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PE
Il punto di ebollizione è una caratteristica tipica delle sostanze liquide. A questa T si instaura, sulla superficie di ciascun
liquido, un equilibrio tra la tensione di vapore e la P del liquido stesso che permette l’inizio del processo di ebollizione.
È quindi la T alla quale la tensione di vapore del liquido è pari a 1 atm (s.l.m.). Sempre dal diagramma di fase vediamo
che se la P esterna si abbassa allora anche il punto di ebollizione diminuirà poiché sarà necessaria meno energia per
vincere la tensione di vapore: ciò che ci permette di mettere in relazione T e P esterna è l’equazione di Clausius –
Clapeyron: −
=
∆
Riarrangiando l’equazione otteniamo una dipendenza diretta tra T e P, la quale viene sfruttata per determinare
il PE di sostanze termolabili ma con PE alti (es. glicerina). La prova viene svolta in condizioni di P ridotta
e con un’apparecchiatura da distillazione: un pallone contenente il liquido in esame viene posto
in un bagno siliconico e viene collegato, grazie ad un raccordo a T, ad un refrigerante e ad
un termometro: il termometro misurerà la T del vapore che si sta sviluppando, ma solo nel
momento in cui la condensazione dei vapori sarà tale da far uscire 1-2 gocce al secondo dal
condensatore (ebollizione costante) si potrà leggere il valore di T segnato dal termometro;
questo valore sarà pari alla T ebollizione della sostanza.
Oltre a determinare se la sostanza in esame ha lo stesso PE della sostanza sospetta, questa prova ci permette di
verificare la purezza del composto in analisi poiché, in caso di presenza di impurezze, potrà verificarsi il fenomeno di
innalzamento ebullioscopico.
PF
Passaggio di stato da solido a liquido. Durante la fusione (e quindi il congelamento) il PF non varia al variare della P
esterna (discorso già visto); in generale, però, non si parla di PF ma piuttosto di intervallo di fusione: le sostanze solide,
infatti, non fondono completamente di colpo ad una certa T ma lo fanno in modo graduale; i due estremi dell’intervallo
da considerare sono la T alla quale inizia la fusione e la T alla quale tutto il solido è fuso.
La presenza di impurezze nel solido, a differenza dell’evaporazione, causa un abbassamento del PF a causa dello
sviluppo di un fenomeno di abbassamento crioscopico. Questo è spiegato da:
• Legge di Raoult: la tensione di vapore varia in funzione della frazione molare del solido in modo direttamente
proporzionale, e perciò se sono presenti impurezze la frazione molare della sostanza diminuirà facendo diminuire
la tensione di vapore ?? (non so perché l’abbia spiegato qua visto che si riferisce ai liquidi ma ok);
• Concetto: se nel solido ci sono impurezze, il reticolo cristallino si troverà in una
forma energeticamente maggiore poiché non verranno formate il massimo
numero di interazioni intermolecolari favorevoli. Essendo quindi il solido più
instabile, ecco che la sua T di fusione si abbasserà dato che sarà richiesta meno
energia per vincere le forze di coesione. Questo discorso smette di avere
valenza nel caso di miscele eutettiche, ovvero miscele di solidi con PF differenti
ma che, in determinati rapporti di composizione, fondono alla stessa T; vediamo
quindi che questa miscela si comporta, dal pov della fusione, come una sostanza
pura. Il termine “eutettico” significa letteralmente “che fonde facilmente”, e questo perché il PF dell'eutettico è
sempre minore rispetto ai PF dei due solidi presi singolarmente (una sorta di azeotropo). Nel caso di miscele non
eutettiche otterremo una miscela liquido-solido, durante il processo di fusione, poiché solo una delle due sostanze
sarà arrivata al suo PF; perciò, capiamo che l’intervallo di fusione dell’eutettico sarà molto più ristretto rispetto a
quello di miscele a composizione errata.
I fattori che influenzano il PF sono:
• Dimensioni della molecola;
• Struttura della molecola;
• Interazioni intermolecolari.
Il PF viene misurato solo per sostanze organiche, escludendo quindi sostanze inorganiche o organometalliche; alcune
sostanze organiche analizzabili, però, si decompongono ad alte T: in quel caso vedremo o l’annerimento della sostanza,
con contemporanea riduzione del volume, o la risalita del liquido nel capillare con eventuale sviluppo di bollicine (si
sta decarbossilando, sta perdendo N , ecc…).
2
Per determinare il PF si usa il metodo del tubo capillare: una volta riempito il capillare
con una sufficiente quantità di sostanza, essiccata e finemente triturata, lo si fissa ad un
termometro, facendo attenzione che l’estremità del capillare si trovi all’altezza del serbatoio
di mercurio; si immerge il tutto in un bagno riscaldante e si determina il PF della sostanza.
Al giorno d’oggi, però, vengono usati apparecchi digitali che ci permettono di regolare la
T in modo più controllato, sia dal pov della velocità di riscaldamento che dal valore di T
che si vuole raggiungere. La procedura:
1. Si trita finemente e in modo omogeneo la sostanza da esaminare;
2. Si carica una quantità sufficiente di polvere ottenuta in un capillare chiuso da un versante e aperto dall’altro;
3. Si compatta la polvere caricata posizionando il capillare in testa ad un tubo di vetro dritto, lasciando cadere il
capillare e ripetendo il processo un numero di volte sufficiente a compattare tutta la polvere in fondo al capillare;
4. Si inserisce il capillare all’interno del blocco riscaldante dello strumento, regolando la velocità di aumento della T
in modo lento e regolare, nel caso di sostanze totalmente incognite (non si suppone una potenziale sostanza), o
velocemente fino a 20 °C di distanza dal PF da raggiungere, per poi rallentare permettendo un riscaldamento
omogeneo di tutta la massa solida.
È possibile anche determinare, sempre con lo stesso procedimento, l’intervallo di fusione di una miscela di solidi:
Se siamo sfigati avremo generato una miscela a composizione eutettica; per verificare tale fenomeno si preparano una
serie di miscele A+X a composizione nota e si confrontano i PF con quelli della miscela incognita.
Densità
Indica il rapporto tra la massa e il V (a determinate condizioni di T e P) di una sostanza; la densità relativa è il rapporto
tra la massa di un certo V di una sostanza x e la massa di un uguale V di sostanza presa come riferimento (solitamente
acqua).
= =
′
0
Il suo valore è influenzato dal tipo e dalla disposizione degli atomi in una molecola. Per la sua misura si usano:
• Picnometro: piccolo contenitore di vetro simile ad una beuta, presentante un tappo con un
foro che deve essere riempito con la sostanza da esaminare; per farlo si riempie fino all’orlo
il picnometro e si tappa, permettendo la risalita della sostanza e pulendo successivamente
l’eccesso sversato (per la procedura guarda il quad di lab);
−
1 0
= −
2 0
• Bilancia di Mohr-Westphal: si basa sul principio di Archimede, e quindi sulla
spinta idrostatica applicata dal liquido su un cosiddetto pescante collegato ad
una bilancia costituita da un piedistallo in metallo con alla base tre piedi fissi
ed uno regolabile in altezza per poter posizionare centralmente la punta di controllo
all'estremo di un braccio della bilancia; sull'altro braccio, più lungo, sono presenti dieci
pioli dove verranno appesi quattro pesetti, detti cavalieri, con rispettivo valore di
densità di 0.1, 0.01, 0.001 e 0.0001. Il pescante all'estremo del braccio lungo della
bilancia viene immerso nel liquido e i bracci della bilancia vengono equilibrati
con i pesetti, la cui somma dei valori corrisponderà alla densità del liquido. È
possibile valutare anche la densità di un solido (ovviamente non solubile in
acqua), ma per farlo dovremo sostituire il galleggiante con un piattino forato di
metallo. Prima della misurazione sarà necessario tarare la bilancia prima
manualmente (no pesetti) col pescante in aria e successivamente, con i pesetti,
immergendolo nella sostanza/nel solvente in cui è dissolta la sostanza da analizzare;
• Densimetro: basato anch’esso sul principio di Archimede. È un tubo di vetro contenente un galleggiante e una
scala graduata al suo interno. Immergendo il densimetro nel liquido di cui si vuole misurare la densità potremo
leggere il valore relativo semplicemente dalla scala graduata e nel punto in cui il densimetro affiora dal liquido. Lo
strumento non deve toccare le pareti del recipiente e deve essere completamente asciutto nel momento in cui lo
inseriamo.
11/03/22
Rifrattometria
Tecnica strumentale basata sulla determinazione dell’indice di rifrazione, ovvero una
grandezza che indica di quanto direzione e velocità di propagazione della luce viene
deviata passando da un mezzo ad un altro; la linea di separazione tra i due mezzi
prende il nome di interfaccia. L’indice di rifrazione può essere assoluto, quando la
luce passa dal vuoto ad un qualche altro mezzo:
= ≅
poiché l’indice di rifrazione dell’aria (a 0 °C e 1 atm) è pari a 1.00027, oppure può essere relativo, quando la luce passa
da un mezzo ad un altro (entrambi diversi dal vuoto):
2 1
= = =
2/1
1 2
20
In generale, i valori vengono tabulati a 20 °C e ad una di 598.3 nm e quindi indicati come ; la particolare scelta
è corrisponde alla riga gialla (D) del sodio, e tale scelta è stata fatta in funzione del fatto che la maggior parte dei
,
gruppi funzionali delle molecole studiate non assorbe a quella e di conseguenza non avremo dispersioni della luce
e quindi errori nella misura.
Dalla definizione di indice di rifrazione relativo si ottiene la legge di Snell, la quale afferma che il rapporto tra il seno
dell’angolo di incidenza della luce proveniente dal mezzo 1 sull’interfaccia, rapportato al seno dell'angolo di
propagazione del raggio rifratto rispetto alla normale dell'interfaccia, è pari all’indice di rifrazione relativo:
sin
1 2 2
= = =
sin
2 1 1 ,
Specifichiamo che il raggio indicente e il raggio rifratto si trovano tutti sullo stesso piano. Il valore di come abbiamo
già avuto modo di intuire, varia in funzione di:
• T: si ha una d