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Non vi è netta separazione tra bene e male, tra deportati e aguzzini, neanche nei Lager. Si devono sempre
misurare le diverse responsabilità. Il male infatti riesce a risucchiare il bene in una zona grigia, in cui confini
tracce si confondono. Analizziamo quindi I sommersi e i salvati, grande libro del Novecento, per combattere
l’egemonia del male. Secondo Levi, la Shoah non è un crimine incomparabile. Nella Conclusione scrive: “è
avvenuto, quindi può accadere di nuovo, dappertutto”. Nel Lager non era possibile nessuna forma di
resistenza, e l’eliminazione di ogni forma di opposizione rende il sistema del Lager simile a quello degli
Stati totalitari. Negli Stati totalitari la resistenza è quasi assente, perché al loro interno esistono sempre
delle forme di sottrazione (anche minima) al potere. Nel Lager invece la resistenza non è possibile; è quindi
la versione perfetta del potere. Il Lager diventa quindi un laboratorio in cui poter studiare la fisica del
potere. Nel Lager non esiste la dignità, il rispetto per l’essere umano. Sin dall’ingresso la dignità umana
non entra: agli appena deportati vengono riservati calci, pugni, denudazione, rasatura dei capelli, ordini
urlati con collera, vestizione con stracci… ribellarsi è inutile perché vuol dire suicidarsi. Nel Lager vige una
selezione invertita: gli uomini più coraggiosi vengono trucidati subito. Ecco anche perché i sopravvissuti
sono pieni di vergogna, perché sanno di essere lì a raccontare in vece dei migliori. L’eliminazione fisica dei
più coraggiosi non solo elimina ogni impulso di ribellione verso il sistema del Lager, ma anzi crea una lotta
tra i prigionieri. Siccome non si può difendere la propria dignità, allora si può tradire l’altro. L’unica forma di
coesione praticabile è la coesione fratricida a danno dei più deboli, su cui si scarica una parte della
violenza a cui si è sottoposti. La prevaricazione si rivolge contro chi è ancora più impotente.
2.2 - La corruzione delle vittime
•• La zona grigia secondo Levi nasce quando il campo degli oppressori si confonde con quello delle vittime.
Esistevano infatti dei prigionieri-funzionari che andavano contro i prigionieri semplici: si davano ad alcuni
dei piccoli privilegi ai quali ci si attaccava in modo feroce e disperato per farli agire contro i prigionieri
semplici. Qui non solo non c’è più fraternità, ma si è diventati una parte del meccanismo di detenzione. La
zona grigia conosce a sua volta diverse tonalità di colore e va da coloro che esercitavano ruoli marginali a
figure che finivano per partecipare in modo evidente alla gestione di funzioni delicate dei campi. I
collaboratori esterni hanno tradito una volta e possono tradire ancora, quindi bisogna vincolarli mettendoli
alla prova facendo commettere loro un crimine per conto dell’organizzazione senza sollevare obiezioni. Il
potere contagia e corrompe, reclutando collaboratori tra le vittime. Gli uomini sono corruttibili: quanto più è
dura l’oppressione, tanto più è diffusa tra gli oppressi la disponibilità a collaborare con il potere. Secondo
Levi la tesi della banalità del male di Arendt è simile al concetto di zona grigia di Levi. Dice Levi: “Io di
mostri non ne ho visto neanche uno”. È il carattere totalitario dello Stato a rendere banale il male, a far
apparire normale che un uomo diventi un aguzzino di altri uomini. La banalità del male sta tutta nella cecità
dei complici, che ha neutralizzato ai loro occhi la percezione dell’orrore. La zona grigia invece parla del
Lager, dove non c’è resistenza e dove le vittime sono complici degli aguzzini. I prigionieri che diventavano
Kapò vedevano in questa “promozione” la confusa opportunità di sottrarsi al loro destino oppure la
possibilità di dare uno sfogo sadico alla loro frustrazione. Gli oppressori anche devono sottostare agli ordini
ricevuti dall’alto, ma comunque sono colpevoli per non aver usato la loro libertà.
2.3 - La fragilità, il giudizio e il perdono
•• Secondo Levi i deportati sono uomini medi e non ci si poteva aspettare da tutti loro il comportamento che
ci si aspetta dai santi e dai filosofi stoici. L’uomo secondo Levi è una creatura confusa, nella quale la
confusione cresce proporzionalmente alle tensioni che si esercitano su questa. Per questo non si possono
giudicare le vittime nei Lager. Prima di giudicare bisogna provare a immaginare la condizione di chi dopo
anni di reclusione in un ghetto veniva caricato su un treno diretto verso destinazione ignota perdendo tutto
ciò che aveva e infine veniva scagliato in un inferno trovandosi continuamente di fronte a un dilemma: o
l’obbedienza immediata o la morte. Ogni uomo ha un’idea di sé quando vive in una condizione normale, ma
non sa come reagirà se sarà sottoposto a una aggressione sistematica, a violenze fisiche e psicologiche
ripetute… Il crimine massimo del nazionalsocialismo sta nell’aver ucciso l’anima delle vittime facendole
diventare carnefici a loro volta. I prigionieri-funzionare sono da sottrarre al giudizio perché sono stati
sottratti alla loro libertà. Il male corrompe e confonde, cerca di inquinare le prove. Levi critica Dostoevskij
sia per lo stile (ha una lucidità introspettiva, ma una confusione nello scrivere) sia per il concetto di
perdono. Levi non crede, Dostoevskij è un cristiano. Levi non può perdonare. Non ha autorità per dire “ti
assolvo dalla punizione”.
2.4 - Capire non vuol dire perdonare
•• La zona grigia di Levi indica l’indecifrabilità e l’ambiguità dell’uomo. La storia di Chaim Rumkowski è la
storia di un ebreo presidente del ghetto di Lodz e si comportava come fosse un re di quel regno. Ma tutti
noi siamo abbagliati dal potere e dal prestigio come lui, dimenticando la nostra fragilità essenziale. Non è
detto che il potere sia intrinsecamente nocivo alla collettività, tant’è che una certa misura di dominio
dell’uomo sull’uomo è inscritta nel nostro patrimonio genetico in quanto animali sociali. Il potere è
necessario all’organizzazione della vita sociale degli uomini, ma contiene in sé una grandissima tentazione:
quella di una sovrapposizione agli altri. Il potere è come la droga. Secondo Levi nessuno di noi prima di
trovarsi davanti a situazione estreme può conoscere la propria forza, il proprio coraggio e il proprio valore.
Ogni individuo secondo Levi è un oggetto così complesso che è inutile cercare di prevederne il
comportamento, soprattutto se in situazioni estreme. Levi riconosce che l’uomo sia una creatura confusa
che non conosce bene neanche se stesso. Dostoevskij ha indicato la coscienza confusa che l’uomo ha di
se stesso, ma secondo Levi da questa confusione non dobbiamo farci attrarre mettendo sullo stesso piano
vittime e carnefici. Davanti alla confusione dobbiamo sospendere il giudizio, non assolvere. Auschwitz ci
insegna che non possiamo abbassare la guardia di fronte al male e non dobbiamo dimenticare.
3 - I nuovi interpreti della “Leggenda del Grande Inquisitore”
3.1 - Vecchi e nuovi inquisitori
•• La Leggenda del Grande Inquisitore però non è attuale, perché è ambientata nella società spagnola del
Cinquecento, dominata da superstizione religiosa (miracolo), ignoranza (mistero) e sottomissione acritica e
devota a chi comanda (autorità), quindi non è efficace per analizzare il rapporto tra il potere e la debolezza
degli uomini. Alcuni hanno ritrovato in una discussione tra Adorno e Gehlen un dialogo tra rispettivamente
Cristo e l’Inquisitore (ma Adorno risponde molto più di quanto non faccia Cristo). Secondo Gehlen l’uomo
non ha scemi preordinati di comportamento (istinti) così come ce l’hanno gli animali, e quindi ha un
costante bisogno di istituzioni che gli consentono di rendere stabile la sua condotta. Le istituzioni (che sono
una creazione umana) diventano una seconda natura che immette la vita umana nei binari della routine e
dei ruoli. Secondo Adorno invece le istituzioni sono da abolire perché solo in questo modo si riesce a
conquistare la propria libertà. Mentre per Gehlen le istituzioni servono proprio per liberare gli uomini dal
fardello di dover prendere decisioni su tutte le questioni della loro vita. Secondo Adorno se si esonerano gli
uomini dalla responsabilità e non si pretende da loro autodeterminazione, anche il loro benessere e la loro
felicità in questo mondo è pura apparenza. Secondo Adorno gli uomini aspirano agli esoneri proprio per via
del peso che viene loro imposto dalle istituzioni, quindi da ordinamenti del mondo a loro estranei e che
hanno strapotere nei loro confronti. Secondo Gehlen le istituzioni invece liberano il tempo e l’attenzione
degli uomini per attività più complesse e selezionate: poter contare su alcune certezze di fondo rende la
vita più agevole. Gehlen come l’Inquisitore crede che gli uomini siano deboli e limitati, e quindi che
l’esercizio dell’autonomia non sia da loro praticabile. Gehlen è un conservatore e vede in maniera
catastrofica ogni prospettiva di ampliamento della sfera dell’autonomia degli uomini.
3.2 - Sconfitta e redenzione
•• Tra gli uomini e l’emancipazione c’è l’ostacolo della debolezza che li spinge a scegliere una vita meno
consapevole e più chiusa nei meccanismi riproduttivi di un sistema sociale che offre infiniti stimoli e merci.
All’uomo autonomo si contrappone il consumatore, che si muove nella sfera limitata della comparazione tra
le diverse merci e ha come unico programma quello dell’accrescimento del proprio benessere privato.
L’uomo medio ha abbandonato l’emancipazione scegliendo l’industria culturale, che governa i gusti, il
lavoro e il riposo (l’industria culturale ha quindi una grande potenza manipolatrice). Il socialismo ha fallito, il
capitalismo ha trionfato. Ci si chiede quindi se la prospettiva dell’emancipazione non sia condannata a
rimanere irrealizzata per sempre. Il programma dell’emancipazione è ispirato da un’idea alta e nobile di
umanità, ma sembra destinato a rimanere irrealizzabile. La società dei consumi, proprio come l’Inquisitore,
è comprensiva sulle debolezze dell’uomo: suscita desideri e sogni, li asseconda, li forma e li soddisfa. Il
mercato coltiva, allarga e suscita tentazioni conducendo una lotta nascosta contro tutti quelli che lo
criticano in nome di alti principi morali. Il mercato svuota le piazze che un tempo erano piene per ascoltare
le nobili figure e riempie i centri comm