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V. brevità della vita.
De providentia affronta il problema della provvidenza divina che apparentemente
VI. punisce i giusti e premia i malvagi.
Il De clementia è dedicato al giovane Nerone, come traccia di un ideale programma
VII. politico ispirato a equità e moderazione. Seneca afferma che il potere unico è ideale
alla concezione stoica di un logos che governa. Il sovrano dovrà essere frenato
dalla sua stessa coscienza, che lo dovrà trattenere dal governare come un tiranno.
La clementia è la virtù che dovrà usare contro i sudditi, non incutendo loro timore:
solo così potrà ottenere da loro consenso e devozione. In tal modo si realizza la
filosofia alla guida dello stato. Dopo i quinquennium felix (55-60) questo progetto
non sarà più attuabile.
Il de beneficiis è l’alternativa al De clementia. In quest’opera Seneca analizza il
VIII. rapporto tra benefattore e beneficato e i doveri di gratitudine fra di loro.
Le epistulae ad Lucilium sono una raccolta di 14 lettere indirizzate a Lucilio. Si tratta
probabilmente di un epistolario fittizio. Le sue lettere sono diverse da quelle di Cicerone ad
Attico, perché le lettere di Seneca sono ispirate a quelle di Epicuro agli amici, in cui vi è un
chiaro intento didascalico. Le lettere di Seneca vogliono essere uno strumento di crescita
morale. Man mano che l’epistolario procede, prende la forma di un trattato filosofico. I temi
sono: otium, amicizia, meditazione, ricerca dell’autarkeia.
Lo stile di Seneca è caratterizzato da un fitto uso di sententiae, a fissare nella memoria un
precetto. Le frasi sono legate fra di loro asindeticamente per antitesi; a questo proposito
Caligola lo definisce “arena sine calce”. Il periodo paratattico prevale su quello ipotattico, e
questo, secondo Traina, è da collegare alla precarietà politica che viveva Roma in quegli
anni, cioè una mancanza di un centro, di un fulcro centrale, come era presente nell’epoca
di Cesare e Cicerone. Per questo nel periodo Ciceroniano prevale l’ipotassi. In sostanza lo
sgretolamento del periodo senecano è da collegare allo sgretolamento politico di quegli
anni.
Tragedie: i modelli sono per lo più Sofocle e Euripide. Le varie vicende tragiche si
configurano come conflitti di forze contrastanti fra mens bona e furor, ragione e passione,
in cui spesso il furor prevale. Non si sa se fossero destinate alla rappresentazione o alla
lettura.
Apokolokyntosis tratta della trasformazione di Claudio in zucca, da collegarsi alla satira
menippea.
Lucano
Della sua produzione resta soltanto la Pharsalia, un poema epico che risulta
un’appassionante denuncia della guerra fratricida. Non potendo mettersi nel solco di
Virgilio, Lucano scrive contro di lui. Elementi di novità: manca completamente l’apparato
mitologico, per questo il poema fu aspramente criticato nell’antichità; la narrazione è di tipo
cronachistico o annalistico; vi è un fitto uso di sententiae concettistiche. Inoltre si assiste a
una deformazione della realtà a fini ideologici.
Virgilio e Lucano. Per Virgilio l’epica era stato lo strumento per esaltare la gloria
dell’impero romano; in Lucano diventa strumento di denuncia della guerra fratricida,
dell’avvento di un’era di ingiustizia. Per Virgilio l’oggetto da narrare è il mito; per Lucano è
una storia ben documentata e conosciuta. Per Virgilio le profezie servono a rivelare le
future glorie di Roma; per Lucano, sempre nel libro VI, l’episodio della nekyomantèia
(negromanzia) fornisce l’occasione per illustrare la rovina che attende l’impero romano.
Inoltre la Pharsalia è un poema senza eroe; tutto ruota attorno a Cesare, Pompeo e
Catone. Cesare rappresenta il trionfo del furor, e non mostra clemenza per i vinti. Pompeo
è un personaggio passivo, succube del destino, che mostra attaccamento verso i figli e la
moglie (Ettore e Andromaca); alla fine si convince che la morte per una giusta causa
costituisca l’unica via di riscatto morale. Catone, consapevole della malvagità dei fati, si dà
la morte, unico modo che gli resta per affermare la propria libertà.
Nel proemio sono ancora vive le speranze nell’avvento al potere di Nerone. Giove aveva
profetizzato a Venere l’avvento di una nuova età dell’oro. Nerone, e non Augusto, è la vera
realizzazione delle promesse del Giove virgiliano.
L’impostazione dei primi tre libri presenterebbe aspetti simili al de clementia di Seneca,
dove sembra possibile la conciliazione del principato e della libertà. Nel seguito del poema
il pessimismo lucaneo si fa sempre più radicale.
Il linguaggio lucaneo è caratterizzato da un fitto uso di sententiae, derivato dalla necessità
di esprimere un’ideologia politico-moralistica, che si riduce a retorica. Per la tendenza al
pathos e al sublime, lo stile di Lucano si è potuto accostare a quello delle tragedie di
Seneca, tant’è vero che si è parlato di barocchismo o manierismo. Viene inoltre definito da
Quintiliano ardens et concitatus, per l’incalzante ritmo narrativo dei periodi e l’uso sfrenato
di enjambement.
Petronio
È un membro dell’entourage di Nerone, eletto dall’imperatore giudice dello chic e della
raffinatezza, il suo elegantiae arbiter. A Petronio si attribuisce un lunghissimo prosimetro
intitolato Satyricon. Non conosciamo l’estensione dell’opera. Al medesimo autore
rimandano anche alcune poesie contenute nell’Anthològia latina. Per la sua complessità
letteraria, il Satyricon sfugge a un facile inquadramento nel sistema di generi. Viene
classificato dai moderni come romanzo antico insieme a una serie di testi grevi, databili
intorno al I e IV d.C.
Il romanzo greco narra le vicende di due innamorati che, separati dalle avversità, dopo vari
ostacoli e peripezie, si ricongiungono: il tono è serio, la narrazione idealizzata. Ma se da
una parte il Satyricon sembra riprendere questi schemi, dall’altra, per l’uso del prosimetro,
è stato accostato alla satira menippea. Petronio struttura il racconto come una parodia del
romanzo greco: cala il protagonista Encolpio in una serie di peripezie, ma utilizza
ironicamente le sceneggiature che il romanzo greco aveva copiato dalla letteratura
sublime: ad esempio la coppia di innamorati fedelissimi e casti viene sostituita da una
coppia omosessuale di amanti debosciati e infedeli)
Encolpio è un piccolo avventuriero che vive di espedienti, l’antieroe del romanzo greco:
tanto ineccepibile moralmente quello, quanto è debole Encolpio. Encolpio è uno
scholasticus che si immedesima nelle grandi figure mitico-letterarie. Forza antagonista del
sublime letterario è il realismo: ai modelli alti che Encolpio e compagni si illudono di poter
rivivere, si contrappone la fisicità del corpo con i suoi istinti. Sesso, cibo e denaro sono
temi bassi con cui il narratore mostra l’inadeguatezza dei personaggi.
Heinze presenta il tema della parodia del romanzo greco, ma viene smentito da un
ritrovamento papiraceo del ’99, dove si legge che in Grecia esiste un romanzo antimorale,
i cui protagonisti sono, a volte, omosessuali.
Il realismo petroniano è uno strumento satirico contro le pretese della cultura declamatoria
diffusa dalla scuola e della trivializzazione della letteratura in atto nell’età neroniana.
Satira
Persio e Giovenale dichiarano di rifarsi alla satira di Lucilio e di Orazio. Tuttavia i due poeti
imprimono a questo genere elementi di novità: il pubblico non è più una cerchia d’amici,
ma le satire sono dirette a un pubblico generico di lettori-ascoltatori; la forma del discorso
non è più quella oraziana della conversazione costruttiva che si dispone di sorridere e far
sorridere, adesso la parola del poeta satirico si pone su di un piano di comunicazione
diverso. La forma dell’invettiva prende il posto del modo confidenziale e garbato, del
sorriso autoironico; il manierismo al posto del classicismo dell’età augustea; la recitazione
al posto della lettura.
Persio
Scrive 6 satire. La scelta del genere satirico è per Persio l’esito naturale di una concezione
del mondo molto pessimistica, influenzata dallo stoicismo di Cornuto. La tensione morale
che anima l’autore si riflette nei suoi versi, che intendono esprimere la più assoluta
riprovazione verso la corruzione della società romana. Di qui l’uso di un tono aggressivo e
la scelta di una scrittura difficile che, per rappresentare la multiforme fenomenologia del
vizio, si compiace di indugiare su immagini legate alla sfera del corpo e del sesso. La
sfiducia nella possibilità di redimere il mondo dalla degradazione morale attribuisce alla
scrittura uno statuto particolare: Persio affida alla satira una sorta di monologo-
confessione, in cui la poesia, priva ormai della possibilità di incidere sulla realtà, diviene
per il poeta stesso strumento di un itinerario tutto personale verso la saggezza e il distacco
dal mondo.
Giovenale
Scrive 5 libri di satire, per un totale di 16 componimenti. Giovenale sceglie la satira in
quanto la ritiene l’unico genere letterario capace di denunciare la corruzione morale che
infesta la società del tempo. Il poeta colpisce con indignazione le donne e i ceti sociali
emergenti, che hanno sovvertito e inquinato con la loro ricchezza e la loro inconsistenza
umana e culturale gli assetti secolari della società romana. A causa delle mostruosità di cui
il suo tempo ha riempito il mondo, Giovenale sostiene anche che la satira dovrà cambiare
di toni e di stile: poiché delitti e perversioni di ogni sorta hanno di fatto avvicinato la realtà
quotidiana ai temi mitici messi in scena dalle tragedie, è necessario che anche la satira
assuma uno stile tragico, consono a questi nuovi argomenti.
Plinio il Vecchio
Plinio il Vecchio era un grande lettore. La gigantesca opera erudita è la realizzazione più
compiuta delle tendenze culturali diffuse nel suo tempo, tese all’acquisizione di un sapere
enciclopedico anche se non specifico. Il risultato finale fu un’opera destinata a inventariare
l’insieme delle conoscenze acquisite dall’uomo, la grandiosa Naturalis historia, in
trentasette libri. L’autore era vicino alla posizione degli stoici. Infatti la concezione
dell’universo come complessa solidarietà retta da una provvidenza divina, come una
macchina cosmica che l’uomo deve conoscere per rispecchiarne dentro di sé le virtù, era
un’idea atta a guidare il progetto enciclopedico. Tuttavia la scelta di un’enciclopedia è da
interpretarsi come frutto di un eclettismo