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La teoria quantitativa della moneta
Occorre precisare che la teoria quantitativa della moneta si riferisce al caso particolare di un sistema economico in cui la moneta viene impiegata solo con funzione di intermediaria degli scambi e mezzo di pagamento, e non come riserva di valore.
Come accennato, Fisher sintetizzò la teoria quantitativa in una formula nota come equazione degli scambi. La formula illustra il principio che il valore totale delle merci scambiate sul mercato in ogni unità di tempo deve necessariamente essere uguale alla quantità di moneta in circolazione nel sistema considerato:
QP = MV
dove:
- M = quantità di moneta in circolazione
- V = velocità di circolazione
- P = livello generale dei prezzi
- Q = l'insieme delle quantità delle merci scambiate
Da questa equazione possiamo scrivere:
MVP = Q
Quest'ultima formula mette in evidenza che il livello dei prezzi è direttamente proporzionale alla quantità di moneta in circolazione.
Ricordando che la formula che
Esprime il potere d'acquisto della moneta è A = 1/P, possiamo ricavare la formula che esprime il potere d'acquisto della moneta secondo la teoria quantitativa: QA = -----MV
Come si vede, il potere d'acquisto della moneta dipende dalla quantità di moneta in circolazione e dalla sua velocità.
Si deve comunque osservare che la teoria quantitativa presenta dei limiti:
- Il livello generale dei prezzi può aumentare senza che ciò dipenda dalla quantità di moneta o dalla velocità di circolazione.
- Un'ulteriore difficoltà consiste nel calcolare con precisione la velocità di circolazione della moneta. Nella formula di Fisher V viene considerata costante ma, in realtà, essa può subire variazioni dovute a diversi fattori.
- Inoltre, illustrando la teoria monetaria, è importante considerare la congiuntura economica. Infatti, nei periodi di depressione gli affari ristagnano e la velocità di circolazione della moneta può diminuire.
circolazione dell'amoneta si riduce; mentre il contrario avviene nei periodi di espansione dell'attività produttiva.
Capitolo 4
Introduzione alla macroeconomia keynesiana
Il principio affermato dalla teoria tradizionale neoclassica era incentrato sulla legge di Say e sulla fiducia assoluta nei meccanismi di autoregolazione del mercato. La teoria neoclassica esaltava inoltre il laissez-faire come l'unico mezzo possibile per raggiungere l'equilibrio economico e in grado di garantire la piena occupazione di tutte le risorse presenti nel sistema economico. Secondo i neoclassici, il laissez-faire avrebbe garantito inevitabilmente livelli di piena occupazione e di stabilità nel sistema economico.
Questo principio cominciò ad essere messo in dubbio con la grande crisi economica scoppiata nel 1929 negli Stati Uniti e diffusasi su scala mondiale negli anni Trenta. In questi anni, il volume della produzione calò drasticamente e i livelli di disoccupazione
Ricette proposte dagli economisti neoclassici, anche sul piano teorico vennero avanzate critiche nei confronti della teoria tradizionale. L'economista che attaccò a più riprese tale teoria è stato l'inglese John Maynard Keynes. Tra le sue opere più importanti è doveroso ricordare La teoria generale dell'occupazione, interesse e moneta (1936).
Secondo Keynes, è assolutamente sorprendente che dinnanzi ad un'evoluzione drammatica della realtà economica dei paesi più industrializzati (che portò al crollo della borsa di Wall Street nel 1929) gli economisti neoclassici continuino a proporre una dottrina incentrata sulla legge di Say, ponendo l'accento soprattutto sul ruolo dell'offerta e trascurando quello della domanda.
Inoltre, secondo Keynes occorre ricostruire le premesse dell'analisi economica partendo da un presupposto: innanzitutto, infatti, occorre prendere atto che il futuro è incerto.
Prendiamo ad esempio gli investimenti. Gli investimenti sono scommesse sul futuro, nel senso che daranno i loro frutti solo nel futuro. Se il futuro è incerto, non è mai possibile avere la sicurezza che l'investimento avrà successo. Di conseguenza, gli investimenti dipendono dalle aspettative degli imprenditori, che sono disposti in certe circostanze a scommettere sul futuro. Come afferma Keynes, gli investimenti dipendono dagli "animal spirits" degli imprenditori, che li spingono a prendere decisioni anche in condizioni di incertezza. Secondo i neoclassici, gli investimenti dipendono dal tasso di interesse ma un ruolo fondamentale deve essere assegnato anche alle aspettative degli imprenditori. Se le aspettative sono ottimistiche, si potrà avere un volume notevole di investimenti anche con un tasso di interesse relativamente alto, perché gli imprenditori prevedono livelli di profitto remunerativi, mentre se le aspettative sono pessimistiche.anche in presenza di un saggio di interesse basso si avrà un volume di investimenti molto basso. Quest'ultimo caso, ad esempio, si è verificato in Giappone tra la fine del XX secolo e l'inizio del XXI secolo, dove un saggio di interesse praticamente negativo non è bastato a stimolare gli investimenti. In secondo luogo, anche ipotizzando l'esistenza di mercati perfettamente funzionali secondo il modello neoclassico, occorre notare che resta un notevole spazio all'incertezza, perché questi mercati possono essere influenzati da eventi sociali o naturali, che influenzano quindi le variabili economiche. Ad esempio, chi poteva prevedere l'attacco alle Torri Gemelle dell'11 settembre 2001? Questo evento ha influenzato l'andamento della vita economica e ha modificato la redditività degli investimenti. Occorre dunque tener conto del mondo reale nel costruire i modelli economici e non partire da una rappresentazione del mondo inma per conservare il suo valore nel tempo. Keynes sottolinea che la domanda di moneta per motivi di liquidità, cioè per tenere risorse disponibili per future transazioni, è una componente importante della domanda complessiva dell'economia. Inoltre, Keynes critica l'idea che i mercati siano sempre in equilibrio. Secondo lui, i mercati possono essere soggetti a disequilibri e instabilità, che possono portare a periodi di recessione o depressione. Pertanto, secondo Keynes, è necessario che lo Stato intervenga nell'economia per stimolare la domanda aggregata e ridurre la disoccupazione. In conclusione, mentre la macroeconomia neoclassica si basa su assunzioni di mercati perfetti e equilibrio di lungo periodo, Keynes sostiene che è necessario analizzare le problematiche di breve periodo, considerare la domanda di moneta per motivi di liquidità e intervenire nell'economia per stabilizzare l'attività economica.Ma per conservare e trasferire nel tempo il suo valore. In questo caso, sottolinea Keynes la moneta è "un legame tra presente e futuro". Durante i periodi di incertezza, quando non sanno valutare bene il futuro andamento dei mercati o del tasso di interesse, gli imprenditori o i risparmiatori preferiscono rimanere "liquidi", trasferire nel futuro il valore e aspettare tempi più favorevoli prima di utilizzare la moneta in loro possesso. In questo caso si domanda moneta per se stessa, cioè per tenerla e non per disfarsene subito per acquistare beni o servizi, o prestarla ad altri in cambio di interesse, perché si ritiene che questa sia la forma più conveniente di trasferire nel tempo il valore.
Questo breve riassunto mostra alcuni punti fondamentali della teoria keynesiana e mostra come Keynes respinga uno dei capisaldi della macroeconomia neoclassica: la legge di Say.
La critica alla legge di Say
La critica alla HYPERLINK
Legge di Say, rappresenta un grande punto di discontinuità tra Keynes e i suoi predecessori. Per la legge di Say (che prende il nome da Jean-Baptiste Say, economista classico) "l'offerta crea la propria domanda": la produzione di merci e la conseguente creazione di reddito generano una domanda che consente la vendita di tutta la produzione ottenuta. Quindi secondo Say, qualunque sia il volume della produzione che le imprese hanno deciso di effettuare, la produzione stessa verrà interamente assorbita dal mercato. La critica di Keynes alla legge di Say si basa su tre punti: la legge di Say si riferisce a una domanda potenziale ma la produzione deve corrispondere alla domanda effettiva.cioè alla quantità di beni che il mercato è in grado realmente di assorbire; la moneta non svolge solo la funzione di mezzo di scambio ma funge anche da riserva di valore, per cui potrebbe essere possibile che non tutto il reddito venga speso e quindi che la domanda e l'offerta sul mercato monetario non siano eguali; i salari non possono essere del tutto flessibili, sia in conseguenza del potere contrattuale dei sindacati, sia perché la loro riduzione comporta una diminuzione della domanda. Ne deriva che il sistema economico non può regolarsi da sé. L'intervento dello Stato diviene quindi indispensabile per contenere e stabilizzare gli effetti dei cicli economici. Il ruolo dello Stato proposto da Keynes si impone sostanzialmente in tutti i paesi industrializzati e garantisce, nella seconda metà del '900, un lungo periodo di espansione. Il meccanismo del mercato Nella Teoria generale, Keynes mostra un meccanismo alternativo diregolazione del sistema economico, in cui è