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Capitolo 1: Il modo di avere qualcosa di esterno come proprio

Il primo capitolo si occupa del modo di avere qualcosa di esterno come proprio, per qualcosa di esterno si intende un oggetto o una prestazione osservabile esternamente. Kant inizia con la definizione del mio giuridico.

Il mio giuridico

La definizione è apparentemente banale, ma in realtà è abbastanza problematica, cioè cosa intendo per mio giuridico, quindi qualcosa che è mia secondo il diritto. Kant lo definisce come: il "mio" giuridico è ciò con cui sono così connesso che l'uso che un altro potrebbe compierne mi lederebbe, cioè mi farebbe torto in senso giuridico. Io sono legato ad un oggetto esterno quando ne sono in possesso. Il collegamento non è necessariamente fisico affinché un oggetto sia mio giuridicamente. La definizione che da Kant è piuttosto bizzarra c'è un senso di mio che non

è possibile possedere qualcosa in due modi diversi secondo Kant. Il primo modo è il possesso sensibile, che si riferisce a quando possiedo fisicamente qualcosa che è distante da me nello spazio e nel tempo, ma che tengo tra le mani. Il secondo modo è il possesso intelligibile, che si riferisce a quando conosco qualcosa con la mente, senza coinvolgere il corpo. Dal punto di vista empirico, si tratta di una relazione con un oggetto che è distinto da me in un senso diverso, ma che non coinvolge i sensi. Questo tipo di possesso è puramente mentale e può avvenire anche senza avere l'oggetto fisicamente tra le mani. Ad esempio, posso rivendicare giuridicamente la proprietà di una bicicletta anche se non la possiedo fisicamente. Solo nel caso del possesso intelligibile si può parlare di un possesso giuridico, anche senza detenzione fisica. In altre parole,posso dire che chi ha rubato la mia bicicletta lasciata in cortile mi ha lesogiuridicamente, anche se non me l'ha strappata di mano, soltanto se il rapporto fra me e la mia bicicletta non è sensibile e empirico, bensì intelligibile e giuridico, che non ha a che vedere con la sensibilità ma è una costruzione mentale. Quando chiedo di non usare la mia bici chiedo a tutti di astenersi dall'uso della mia bici anche se non la sto usando, perché rivendico nei confronti della bici un possesso intelligibile. Postulato giuridico della ragion pratica Kant si chiede come è possibile immaginare un possesso giuridico legittimo di un oggetto, cioè come è possibile che un oggetto diventi giuridicamente mio? Locke Giusnaturalista che sostiene la tesi per la quale la terra è stata data da Dio a tutti gli uomini in comune, ma succede che perché la terra diventi mia, io debba fare un'operazione, fisicamente la devo

connettere a me tramite il lavoro, a quel punto la terra diventa mia. Da questa appropriazione originaria (rapporto quindi prima fisico con la cosa) deriva la legittimità della proprietà. Si passa da una situazione primitiva ad una fase in cui qualcuno mette le mani sulle cose e le lavora, e ciò fa sì che avendolo modificato fisicamente, questo diventi mio. Per Locke uno entra nella società civile quando ha già fatto una serie di operazioni e arriva al pactum unionis civilis essendo già proprietario, ed è possibile per lui perché lavorando le cose se ne diventa proprietario.

Res Nullius

Kant la pensa in modo molto diverso, infatti per lui mettere le mani sulle cose (quindi un possesso sensibile) sia molto diverso da un possesso intelligibile; non è sufficiente il possesso sensibile, mettere le mani sulle cose, affinché un oggetto diventi mio. Kant non parte dal comunismo primitivo (Locke invece si) e lo critica. Kant parte da

una situazione non storica di res nullius (cosa di nessuno, senza padrone). Se partissimo da un'immaginaria situazione in cui le cose sono res nullius, e quindi in cui non è stata stabilita una relazione intelligibile con le cose che configuri il mio e il tuo esterno, se diciamo quindi che le cose sono res nullius, la conseguenza non può essere come pensava Locke. Kant dice di prendere alla lettera il res nullius, se una cosa è di nessuno, significa che non ha padrone, e non che chiunque arrivi possa metterci le mani sopra. Se pensassimo le cose come prive di padroni allora nessuno le potrebbe fare proprie. Si può parlare di mio e tuo esterno solo se si introduce "il postulato giuridico della ragion pratica". Il postulato è un principio che chiede di accettare senza dimostrare. Il postulato giuridico della ragion pratica si enuncia come: "È possibile avere come mio qualsiasi oggetto esterno del mio arbitrio".Kant questo serve a legittimare l'appropriazione degli oggetti, perché se prendiamo sul serio il res nullius, non ci si può appropriare degli oggetti esterni dell'arbitrio. L'appropriazione degli oggetti non è derivabile dai concetti del diritto, perché non siamo purissimi spiriti e abbiamo bisogno di instaurare dei rapporti con gli oggetti. Io posso pensare, infatti, un sistema giuridico perfettamente coerente in cui gli oggetti esterni siano res nullius, ma nel senso che non appartengono né possono appartenere a nessuno, per esempio un sistema giuridico di purissimi spiriti che non hanno bisogno di instaurare relazioni con gli oggetti per sopravvivere. Perché, dunque, devo invece postulare la loro appropriabilità? Kant per rispondere parte spiegando cosa si intende per oggetto esterno del mio arbitrio. Perché un oggetto sia tale, non basta che io abbia la capacità di usarlo, ma devo averlo preso fisicamente in mio.potere con un atto esplicito del mio arbitrio es. cammino nel bosco prendo una fragola, la fragola rientra nel mio arbitrio quando la prendo. Kant si chiede cosa mi rende giuridicamente lecito fare questa operazione. Se la fragola fosse res nullius non potrei coglierla, non sarebbe di nessuno e quindi neanche mia. Quando la colgo e dico che è mia, sto trattando l'oggetto come qualcosa di appropriabile, quindi applico il postulato giuridico della ragion pratica e una volta trattato come qualcosa di appropriabile allora è possibile trattarlo come mio e tuo giuridico. Se non facessi l'operazione del postulato non potrei trattare nessun oggetto come oggetto al quale posso rivendicare diritti. L'operazione non comincia con un atto di appropriazione fisica della res nullius o della cosa comune perché nel momento in cui c'è l'appropriazione fisica perché lo possa compiere sperando di darle un senso giuridico devo prima presupporre e

Chiedere agli altri di accettare con me il postulato che gli oggetti sono appropriabili, solo allora posso dire è mio perché l'ho preso prima io. Per Locke questo problema non c'era perché per lui la terra è stata da Dio a tutti in comune, e quindi l'appropriazione viene risolta scomodando Dio, che interveniva come proprietario originale che regalava la terra agli uomini che poi la privatizzavano con il loro lavoro.

Per Kant il postulato dell'appropriabilità è solo una legge permissiva della ragione in generale. È permissiva perché da un permesso, una facoltà ma non impone un obbligo. Questa legge dà la facoltà a chi ha messo le mani per primo su una res nullius di chiedere di obbligare gli altri ad astenersi dall'uso dell'oggetto dell'arbitrio. Ma è soltanto permissiva perché il problema del mio e del tuo esterno è legato ad una situazione particolare di esseri.

Razionali ma finiti che hanno bisogno di una relazione con le cose. Esclusivamente in virtù di questo postulato possiamo pensare la res nullius come appropriabile e non come intoccabile. Ma il postulato è richiesto solo in quanto la ragione pratica è rappresentata come la ragione di un essere razionale finito e plurale che agisce su un mondo finito attraverso i suoi oggetti. Una ragione puramente contemplativa ne potrebbe fare ameno.

A Kant questo discorso serve per dire una cosa non poi così ovvia, cioè che chi vuole affermare che un oggetto è suo, deve esserne giuridicamente in possesso. Ciò vuol dire che anche se ci mette su le mani è un qualcosa che di per sé è irrilevante ma diventa rilevante se introduco la giuridicità del possesso tramite postulato della ragion pratica. Riconosciuto questo principio posso dire allora che se qualcuno mi porta via l’oggetto di cui mi sono appropriata allora posso sostenere che mi lede giuridicamente.

Mi lede intelligibilmente con quello che c'è dietro, cioè la rivendicazione dell'appropriabilità dell'oggetto tramite il postulato giuridico della ragion pratica. Si usa questo postulato quando si pongono dei problemi di distribuzione, perché si ha a che fare con esseri razionali ma finiti che hanno bisogno di sopravvivere facendo uso di risorse fisiche finite, senza postulato non si può rivendicare nulla.

Esposizione del concetto di mio e tuo giuridico

Il paragrafo 4 è dedicato all'esposizione del concetto del mio e del tuo esterno, tramite un elenco dei possibili oggetti dell'arbitrio a cui esso è applicabile. Esposizione da Kant viene usato in senso tecnico e intende la definizione fondata su esempi e quindi incompleta. Per Kant la filosofia si trova in una situazione complicata perché lavora su concetti e dati già in uso. In questo caso si comincia con un'esposizione, si lavora sugli esempi.

si discutono e da lì si cerca di arrivare alle definizioni. Non come i matematici che hanno il lusso di partire dalla definizione. I concetti di diritto sono in qualche modo dati. Nel paragrafo 4 Kant quindi compie un'esposizione, parte da esempi che sono semplicemente un elenco di possibili oggetti dell'arbitrio a cui il mio e il tuo esterno è applicabile. Nel corso dell'esposizione Kant cerca di costruire una definizione sistematica. Il "mio e tuo" comprende una famiglia di rapporti giuridici più ampia di quella dei diritti reali. Diritto reale: Dal latino res, sono i diritti che hanno a che fare con le cose. Kant per catalogare gli oggetti esterni dell'arbitrio rilevanti per il mio e il tuo esterno usa una delle 4 famiglie delle categorie: quella delle categorie della relazione. Si chiama così perché sono categorie che servono per descrivere delle relazioni tra termini, Kant la usa perché per parlare degli oggetti.merito alle azioni e alle decisioni che prendiamo. Queste relazioni sono basate sull'arbitrio, cioè sulla nostra libertà di scelta. Kant sostiene che queste relazioni sono fondamentali per la nostra vita sociale e per la nostra capacità di agire moralmente.
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Publisher
A.A. 2019-2020
95 pagine
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SSD Scienze politiche e sociali SPS/01 Filosofia politica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher 4r4ab3ll4 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia politica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Pievatolo Maria Chiara.