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1.3 INTERAZIONI TRA LUCE E MATERIA
Affinché queste interazioni avvengano non è necessario che sia soddisfatta la legge di Plank, ma
l’interazione deve indurre dei cambiamenti delle proprietà elettriche o magnetica della materia.
Per prima cosa deve quindi assorbire 1 quanto di Energia (come dice la Legge di Plank) e poi ciò deve
indurre un cambiamento elettrico o magnetico.
Vediamo alcune interazioni tra luce e materia:
a. EMISSIONE → si ha emissione quando un quanto colpisce la materia. Un corpo
infatti quando è colpito da una radiazione incidente, avente proprietà proprie,
produce emissione di radiazioni. Questo succede sia in caso di energia termica,
elettrica o magnetica. Le radiazioni emesse devono però avere caratteristiche
diverse dalla radiazione incidente. 2
b. ASSORBIMENTO → quando colpisco il campione con una radiazione incidente, che ha propria
lunghezza d’onda λ, frequenza f ed energia E, dal campione esce una radiazione, detta radiazione
trasmessa, in cui varia solo l’intensità e non la frequenza o la lunghezza d’onda. Si ha una
diminuzione dell’intensità luminosa poiché alcune frequenze vengono assorbite e questa energia è
poi dissipata sottoforma di calore. L’assorbimento può essere atomico o molecolare e noi vedremo
quello molecolare e quest’ultimo, osservando lo spettro
elettromagnetico va, scendendo di energia e aumentando
la lunghezza d’onda, dai raggi UV, al visibile, agli IR e alle
Onde Radio. In questa ci includiamo anche la Risonanza
Magnetica Nucleare (RMN)scendendo.
c. FOTOLUMINESCENZA → alcune materie infine fanno tutte e due le cose ovvero sia emettere fotoni
(emissione) e sia trasmettere radiazioni (assorbimento).
1.4 SPETTROSCOPIA DI ASSORBIMENTO
L’assorbimento è la misura della quantità di luce che è assorbita da un campione in funzione della
lunghezza d’onda. Possiamo avere un assorbimento atomico (es. determinazioni quali e quantitative dei
metalli), oppure molecolare ( Etot = E elettronica + E vibrazionale + E rotazionale).
L’assorbimento di una radiazione da parte di una sostanza può essere quantificato andando a misurare la
potenza della radiazione incidente e quella della radiazione trasmessa.
Nella spettroscopia (in particolare UV) si vanno quindi a determinare due tipi di grandezze: TRASMITTANZA
e ASSORBANZA. 3
CAP 2 – RIFRATTOMETRIA
La rifrazione è un fenomeno visibile che consiste nella variazione di direzione di una radiazione luminosa
quando questa attraversa mezzi trasparenti con diverse caratteristiche (densità). Con questa tecnica
vengono analizzati molti farmaci come liquidi puri,eccipienti oppure miscele di più liquidi.
La rifrattometria, come la polarimetria, fa parte delle interazioni tra luce e materia che non danno
assorbimento. Questa tecnica si basa si basa sulla misura di un valore che è detto indice di rifrazione
direttamente correlato con la velocità della luce. Non possiamo invece calcolare la velocità di propagazione.
2.1 LA LEGGE DI SNELL
L’indice di rifrazione è determinato dalla legge di Snell, che dice che quando una radiazione luminosa
attraversa due mezzi, tra cui uno di questi è l’aria e l’altro è un qualsiasi mezzo trasparente, la radiazione
luminosa cambia la sua direzione.
Si osservò che il rapporto tra il sin dell’angolo di incidenza e il sin dell’angolo della luce rifratta è uguale al
rapporto tra le velocità della radiazione luminosa nei due mezzi, ovvero:
Snell dimostrò che vi è un rapporto, che è costante (K), che è detto indice di rifrazione n.
L’indice di rifrazione n, secondo il mezzo 1 che prendo in considerazione può essere:
- Assoluto
- Relativo 4
L’indice di rifrazione assoluto è il valore che è sempre misurato in relazione alla velocità di propagazione
della luce nel vuoto, ovvero è uguale al rapporto fra la velocità di propagazione dell’onda nel vuoto e la
velocità di propagazione dell’onda nel mezzo considerato:
Gli indici di rifrazione assoluti sono tutti maggiori di 1.
L’indice di rifrazione relativo, invece, è dato dal rapporto dal rapporto delle velocita’ di propagazione della
radiazione nei due mezzi, in cui uno dei mezzi è sempre l’aria.
Possiamo inoltre osservare che aumentando la densità del mezzo, diminuisce la propagazione della
luce,mentre, all’aumentare della densità aumenta anche l’indice di rifrazione.
Facciamo alcuni esempi:
1° situazione: MEZZO I < MEZZO II Il mezzo I è l’aria. Osservo che aumentando l’angolo di incidenza,
non se i due angoli sono perpendicolari tra loro, aumenta anche
l’angolo di rifrazione poiché il rapporto è costante. Se colpisco con
un raggio radente a 90° ottengo il massimo angolo di rifrazione detto
angolo limite. Praticamente devo calcolare l’angolo limite per poter
calcolare l’indice di rifrazione. L’angolo limite infatti mi delimita due
diverse zone, una illuminata e una d’ombra che risulta scura poiché
si è superato l’angolo limite e si ha quindi una riflessione totale.
2°situazione: MEZZO I > MEZZO II Se colpisco il mezzo II con una radiazione il cui angolo è maggiore
dell’angolo limite ottengo una riflessione. Se invece mi pongo
sull’angolo limite osservo la formazione dell’angolo di 90°. Questo
secondo angolo è detto angolo critico poiché oltre questo osservo il
fenomeno della rifrazione. A noi interessa l’indice di rifrazione della
sostanza incognita. 5
Come faccio a trovare l’angolo limite? Devo posizionare l’oculare dello strumento nel punto di separazione
delle due zone, ovvero tra quella luminosa e quella buia. Una volta raggiunta questa zona lo stesso
strumento ci da il valore dell’indice di rifrazione della nostra sostanza x.
2.2 RIFRATTOMETRO DI ABBÈ – MISURA DELL’INDICE DI RIFRAZIONE
Lo strumento utilizzato in Rifrattometria è il rifrattometro detto Rifrattometro di Abbé, ed è costituito da
alcune parti fondamentali. Abbiamo una sorgente luminosa che non è una radiazione monocromatica, ma è
una radiazione policromatica, costituita da radiazioni a diversa lunghezza d’onda λ, detta anche luce bianca.
Questa radiazione colpisce il prisma di Abbé dato da due prismi vicini tra cui è stratificata la sostanza che
dobbiamo analizzare. Questo prisma è costituito da calcite, è molto denso ed ha un indice di rifrazione
molto alto. Il prisma corrisponde in poche parole al mezzo II, mentre il mezzo I è dato dalla nostra sostanza.
Dopo che la radiazione luminosa ha attraversato il prisma, poi la sostanza x e poi di nuovo il prisma,
colpisce uno specchio detto specchio di riflessione che mi serve per trovare l’angolo
limite, angolo di 90°. Solo in presenza di questo angolo limite riesco ad osservare una
variazione della velocità di propagazione della luce che ci permette di calcolare l’indice
di rifrazione. La radiazione luminosa a questo punto deve passare nell’oculare in cui
noi osserveremo un campo bipartito in cui ci saranno due zone, una luminosa ed una
buia, non nettamente separate. Questo succede perché la radiazione luminosa
essendo policromatica è costituita da radiazioni con diversa λ e queste radiazioni
vengono rifratte diversamente portando ad una separazione delle due zone sfumata.
Questo fenomeno ci permette di osservare riflessioni multiple. Per risolvere questo
problema il rifrattometro di Abbé presenta nell’oculare un compensatore ottico dato
da prismi detti prismi di Amici che ci permettono così di avere una separazione netta
tra la zona buia e la zona luminosa. Infine possiamo leggere il valore dell’indice di
rifrazione direttamente sullo strumento poiché presenta una scala di valori. 6
2.3 FATTORI CHE INFLUENZANO L’INDICE DI RIFRAZIONE
Ci sono alcuni fattori che influenzano l’indice di rifrazione, questi sono:ù
- TEMPERATURA → l’aumento della temperatura porta ad una diminuzione della densità con
conseguente diminuzione dell’indice di rifrazione assoluto in quel dato mezzo poiché il raggio
luminoso incontrerà un numero minore di molecole per unità di volume. Aumenta inoltre il moto
delle particelle del mezzo e quindi si ha una diminuzione delle interazioni luce-materia.
- LUNGHEZZA D’ONDA → se varia la lunghezza d’onda della radiazione incidente varia anche la
velocità di propagazione e di conseguenza avrò indici di rifrazione diversi. Questa variazione è detta
dispersione ottica. Per questo motivo è stata scelta dalla Farmacopea Ufficiale un valore di λ=589.3
nm, cioè alla radiazione corrispondente alla linea D dello spettro di emissione del sodio (luce gialla
del sodio), perché quasi tutte le sostanze a questo valore di lunghezza d’onda non producono
assorbimento e posso così misurarne l’indice di rifrazione.
- PRESENZA DI CROMOFORI → i cromofori presenti nella molecola non debbono produrre
assorbimenti alla lunghezza d’onda impiegata.
I migliori rifrattometri sono quelli in cui il prisma è posto in una camera termocontrollata in cui si
mantiene una temperatura intorno ai 20°C e inoltre la radiazione luminosa deve essere da una
radiazione monocromatica che ha una λ=589 nm.
2.4 APPLICAZIONI IN FU
La rifrattometria è utilizzata per l’analisi rifrattometrica di sostanze liquide pure o miscele di oli o grassi
al fine di confermarne l’identità. 7
CAP 3 – POLARIMETRIA
la polarimetria fa parte delle interazioni tra luce e materia che non danno assorbimento.
Molti composti, sia di sintesi che di origine naturale, presentano la capacità di ruotare il piano della luce
polarizzata. Questa proprietà, detta potere rotatorio, è legata ad una particolarità strutturale dei composti
che è la chiralità. Infatti la polarimetria misura l’angolo di deviazione della luce polarizzata quando una
molecola chirale otticamente attiva interagisce con essa. Questo è un altro esempio di interazione tra luce
e materia.
La luce polarizzata è costituita da radiazioni che si propagano in un’unica direzione di oscillazione. In queste
radiazioni il vettore che è il campo elettrico oscilla sempre in un solo piano. Quando la luce NON è
polarizzata, invece, e interferisce con una molecola chirale non osserviamo una deviazione dell’onda
elettromagnetica, non perché non abbiamo avuto deviazione dell’angolo ma perché questa luce è costituita
da tutti i possibili campi elettrici che