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Quasi tutte le opere retoriche sono scritte a partire dal 55, dopo il ritorno dall’esilio. In gioventù aveva
De Inventione
iniziato, senza però portarlo a termine, un trattatello intitolato in cui discuteva sulla
necessità della sapientia per costituire un buon oratore, concetto attinto dalla quasi contemporanea
De oratore
Rhetorica ad Herennium. Costituì la base per il futuro , composto nel 55: è un dialogo
ambientato nel 91 in cui si contrappongono Crasso, che sostiene la necessità di una vasta formazione
culturale, e Antonio, che sostiene un’oratoria più spontanea e istintiva basata sulle doti naturali. Antonio
espone i problemi relativi a inventio, dispositio e memoria, mentre Crasso quelli relativi a elocutio e
pronuntiatio. Cicerone appoggia le teorie di Crasso, quindi quelle di un oratore “vir bonus”. Nel 46 Cicerone
riprese questi temi nell’Orator, aggiungendo una sezione in cui evidenzia i tre fini della retorica: probare,
Brutus
delectare, flectere. Nel delinea, con scopo autoapologetico, una storia dell’eloquenza greca e
romana.
Un progetto di stato De re publica
Un’opera ciceroniana fondamentale è il , in cui identifica la migliore forma di stato nella
costituzione romana del tempo degli Scipioni. Il dialogo è ambientato nel 129 nella villa di Scipione
Emiliano. Nel primo libro parla delle tre forme di governo (monarchia, aristocrazia e democrazia) e delle
loro degenerazioni (tirannide, oligarchia, oclocrazia) riprendendo la tesi di Polibio secondo cui la
costituzione romana è la migliore in quanto sintetizza tutte le forme di governo. Nel secondo libro parla
della costituzione romana e nel terzo della iustitia, criticando il concetto di guerra giusta che i Romani
utilizzavano come pretesto per intervenire nelle vicende degli alleati e estendere il proprio dominio. Nel
quarto e nel quinto libro Cicerone introduceva la figura del princeps, che deve essere in grado di armare il
proprio animo contro tutte le passioni egoistiche per mettersi al servizio della repubblica. Il sesto libro è
Somnium Scipionis
costituito dal .
De legibus
Analogo al De republica è il , dialogo ambientato questa volta nel presente in cui viene esposta
la tesi stoica che le leggi non sono sorte per convenzione, ma si basa sulla ragione innata di tutti gli uomini.
Una morale per la società romana
I lavori filosofici si infittiscono a partire dal 45, in concomitanza con la morte della figlia Tullia e con
l’allontanamento definitivo dalla vita politica. Il metodo filosofico che adotta è l’eclettismo, cioè
confrontare le diverse opinioni delle varie correnti filosofiche. Mostra però una chiusura piuttosto radicale
verso l’epicureismo, perché conduce al disinteresse per la politica e esclude la funzione provvidenziale della
divinità.
De finibus bonorum et malorum
Il è dedicato a Bruto e considerato il capolavoro di Cicerone filosofo.
Tusculanae disputationes
Affronta il problema del sommo bene e del sommo male, mentre le sono una
sorta di monologo interiore che affronta vari temi: morte, dolore, tristezza, turbamenti e virtù come
garanzia della felicità.
La religione e lo stato De natura deorum De divinatione De fato
Di argomenti religiosi trattano il , il e il . La tendenza di
Cicerone è quella di considerare la religione un instrumentum regni, ovvero un modo attraverso cui i politici
possono controllare il popolo e guidarne la moralità.
La vecchiezza e l’amicizia
Cato maior de senectute
Nel Cicerone si proietta nella figura di un anziano che conserva intatti autorità e
prestigio, similmente all’antico censore, ma addolcendone molto la figura: il rude agricoltore della Sabinia
ha ceduto il posto a un raffinato cultore dell’humanitas.
Laelius de amicitia
Il è un’occasione per intrattenere gli interlocutori sulla natura dell’amicizia, vista come
creazione di rapporti personali a scopo di sostegno politico, per cementare la coesione tra i boni. L’amicizia
propagandata non è però solo un’amicizia politica, ma si avverte un disperato bisogno di rapporti sinceri.
I doveri della classe dirigente
De officiis
La stesura del venne iniziata nel 44: si tratta di un trattato dedicato al figlio Marco, basato sui
precetti dello stoicismo moderato di Panezio. Si rivolge in primo luogo ai giovani, attribuendo all’opera
funzione pedagogica. Cicerone cerca di dimostrare come sia impossibile adempiere ai compiti del bravo
cittadino senza essersi aperti all’humanitas, senza aver assimilato la riflessione filosofica greca. I tre libri
parlano rispettivamente dell’honestum, dell’utile e del conflitto tra essi. Elementi fondamentali sono la
beneficentia, la magnitudo animi (il tendere all’ascetismo), il decorum. In questo senso il De officiis può
considerarsi una sorta di galateo ante litteram.
Cicerone prosatore: lingua e stile
Accingendosi a scrivere il proprio poema, già Lucrezio aveva lamentato l’inadeguatezza della lingua latina e
rendere la terminologia filosofica greca: è lo stesso problema che incontra Cicerone, e che risolve cercando
di evitare il grecismo e introdurre quindi nuove parole latine.
Il periodo ciceroniano è caratterizzato da una rigorosa architettura logica (concinnitas), improntata
all’ipotassi. Si notano grande varietà di toni e registri stilistici, che corrispondono a seconda delle esigenze
discorsive. La sua prosa è molto ritmica, caratterizzata dalla presenza di clausole.
Le opere poetiche
Già i contemporanei gli concessero poco apprezzamento, e le generazioni successive niente del tutto: della
sua produzione poetica sono rimasti solo pochissimi frammenti che per lo più sono citati da Cicerone nelle
sue opere in prosa. In gioventù produsse poemetti alessandrineggianti di argomento mitologico (Glaucus,
Alcyones), ma presto si rifà ad una poesia più tradizionalistica, ispirandosi soprattutto a Ennio. A questa
seconda fase della sua poesia appartengono Marius, De temporibus suis e De consulatu suo, molto
sbeffeggiate perché troppo autocelebrative. Fra queste due fasi dobbiamo collocare gli Aratea, traduzione
degli eruditissimi Fenomeni di Arato di Soli.
L’epistolario
Si sono conservate un gran numero di lettere private di Cicerone, che ci permettono di conoscere la sua
Ad familiares ad Atticum ad Quintum fratrem
personalità. Si compone di 16 libri , 16 libri , 3 libri , 2 libri
ad Marcum Brutum . L’epistolario è ricco e vario: si va da bigliettini buttati giù frettolosamente a vivaci
resoconti di avvenimenti politici. La varietà dei contenuti si rispecchia in quella dei toni. Si tratta di lettere
“vere”: Cicerone non pensava a una loro pubblicazione, perciò ci mostrano una sua versione “non ufficiale”,
e lo stile è ovviamente più colloquiale e spesso ellittico.
Filologia, Biografia e Antiquaria
La rapida modificazione dei costumi che si verifica nell’ultimo secolo della repubblica induce il desiderio di
confrontarsi con il passato e offre lo stimolo per una grande fioritura di interessi filologici e antiquari.
Marco Terenzio Varrone (Rieti 116-27)
Originario di Rieti, intraprese carriera politica e militare (fu legato di Pompeo in Spagna). Cesare, salito al
potere, lo perdono e gli affidò l’incarico di organizzare una grande biblioteca.
Antiquitates
Le sono una raccolta di quasi tutto il patrimonio mitico, tradizionale, rituale e istituzionale
della civiltà latina, diviso in res humanae e res divinae. Da frammenti cristiani sappiamo che Varrone
distingueva tre modi di concepire la divinità: la teologia “favolosa”, basata sui racconti mitici dei poeti; la
teologia “naturale”, cioè l’insieme delle teorie filosofiche; la teologia “civile”, che concepisce la divinità nel
rispetto di un’esigenza politica ed è quindi utile allo stato. Per quanto riguarda la storia, Varrone ritiene che
Roma abbia guadagnato il suo ruolo di grande potenza perché ha saputo amalgamare al meglio una serie di
apporti diversi.
Si occupò anche di filologia, dedicando a riflessioni sulla paternità delle commedie ritenute plautine le
Quaestiones Plautinae De comoediis Plautinis
e il , affidandosi per l’attribuzione principalmente allo
De lingua latina
stile. Scrisse anche il , delineando la storia della lingua latina trattando problemi di
origine, etimologie, morfologia, sintassi e stilistica. Le etimologie sono spesso bizzarre e fantasiose, fondate
sull’idea stoica che i nomi delle cose contengano una recondita verità.
Saturae Menippeae
Scrisse anche le , oggi perdute, che costituirono probabilmente il modello per
l’Apokolokyntosis di Seneca e il Satyricon di Petronio. Il titolo indica che si ispira direttamente al filosofo
Menippo di Gadara, vissuto nel III a.C., che aveva composto satire di ispirazione cinica. Dai titoli possiamo
dedurre gli argomenti, che dovevano spaziare da mitologia ad attualità, dando spazio rilevante al
decadimento dei costumi. Una caratteristica peculiare è l’uso del prosimetro.
De re rustica
Nel 37 scrisse il , la sua opera della maturità e l’unica che ci è pervenuta per intero. Il I libro è
dedicato alla moglie Fundania, che ha comprato un podere e chiede consigli sulla conduzione, il II tratta
dell’allevamento e il III tratta dell’allevamento di animali da cortile, api e pesci. E’ solo in apparenza
destinato all’istruzione pratica del fattore, perché del lavoro concreto si occupavano gli schiavi, ma in realtà
serve più che altro a compiacere e alimentare l’immagine del ricco proprietario terriero, che gestisce una
villa lussuosa con uccelliere e piscine.
Lo stile di Varrone ci appare sciatto e poco raffinato se paragonato a quello dei suoi contemporanei, ma
durante l’antichità fu incredibilmente apprezzato e le sue opere furono accolte come insuperabili momenti
di erudizione. La sua fama si riaccese nel Medioevo, in quanto era considerato l’autore pagano per
eccellenza che doveva essere combattuto e criticato.
Cornelio Nepote (100 ca-27)
Originario della Gallia Cisalpina, si stabilì abbastanza presto a Roma dove intrattenne rapporti di amicizia
con Attico e Cicerone. Fu autore di un’opera di cronografia (Chronica) e di 5 libri di Exempla.
De viribus illustribus
La sua opera principale è il , una raccolta di biografie di cui ci è rimasto il libro sui
comandanti militari stranieri (De excellentibus ducibus exterarum gentium) e le vite di Attico e Catone. In
quest’opera intendeva fare un confronto sistematico tra civiltà greca e civiltà latina, raggruppando i
personaggi secondo “categorie professionali” (re, con