vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Weber definisce la politica come la direzione di un gruppo politico ossia lo Stato che però
non e definibile in termini sociologici in base al contenuto del suo agire ma piuttosto in base
ad un suo specifico mezzo ovvero l'uso della forza fisica che non costituisce il mezzo
normale e nemmeno l'unico di cui esso dispone ma il suo mezzo peculiare. Definisce lo
Stato come quella comunità di uomini che, all'interno di un determinato territorio, pretende
per se (con successo) il monopolio dell'uso legittimo della forza fisica. Gli altri gruppi
sociali (polizia ecc) hanno diritto all'uso della forza fisica soltanto nella misura in cui lo
Stato glielo concede. Chi fa politica aspira al potere o come mezzo al servizio di altri fini
(ideali o egoistici) o per il potere in se stesso ma affinché esso sussista i dominati devono
sottomettersi all'autorità. Ci sono tre fondamenti di legittimità del potere che spingono i
cittadini a questa sottomissione, in primo luogo i costumi osservati da tempi immemorabili
(tradizione), poi l'autorità straordinaria di capo di un singolo individuo seguito non in base
ad una legge ma per fiducia (carisma) ed infine il potere in forza della legge, nella validità
di una norma razionalmente legale (legalità). Questi sono detti tipi puri e si trovano
raramente nella realtà, infatti più spesso a condizionare questa obbedienza sono motivi di
timore e di speranza. Al seguito del capo politico è necessaria un'amministrazione di tipo
continuativo formata da uno specifico gruppo di persone disposte ad obbedire in base ad
un'idea di legittimità del potere. Spesso però intervengono anche altri due mezzi che fanno
appello all'interesse personale ossia la ricompensa materiale e l'onore sociale. Si possono
dividere i gruppi amministrativi in due grandi categorie a seconda che siano direttamente in
possesso dei mezzi dell'amministrazione (per ceti) oppure che l'apparato ne sia separato.
Mentre in un gruppo sociale articolato per ceti il signore domina con il sostegno di un
“aristocrazia” nell'altro caso egli si appoggia su plebei, su strati di nullatenenti interamente
dipendenti da lui (potere patriarcale, sultanismo, Stato moderno). Lo sviluppo dello Stato
moderno ha quindi inizio nel momento in cui il principe attua un processo di espropriazione
di quei privati che accanto a lui esercitano un potere amministrativo indipendente,
concentrando tutto in un unico vertice (monopolio dell'uso della forza fisica legittima come
mezzo di potere). Nel corso di questo processo di espropriazione politica, hanno fatto la loro
comparsa “politici di professione” al servizio di coloro che detenevano il potere politico. Si
può fare politica sia in modo occasionale (tutti siamo politici quando si va a votare) sia in
modo professionale e in quest'ultimo caso si può o vivere “per” la politica oppure “di”
politica. Chi vive per la politica gode del puro possesso della potenza che esercita, dando un
senso alla propria vita per il fatto di servire una causa e deve essere, in condizioni normali,
economicamente indipendente (reclutamento plutocratico). Della politica come professione
invece vive colui che cerca di trarre da essa una fonte durevole di guadagno, ciò non
significa però che i politici privi di un proprio patrimonio vedano nella politica
esclusivamente un mezzo per il proprio sostentamento. Tutte le lotte tra i partiti non si
svolgono soltanto per fini oggettivi, ma soprattutto per il patronato delle cariche come veri
cacciatori di posti (Spoils System). Infatti il sovrano ha compiuto una progressiva
abdicazione del suo potere personale in favore di funzionari specializzati (anche per
sciogliersi il più possibile dalla responsabilità personale) trasformando la politica in
un'impresa (moderna burocratizzazione). Si ricordi l'Inghilterra con i tories che si affidavano
a uomini colti o ricchi e gli wigs che invece facevano propaganda al popolo, dove il capo
politico aveva accanto a se un politico di professione detto whip che però andò
progressivamente a perdere potere concentrando tutto nel leader di partito carismatico
(Gladstone). Non si devono considerare i “partiti” antichi come guelfi e ghibellini che erano
solo seguiti personale basati sulla forza. In tutti i gruppi politici con periodiche elezioni
l'attività politica risulta essere un'attività di interessati (chi ricerca i voti) con i cittadini
dotati di diritto di voto divisi in elementi politicamente attivi e passivi e c'è vita soltanto
delle elezioni. Il giornalista condivide con tutti i demagoghi pure con l'avvocato il destino di
essere privo di una precisa collocazione sociale ed è visto oggi con disprezzo dal pubblico,
perdendo influenza politica. In antichità la politica costituiva solo una professione
secondaria, oggi invece il potere sta nelle mani di coloro che svolgono il lavoro in modo
continuativo, diviene infatti capo soltanto chi ha dietro di se la “macchina” di funzionari che
poi si aspettano un compenso personale come cariche o altri vantaggi.
2
Ad un capo politico, per essere eletto sono decisive tre qualità principali ossia passione,
senso di responsabilità e lungimiranza. Passione nel senso di dedizione appassionata ad una
causa, lungimiranza invece come calma e raccoglimento interiore che permettano di
analizzare il mondo da distanza, due elementi contrastanti ma che il politico, caratterizzato
dallo strumento della costante aspirazione al potere, deve sapere dominare. Ci sono due tipi
di peccato mortale in politica indotti dalla vanità dell'uomo, prima di tutto l'assenza di una
causa che porta al vantarsi del potere da parte del politico della “potenza” che quindi opera
nel vuoto e nell'assurdo senza servire un fine (soggettivo ma deve esserci) e poi la mancanza
di responsabilità. Weber identifica anche due tipi di contraffazione dell'etica, un suo uso
deleterio per aggiungere una parvenza di legittimità al proprio operato (autogiustificandosi)
usato ad esempio quando, dopo una qualsiasi guerra vittoriosa il vincitore afferma di aver
vinto perché aveva ragione, attribuendo all'ordine dei fatti la qualità di essere ragionamento
per gli stessi. L'etica non si può desumere dai fatti, si può vincere e avere ragione oppure
vincere ed avere torto, Hitler non era in torto perché ha perso ma perché, tramite un
ragionamento etico, si stabilisce che sia così, questo è il primo metodo di contraffazione,
negare l'irrazionalismo etico del mondo. Il secondo metodo invece consiste nell'agire dando
le spalle al futuro, ad esempio punendo un nemico dopo una guerra solo per il desiderio di
vendetta piuttosto che per mantenere una futura pace peccando di mancanza di lungimiranza
(le punizioni inflitte alla Germania al termine della prima guerra mondiale hanno portato
alla seconda). Analizza poi il rapporto reale tra etica e politica chiedendosi se sia
indifferente che quest'ultima operi con un mezzo così specifico come la violenza, ritenendo
quindi che questo rapporto vada analizzato in modo diverso rispetto a quello con gli altri
ambiti. L'etica proclamata dai precetti evangelici risulta una pretesa insensata per l'uomo
politico in quanto univoca ed incondizionata finché non applicata da tutti, un'etica assoluta
adatta solo ad un santo. I grandi virtuosi dell'amore acosmico per l'uomo e del bene non
hanno operato con il mezzo politico della violenza, il loro regno non era di questo mondo
(Francesco, Gesù). Queste pretese acosmiche ispirate a una pura etica dei principi del
sermone della montagna hanno dato vita nella storia a sette pacifistiche come quella dei
quaccheri in Pennsylvania (non violenta verso l'esterno). Invece ritiene che ogni agire etico
dell'uomo possa essere ricondotto a due massime diverse l'una dall'altra, un'etica dei principi
(il cristiano agisce da giusto e rimette l'esito del suo agire nelle mani di Dio) oppure un'etica
della responsabilità (si deve rispondere delle conseguenze prevedibili del proprio agire),
dove però la prima non coincide con la mancanza di responsabilità, ne la seconda con una
mancanza di principi. Tuttavia nessuna etica al mondo può mostrare quando e in che misura
lo scopo eticamente buono giustifichi i mezzi eticamente pericolosi e le sue possibili
conseguenze collaterali, semplicemente l'etica dei principi respinge ogni agire che faccia
uso di questi mezzi pericolosi, chi la segue non tollera e disprezza l'irrazionalità etica del
mondo, un mondo irrazionale del dolore immeritato, dell'ingiustizia impunita e della
stupidità incorreggibile, dove merito e destino sono divorziati. Questa forma di etica si
concentra maggiormente sulla singola azione individuale piuttosto che sulla catena di effetti,
sull'agire in modo etico. Lutero tolse al singolo la responsabilità morale della guerra
addossandola all'autorità. Il calvinismo a sua volta riconobbe in via di principio la violenza
come mezzo per difendere la fede, in cambio di una ricompensa celeste o terrena. Invece
l'agire che produce chi segue un'etica della responsabilità, mette in pericolo la salvezza
dell'anima, il ragionamento è che se il bene che si produce con questa azione è maggiore del
male compiuto e degli effetti collaterali prevedibili allora è giusto farla, indipendentemente
dai mezzi. Weber ritiene migliore questo tipo di etica ma da solo non comunque necessario
in quanto afferma che siano i mezzi a determinare il fine in modo autonomo
indipendentemente dai propositi iniziali, la violenza porterà quindi comunque a regimi
oppressivi. Porta l'esempio dell'estremismo dell'etica della rivoluzione come quella
bolscevica che però si basa su un utopismo irreale del tipo “l'ultima guerra per la pace”,
disprezza anch'essa il mondo ma crede di poterlo cambiare non nell'aldilà ma qui e ora.
L'etica della responsabilità e l'etica della rivoluzione condividono l'idea che il fine posa
giustificare i mezzi ma nessuna delle due è in grado di stabilire quali mezzi non debbano
essere giustificati (quella della rivoluzione gli giustifica tutti) e qui deve intervenire un'etica
dei principi che imponga quali siano i mezzi da non poter utilizzare in nessun caso. Quindi
se si debba agire in base all'etica dei principi o all'etica della responsabilità, e quando in
base all'una o all'altra nessuno è in grado di dirlo perché queste non costituiscono due poli
opposti ma due elementi che si completano a vicenda. Weber ritiene che sia proprio
l'inibizione di certi mezzi che produce la storia più delle rivoluzion