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L’oratoria continua ad essere molto importante perché spesso sono i maestri di scuola a tenere i discorsi
ufficiali con cui si ringraziavano gli imperatori, quindi ormai il genere oratorio più praticato è quello dei
panegirici. Ci è pervenuta un’importante raccolta che va sotto il nome di Panegyrici Latini e comprende 12
discorsi rivolti a vari imperatori, con elogi che possono sembrare eccessivi ma servono a veicolare il
programma politico dell’imperatore.
Simmaco è il più famoso oratore di questo periodo, anche se non proviene dall’ambiente scolastico quanto
piuttosto da quello senatorio. Nacque intorno al 340 e ricoprì cariche importanti come il proconsolato
d’Africa e la prefettura di Roma. Ci sono pervenute solo 8 orazioni, mentre meglio conservate solo le
Lettere e le Relazioni, che offrono un repertorio dei personaggi più importanti dell’epoca. Le Relationes
sono lettere ufficiali, che in qualità di prefetto doveva inviare per informare la corte. La più celebre è la
Relatio III del 384, che riguarda la disputa sull’Altare della Vittoria tra Simmaco e Ambrogio con il prevalere
di quest’ultimo.
L’ultima storiografia pagana e Ammiano Marcellino
L’africano Aurelio Vittore ha composto un Liber de Caesaribus, con le biografie degli imperatori da Augusto
a Costanzo. Tenta di unire la tecnica annalistica di Livio e quella biografica di Svetonio. E’ accompagnato da
due operette storiografiche che completano la cronologia ma sono probabilmente spurie, cioè l’Origo
gentis Romanae con la storia di Roma da Saturno a Romolo e un De viris illustribus da Alba Longa fino ad
Antonio e Cleopatra. Se prendiamo tutto nella sua interezza, l’opera sembra un comodo manuale di storia a
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uso delle persone colte, come sarà il Breviarum ab Urbe condita di Eutropio e le Periochae a Livio, riassunti
in principio premessi ai libri ma che poi finirono per sostituire l’originale.
Di stile biografico è l’Historia Augusta, una raccolta di biografie degli imperatori da Nerva a Diocleziano.
Sarebbe stata composta da sei autori diversi, i cui nomi non ci sono noti da nessun’altra fonte, quindi
potrebbero essere fittizi.
Lo storico più importante di tutto il periodo tardo è Ammiano Marcellino, nato ad Antiochia intorno al 330.
Fu ufficiale sotto Costanzo e partecipò a diverse campagne contro i Persiani. Scrisse i Rerum gestarum libri
XXXI, da Nerva (96) a Valente (378), ma dilatandosi moltissimo sulle vicende di Giuliano l’Apostata (355-
363), che segnano l’effimera ripresa del paganesimo. Anche di lui, tuttavia, vengono presentati
obiettivamente pregi e difetti. Si pone in un rapporto diretto con Tacito, perché inizia da dove lui aveva
terminato, cerca di riproporre la priorità degli eventi sui protagonisti ed è caratterizzato dallo stesso
inquadramento profondamente pessimistico, che comporta famose digressioni sulla corruzione a Roma.
In questo periodo hanno molto successo le storie romanzate di argomento orientale, concepite come
letture di evasione per un pubblico non troppo colto. Hanno come argomento soprattutto il ciclo troiano
(Ephemeris belli Troiani) e le vicende di Alessandro Magno (Historia Alexandri Magni).
La poesia: Ausonio e Claudiano
Ausonio è professore di retorica, e i temi delle sue poesie sono tipici del mondo dell’insegnamento: la
commemoratio professorum Burdigalensium descrive i maestri di Burdigala (Bordeaux) vengono descritti
attraverso i loro epitaffi; il Protrepticus ad nepotem è un piano di studi da seguire per la formazione
culturale; i Caesares sono pochi versi per illustrare diversi personaggi famosi; l’Oratio è una poesia scritta in
versi ropalici; il Cento nuptialis utilizza versi di Virgilio tagliati ed accostati in modo da modificare il
significato originario e descrivere la celebrazione di un matrimonio; gli Epitaphia sono iscrizioni fittizie per
le tombe dei grandi personaggi. Mostra una totale estraneità ai problemi che attanagliano l’impero, come
le dispute religiose e le invasioni alle frontiere.
La poesia di Claudiano, invece, appare molto più informata e consapevole dei problemi sociali. Scrive dei
panegirici dedicati all’imperatore Onorio e dei poemi epici di argomento contemporaneo sulle imprese del
generale Stilicone (De bello Gildonico, Laus Stilichonis, De bello Gothico), ma adatta l’epica al gusto
dell’epoca riducendone l’ampiezza ed esplicitandone il messaggio. Scrisse anche due poemi mitologici, una
Gigantomàchia e il De raptu Proserpinae.
Il teatro: il Querolus
Di autore ignoto, ci è pervenuto un unico caso di commedia latina di età imperiale: il Querolus, che si pone
come seguito dell’Aulularia di Plauto. Ci sono molte differenze con il teatro tradizionale: innanzitutto è
scritta per essere letta nei banchetti e non sulla scena pubblica, e poi è scritto in prosa anche se ricca di
andamenti metrici. Il trionfo del Cristianesimo
La seconda apologetica 5
Dopo il trionfo del cristianesimo con l’editto di Costantino del 313, l’apologetica passa da un’attitudine
difensiva ad una più aggressiva e derisoria. E’ il caso di Arnobio, maestro di scuola vicino a Cartagine. I suoi
sette libri Adversus nationes hanno un tono molto violento e si basano su posizioni teologiche assai
discutibili, frutto di ignoranza e disinformazione. Anche Firmico Materno, retore siciliano, utilizza toni
violenti e pesanti sarcasmi (De errore profanarum religionum). Lattanzio, invece, nelle sue opere (De
opificio Dei, Divinae institutiones, De ira Dei, De mortibus persecutorum) si serve di uno stile ciceroniano
con periodi ampi e ben articolati, lontano dagli eccessi di enfasi: l’apologetica pass da disputa passionale ad
analisi razionale, e presenta un cristianesimo egemone perché capace di arricchirsi del meglio della cultura
antica.
Si afferma anche il genere dell’agiografia, ovvero il racconto delle vite di santi e vescovi, in cui è
predominante la finalità educativa.
La lotta contro le eresie
Il IV secolo è caratterizzato dal proliferare di una serie di dottrine eretiche, in particolare l’arianesimo (la
natura di Gesù è inferiore a quella di Dio). Tra gli scrittori particolarmente attivi nella polemica antiariana
c’è Mario Vittorino, che scrive l’Ad Candidum Arianum, dedicandolo ad un destinatario fittizio di fede ariana
per convertirlo, ma l’opera è caratterizzata da una certa oscurità di linguaggio.
Ilario di Poitiers invece scrive un De Trinitate in dodici libri in cui affronta il problema della natura di Cristo.
Scrive anche degli Inni, i primi in lingua latina di cui sia noto l’autore, caratterizzati dalla tendenza ad essere
carmi abecedari.
La poesia cristiana
Quando la nuova fede si diffonde tra i ceti colti, riprende progressivamente il gusto per la poesia. Molti
poeti cristiani recuperano la tradizione della poesia classica, per fare versi antichi su concetti nuovi: in
questo modo saldano la frattura che si era determinata tra cristianesimo rigorista e tradizione classica.
Giovenco è noto per una versione in esametri del Vangelo di Matteo che si avvicina molto all’epica; Porfirio
per dei carmi molto simili alle parole crociate; Proba è una poetessa che rielabora versi e parti di versi di
Virgilio per creare un testo riguardo temi dell’Antico e del Nuovo Testamento.
Prudenzio e Paolino di Nola
Prudenzio
Fu autore di due raccolte di Inni: il Cathemèrinon liber comprende sei canti da eseguire quotidianamente
alle varie ore del giorno e sei canti dedicati a specifiche festività; il Peristèphanon quattordici inni in onore
di santi. Lo stile che imita è quello di Orazio.
Scrisse anche quattro poemetti didascalici in esametri: l’Apotheòsis, sui misteri della Trinità e della
Passione; l’Hamartigenìa, sull’anima umana e le responsabilità dell’uomo; la Psychomàchia, combattimento
allegorico tra vizi e virtù dell’animo umano; il Dittocheon, scene dell’Antico e del Nuovo testamento
pensate per fungere da didascalie a delle raffigurazioni pittoriche.
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Scrisse anche un poema apologetico, il Contra Symmachum, in cui descrive la disputa vecchia di una
trentina di anni tra Ambrogio e Simmaco.
Paolino di Nola
Originario di Burdigala (Bordeaux) fu vescovo di Nola (Campania). Si sono conservate numerose Epistole, di
cui i destinatari sono spesso personaggi di primo piano. La parte migliore della sua produzione è costituita
dalla raccolta di Carmina, di cui quasi una metà è dedicata a San Felice, il protettore di Nola. Ci sono anche
delle lettere in versi ad Ausonio, in risposta a quelle con cui il maestro aveva cercato di dissuaderlo dalla
decisione di dedicarsi alla Chiesa. I padri della Chiesa
Ambrogio (Treviri 339-Milano ?)
Di importante famiglia senatoria ebbe incarichi importanti nell’amministrazione pubblica: fu consularis
Liguriae et Aemiliae, praticamente governatore di tutta l’Italia settentrionale. Diventò vescovo essendo
riuscito a sopire i dissidi tra ariani e cristiani, nonostante non fosse ancora battezzato. Nel 381 fu parte
attiva nel concilio di Aquileia, che sancì la definitiva sconfitta dell’arianesimo.
E’ importante perché a lui risale il fenomeno di secolarizzazione che portò la Chiesa ad intervenire sempre
più nelle vicende del mondo, stabilendo una sorta di legame tra pietà cristiana e diritto a governare. Come
scrittore, si può dare un giudizio positivo sugli Inni in dimetri giambici catalettici (Aeterne rerum conditor,
Iam surgit hora tertia, Deus creator omnium, Veni redemptor gentium), composti in occasione
dell’occupazione di una chiesa da sottrarre agli Ariani. E’ interessante anche l’epistolario, uno dei cui temi
ricorrenti è il conflitto con gli Ariani. Era molto attento ai doveri degli ecclesiastici, come testimonia l’opera
De officiis ministrorum che rinvia al ciceroniano De officiis: recupera dal mondo antico tutti i valori e i
comportamenti compatibili con la sua etica cristiana, come le virtù cardinali, il concetto di diritto naturale e
il primato dei diritti della collettività su quelli dei singoli, con la tesi che questi principi raggiungano la loro
completa attuazione solo all’interno di un sistema fondato sulla fede cristiana. E’ importante anche l’opera
esegetica Hexameron, che commenta i sei giorni della creazione.
Girolamo (Dalmazia 347-Betlemme 419)
Originario della Dalmazia, studiò a Roma. Fece tre anni di vita monastica nel deserto della Calcide e quando
tornò papa Dàmaso lo scelse come segretario, ma alla morte del pontefice il suo prestigio cadde e si
diffusero pesanti critiche sugli eccessi del suo ascetismo.
La sua opera principale è la