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Nell’imprevedibilità del male regna sovrana l’insensatezza. Il male si annida nelle fibre più intime
del tessuto percettivo, traducendo la realtà in forme arbitrarie. Ma il male, come abbiamo visto, non
è legato solo alla violenza fisica.
Michel, protagonista del romanzo Piattaforma, pubblicato nel 2001 da Houellebecq, come Bruno,
trova nel desiderio sessuale allo stato bruto una funzione totalizzante.
Il corpo di Valérie, la donna di Michel, si presenta agli occhi dell’uomo come un assemblaggio di
immagini parziali legate sempre alla sfera sessuale. La realtà di Michel, come quella dei
protagonisti di Particelle elementari, è una realtà distorta, allucinatoria, fittizia.
E lo stesso vale per i protagonisti del film Antichrist di Lars von Trier. E’ impossibile sfilarsi dal
nodo che si avvita intorno ai corpi di chi viene soggiogato dal desiderio sessuale.
Nel prologo i due coniugi vengono ripresi durante un amplesso quasi selvaggio, animato da una
pulsione irresistibile. Nel loro tracotante isolamento risiede il germe del male; nella stanza accanto
il figlio sale sul tavolo e si getta dalla finestra che il vento aveva aperto.
Da qui inizia il violento confronto tra l’uomo e la donna. Quest’ultima tenta di trovare
un’impossibile riconciliazione attraverso la sessualità, sempre più selvaggia e aggressiva, poiché il
male ha ormai soggiogato la donna.
Alla fine, il groviglio di pulsioni insensate spingerà l’uomo ad uccidere la moglie.
Erika, invece, protagonista del film La Pianista, di Michel Heneke, tenta di sottrarsi a questo
desiderio allo stato bruto, finendo però per sacrificare se stessa. Il male si presenta in questo caso
sotto l’aspetto di una rinuncia spietata; Erika infatti, liberatasi del giovane Walter, che provava una
minacciosa attrazione nei suoi confronti, decide di ferirsi con una coltellata nell’ingresso del teatro
dove da lì a poco avrebbe dovuto suonare.
2.2. Nel romanzo di Goffredo Parise, L’odore del sangue, pubblicato postumo nel 1997, tra la
sessualità platonica e il richiamo animalesco esercitato dal sangue esiste un rapporto di stretta
inerenza. Filippo prova per Silvia un amore platonico, dove il sesso non ha più alcuna importanza.
Il protagonista, però, trova piacere in altre donne, mentre Silvia, accondiscendente, continua ad
amarlo.
Filippo non possedendo fisicamente Silvia, ne possiede l’idea. La donna è completamente
sottomessa a Filippo, il quale ne ha annientato ogni forma di femminilità, e questa è forse la
violenza più difficile da fronteggiare.
Alla fine Silvia si risveglia e comincia ad intraprendere una relazione, prevalentemente erotica, con
un giovane di venticinque anni. La donna però, non sfuggirà mai al marito, il quale attraverso
l’abilità introspettiva, riesce ad annientare completamente la donna nella realtà.
Alla fine Silvia verrà trovata nuda coperta di sangue e Filippo riconoscerà le proprie colpe. Egli
voleva possedere attraverso una donna la “femminilità tutta intera”, ma facendo così ha per sempre
rovinato la vita di Silvia, succube dell’idealizzazione di un uomo.
L’idealizzazione è l’espressione di un male più radicalizzato, poiché annienta completamente la
persona idealizzata.
Tobias Horvath, protagonista di Ieri, romanzo pubblicato da Agota Kristof nel 1995, per riscattarsi
dalle sue origini comincia a scrivere. Pensava infatti che per comprendere gli eventi bisognasse
sottrarli al loro fluire e tentare di interpretarli. Ma ogni volta che Tobias scrive, i fatti si deformano.
Ma la funzione della scrittura, per Tobias, è di impedire che gli eventi scompaiano. Tobias,
attraverso la deformazione cui sottopone i suoi scritti, ha inventato un personaggio di nome Line.
Seppure consapevole che Line non esiste nella realtà, egli è convinto di essere venuto al mondo solo
per incontrarla. Line rappresenta per Tobias un’ideale di bellezza irraggiungibile ed anche qui il
protagonista viene risucchiato nel vortice dell’odore del sangue. Ucciderà infatti la madre, l’unica
Line che egli ha incontrato. Inoltre svuoterà di qualsiasi impulso vitale qualsiasi Line che egli
incontrerà nella propria vita, costretto a seguire un ideale irraggiungibile.
La protesa verso una dimensione ideale trova spazio anche nel romanzo autobiografico dal titolo
Tutti i bambini tranne uno scritto nel 1997 da Philippe Forest. All’autore va il merito di aver
riflettuto sul ruolo del male e sul fatto che esso divide, non unisce.
La morte di Pauline a soli quattro anni, dopo una malattia durata 16 mesi, è l’evento per eccellenza
della storia.
La scrittura per Forest, non ha una funzione catartica, le parole mentono, ma attraverso queste
Forest può celebrare la propria figlia con un amore puro e sublime. Attraverso i suoi romanzi, Forest
continua a tenere in vita la figlia Pauline. Con l’avanzare della malattia lo spazio si allarga e il
tempo si dilata poiché “nulla sarà mai come prima”. Forest non vuole combattere la morte,
piuttosto ci si abbandona, elevando l’insensatezza come principio costitutivo della realtà.
Le parole, inoltre, risultano indispensabili per sopravvivere e mantengono in vita un evento che,
altrimenti, scivolerebbe nell’oblio. Forest si è talmente avvicinato alla morte, che ha trasposto
l’esperienza del male in una forma estetica.
Lo stesso ha fatto Serrano nel ciclo La Morgue, presentato nel 1992. L’artista ha ritratto una serie di
cadaveri attraverso dettagli del corpo, dove la morte diventa esperienza estetica.
Grossman, per superare la morte del figlio, si affida completamente alla scrittura, cercando di
esorcizzarne la catastrofe. La scrittura, grazie alla sua funzione consolatoria, permette di debellare
la spinta disgregatrice del male. In conclusione le parole hanno un potere salvifico affidato alla
memoria, dove gli uomini si uniscono in maniera solidale dinanzi al dilagare di questo male
insensato.
Il processo di “straniamento” operato da Forest e da Grassmann viene ripreso da Cattelan nell’opera
Untitled, 2004 che ritrae tre bambini impiccati ad una quercia.
I tre manichini mantengono gli occhi aperti, guardando in direzione dell’osservatore. Lo scambio di
sguardi è espressione di un male supremo ed insensato.
3° CAPITOLO
3.1 Negli ultimi decenni del Novecento la fenomenologia del male è rientrata nella normalità
dell’esperienza ed inoltre ha perso le sue connotazioni etiche per acquistare uno spessore estetico,
dunque percettivo, secondo l’etimologia del termine aisthesis.
Le dissonanze contemporanee permettono di sviluppare una un’attività percettiva completamente
diversa da persona a persona, slittata sempre più spesso nel territorio dell’esplicita insensatezza.
Possiamo considerare il romanzo American Psycho, scritto da Bret Easton Ellis nel 1991, come un
riepilogo delle traiettorie diverse seguite dalle opere di fine Novecento.
Il protagonista Patrick Bateman è un dandy, durante la mattina si occupa di faccende normali, la
notte invece è all'insegna della trasgressione. Infatti con frequenza ricorrente si trasforma di notte in
un seviziatore o assassino di giovani donne.
Le ragioni che lo spingono a seviziare o risparmiare le sue vittime rimangono sconosciute persino a
lui stesso. Infatti la sua esperienza sensoriale è lacerata e frammentata tale che la sua vita risulta
priva di senso. Patrick è mosso dall’odore del sangue da cui non può fuggire.
Impugnare un coltello rappresenta per Patrick una fortissima seduzione e così anch’egli non riesce a
sottrarsi all’inebriante odore del sangue.
La vita di Patrick è impregnata di una tragicità desolata, priva di spiragli catartici. Non c’è un
principio che coordina l’ingorgo delle sue esperienze, egli uccide con impassibile naturalezza.
Negli ultimi capitoli di American Phsyco Patrick diventa consapevole della propria esistenza
frammentata e si arrende rassegnato.
Ma sembra che questa “fragilità” di percezione sia diventata una dimensione psichica globalizzata,
I personaggi dei romanzi di Carrère vivono in una scomposta disgregazione, in preda a pulsioni
elementari. Carrère però non farà altro che assolverli, a causa della straniante realtà in cui sono
costretti a vivere. L’autore, mettendo in scena i fantasmi della realtà, tenta di capire il perché di
determinate azioni, operando attraverso un’azione conoscitiva.
Jean-Claude Romand, protagonista dell’Avversario, ha ucciso premeditatamente i genitori, la
moglie e i figli, e ha poi tentato invano il suicidio. Il motivo che ha spinto il protagonista ad
uccidere la propria famiglia era la menzogna con cui aveva convissuto per 18 anni. «Quando stava
per essere scoperto, ha preferito sopprimere tutte le persone di cui non avrebbe mai potuto reggere
lo sguardo.».
Jean Claude ha vissuto una vita da fantasma, costretto in una bugia (da qui la banalità che si cela
dietro il male) che nascondeva solo il vuoto. L’avversario di Jean Claude era lui stesso.
L’Avversario dimostra come il male ha una natura mutevole, instabile, pronta a mimetizzarsi in
qualsiasi sequenza di eventi – in questo caso nella quotidianità di Ed.
Anche Ed Crane, protagonista, nel 2001, dell’Uomo che non c’era, avrebbe voluto una vita
migliore. Ma quando tenta di rivoluzionarla diventa il responsabile inconsapevole di una catastrofe
nella quale vengono trascinati tutti coloro che gli stanno vicino.
Nei romanzi di Bolaño il male che traina le situazioni più diverse risulta puntualmente immotivato.
Il male ha la capacità di sovvertire l’ordine e bisogna riconoscere che la società contemporanea lo
accetta impassibilmente.
3.2 Sebald, autore di importante rilievo, parlando della Germania nazista, analizza la lacerazione
che si apre nel tessuto percettivo della collettività, dove la vita viene condotta normalmente dal
popolo tedesco, capace di convivere pacificamente con le “idee paranoidi”.
Questa attitudine è presente nella coscienza collettiva, che durante eventi particolarmente
traumatici, si rivela essere impassibile.
18. Oktober 1977, il ciclo di quindici tele che riproducono altrettante fotografie realizzate nel 1988
da Gerhard Richter ritrae l’uccisione-suicidio della Banda Baader-Meinhof.
Nel 1976 e nel 1977 vengono trovati rispettivamente morti Ulriche Meinhof e Andreas Baader.
L’impatto mediatico si dispiega con rapidità istantanea, grazie soprattutto alla vasta documentazione
fotografica dell’evento.
Richter voleva imprimere su tela uno spazio neutro, dove i corp