziale il perseguimento della rielezione e quindi la paura della sanzione da parte dell'elettorato, inoltre i perdenti imbastiranno una seria opposizione per convincere l'elettorato della bontà delle loro proposte. Ovviamente il controllo dell'opposizione sull'operato dei governanti dipenderanno molto dal tipo di democrazia che è stata costituita. In sostanza la definizione diSchumpeter consente di cogliere l'essenza del metodo democratico, ovvero le condizioni politiche fondamentali per l'affermarsi di un regime democratico competitivo. A loro volta i requisiti individuati da Dahl e le garanzie da lui ritenute indispensabili specificano i passaggi politici cruciali attraverso i quali si perviene alla democrazia e la si mantiene. È successo quindi in alcuni casi che il punto di partenza del processo di trasformazione politica è rappresentato da un regime che non è né specificamente autoritario né, tanto meno, rigidamente strutturato come tale, ma è semplicemente non democratico: il regime si mantiene non tanto grazie alla repressione, ma grazie alla tradizione in quanto ha sempre ottenuto una obbedienza, più o meno passiva. Al contrario Dahl e Lindblom hanno continuato a interrogarsi sugli inconvenienti che il capitalismo produce per i regimi democratici, soprattutto per la loro qualità, specie.per quanto riguarda lo squilibrio di potere a favore dei capitalisti. Tuttavia, è giusto altresì mettere in rilievo come i sistemi economici del socialismo realizzato abbiano implicato una concentrazione ancora maggiore di potere economico nelle mani dei detentori del potere politico, con la conseguente e assoluta impossibilità di costruire qualsiasi forma di regime democratico. In generale il sistema internazionale opera come fattore facilitante oppure debilitante di tendenze democratiche pre-esistenti. In generale possiamo dire che il dominio positivo, vale a dire la probabilità che la costruzione di un regime democratico eserciti influenza in questo senso sugli altri sistemi politici della stessa area geografica, è più frequente del dominio negativo, del processo attraverso il quale il crollo/fallimento di un regime democratico trascini con sé gli altri regimi democratici della stessa area. Huntington ha individuato tre ondate di

democratizzazione e due ondate di riflusso:

  • prima ondata di democratizzazione 1828-1926
  • prima ondata di riflusso 1922-1942
  • seconda ondata di democratizzazione 1943-1962
  • seconda ondata di riflusso 1958-1975
  • terza ondata di democratizzazione dal 1974

Oggi la percentuale degli stati democratici appare la stessa, 45% di quella esistente alla fine della prima ondata di democratizzazione. Opportunamente, Huntington si interroga sulle diverse condizioni che danno origine alle tre ondate. Collega la prima ondata ad un insieme di condizioni socio-economiche: industrializzazione, urbanizzazione, emergere della borghesia e della classe media, comparsa della classe operaia e sua organizzazione, graduale riduzione delle disuguaglianze economiche. Mette in relazione la seconda con fattori politici e militari: vittoria degli alleati nella seconda guerra mondiale avvio dei processi di decolonizzazione. Propone una spiegazione molto più articolata e differenziata per la terza ondata, fondandola su un

Fattore generale definibile come apprendimento: benvenuti dei ventinove paesi in oggetto avevano avuto esperienze precedenti con la democrazia, anche se brevi e/o marginali. Poi individua cinque mutamenti responsabili della terza ondata di transizioni alla democrazia. Sono, da soli oppure in combinazione, i seguenti:

  1. la crisi di legittimazione dei regimi autoritari
  2. una crescita economica senza precedenti
  3. il nuovo ruolo della chiesa cattolica dopo il Concilio Vaticano II
  4. l'impatto della comunità europea sui regimi autoritari dell'Europa meridionale
  5. il ruolo delle politiche per la tutela e la promozione dei diritti umani e lo spettacolare tentativo di Gorbaciov di trasformare i regimi comunisti
  6. l'effetto di contagio (o effetto domino) dei processi di democratizzazione

Oggi nonostante i molti limiti dei paesi a giovane democratizzazione si crede che il prossimo riflusso sarà piuttosto debole ed inoltre, altri paesi sono vicini ad una transizione democratica.

Molti paesi di giovane democratizzazione appartengono all'Europa centro-orientale e ciò costituisce come una specie di zoccolo duro della democrazia. Utilizzando alcuni indicatori socio-economici quali reddito pro capite, grado di istruzione, tasso di urbanizzazione, livello di industrializzazione, esposizione ai mezzi di comunicazione, Lipset sostenne che sono i sistemi socio-economici più sviluppati quelli che riescono a creare e a mantenere un regime democratico (lo studio, degli anni sessanta, era legato ai processi di decolonizzazione e alla difficoltà alla democrazia dei paesi latino americani). Non era chiaro tuttavia se Lipset si limitasse a sostenere di avere individuato delle correlazioni, per quanto consistenti e significative, fra un determinato livello di modernizzazione socio-economica e l'esistenza di un regime democratico, oppure se intendesse stabilire fra loro una relazione di causa/effetto. Nel secondo caso, infatti, si potrebbe formulare una legge.di natura probabilistica secondo la quale tutti i sistemi socio-economici che sorpassino un certo livello di industrializzazione, alfabetizzazione, urbanizzazione e reddito pro capite daranno vita a regimi democratici e, secondo la quale, viceversa, tutti i regimi che sono diventati democratici devono questa condizione essenzialmente al fatto che i loro sistemi socio-economici hanno superato quelle soglie di sviluppo. Secondo alcuni autori, non sono tanto le caratteristiche aggregate che contano per l'affermazione della democrazia, del sistema socio-economico quanto piuttosto l'assenza di squilibri e disuguaglianze di grande portata fra i vari gruppi sociali. Grandi disuguaglianze di potere socio-economico non possono coesistere con un regime politico nel quale il potere politico dovrebbe essere distribuito in maniera relativamente egualitaria e, comunque, non a disposizione quasi esclusiva dei detentori di risorse socio-economiche. Si noti che è possibile sostenere anche il contrario.vale a dire che la democrazia mira a ridurre e a contenere le disuguaglianze socio-economiche: i voti che controbilanciano le risorse, e che, se non vi riesce, apre la strada al suo svuotamento e a esiti potenzialmente autoritari. Altri studiosi hanno sostenuto che non conta tanto il livello specifico di sviluppo socio-economico quanto le modalità con le quali è stato perseguito e conseguito. Il tentativo di ottenere sviluppo socio-economico in maniera accelerata impone di fare leva su metodi autoritari e, di conseguenza, è destinato ad avere effetti tanto destabilizzanti sul sistema politico da non riuscire a condurre ad un regime democratico. D'altro canto, è stato sostenuto che soltanto un regime autoritario o totalitario, in special modo quando gode di sufficiente stabilità politica, può concentrare sufficiente potere per produrre quella accumulazione primitiva indispensabile ad un accelerato sviluppo economico. Nell'arco diunagenerazione politica, però, gli autocrati perdono interesse a produrre sviluppoe diventano predoni, cioè si appropriano della maggiore quantità possibile di risorseprodotte dalla società, causandone l'impoverimento, mentre i governanti democratici,volendo continuare ad ottenere il potere politico attraverso il consenso elettorale,hanno un interesse specifico e prevalente a proteggere i cittadini, le loro proprietà e leloro capacità di produrre ricchezze senza espropriarli (Olson).Huntington ha ripreso le idee di Lipset analizzando il prodotto nazionale lordoprocapite ed ha trovato una effettiva correlazione. I dati trovati sembrano così cogenti da trasformare in rapporti di causa ed effetto quelle che in linea di principiocontinuano apparire come delle correlazioni. Da un altro, ma simile, punto di vista, latesi di Lipset è stata significativamente riformulata da Przeworski e Limongi sottodue aspetti e, poi, più

ampiamente da Prz

Dettagli
Publisher
A.A. 2006-2007
14 pagine
2 download
SSD Scienze politiche e sociali SPS/04 Scienza politica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher flaviael di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di scienza politica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Cagliari o del prof Venturino Fulvio.