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LA TEORIA DELLE 2 SPADE
Con la morte di Carlo Magno l’impero carolingio si sfaldò. Le diverse invasioni che si
susseguirono finirono per determinare la diffusione del sistema feudale. L’Impero fu poi
ricostruito da Ottone I re di Germania, il quale, pur proclamandosi difensore della cristianità,
cercò di metterla sotto la sua tutela rafforzando il suo potere con i vescovi-conti da lui stesso
nominati. L’accrescersi del potere imperiale portò ad un aspro conflitto tra papato ed impero. La
battaglia per riconquistare l’autonomia della Chiesa e il diritto esclusivo di conferire le cariche
religiose fu sostenuta da Papa Gregorio VII nella cosiddetta Lotta delle 2 spade. Egli
centralizzò il governo della Chiesa secondo il modello dell’antico impero romano. Poiché Enrico
IV continuava a nominare i vescovi, Gregorio VII, dopo averlo scomunicato, ne proclamò la
deposizione e dichiarò i sudditi sciolti dall’obbligo dell’obbedienza. L’anno successivo Enrico IV
si umiliò chiedendo ed ottenendo il perdono del Papa a Canossa, che però, qualche anno più
tardi giunse alla seconda sentenza di scomunica e deposizione, riconoscendo a Rodolfo di
Svezia il titolo di legittimo re di Germania e sottolineando, facendo ciò, che il diritto di decidere
chi dovesse regnare spettasse al Papa. 4 anni dopo Gregorio fu costretto da Enrico a fuggire da
Roma, verso cui stava marciando, e venne sostituito da Clemente II, che incoronò nuovamente
imperatore Enrico IV.
Secondo Gregorio VII è il papa a possedere l’unica vera autorità universale. Chi detiene
un’autorità di origine umana, quindi, è costretto a sottoporvisi. Solo al pontefice è consentito
deporre gli imperatori e sciogliere i sudditi dal giuramento di fedeltà fatto a sovrani iniqui; egli
non deve essere giudicato da nessuno. La lotta delle 2 spade fu innanzitutto un conflitto di idee,
un conflitto tra 2 universalismi che non intendevano piegarsi al predominio l’uno dell’altro. Dietro
tale conflitto c’era però il sogno unitario, la nostalgia di un potere unico.
LA FINE DEI SOGNI IMPERIALI E TOMMASO D’AQUINO
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Nel XIII secolo il tentativo pontificio di costituire la Res Publica Christiana fu portato avanti da
grandi papi: Innocenzo III, che sosteneva che il potere regio riceve dall’autorità pontificia il suo
splendore ed è inferiore, quindi, nelle dimensioni, nella qualità, nella potenza; Innocenzo IV,
che sosteneva che nulla può limitare l’autorità papale e che il potere temporale non può essere
esercitato fuori dalla Chiesa poiché non esiste potere costituito da Dio fuori di essa.
Il lungo duello tra papi ed imperatori ebbe fine solo con la morte di Federico II, che lasciò un
impero disgregato, sancendo la vittoria della cristianità romana. Da quel momento in poi la
Chiesa iniziò a misurarsi con una nuova realtà politica, fatta di organismi più limitati e compatti
rispetto a quelli che avevano caratterizzato la realtà imperiale. Il mondo occidentale si stava,
infatti, organizzando attorno a monarchie nazionali temporali, che invocavano, a sostegno della
restaurazione dello Stato, il pensiero politico del più grande dottore della Chiesa dopo Agostino:
Tommaso d’Aquino. Egli intende operare una sintesi di fede e ragione, una sintesi in cui
l’aristotelismo politico si incontra con le concezioni medievali di legge e regime politico, in una
filosofia politica detta tomismo politico.
TEORIA DEL POTERE: secondo Tommaso, il potere in abstracto, inteso come la possibilità
che un uomo ha di comandare un altro, viene da Dio. Tale potere è una necessità naturale
dell’uomo, della convivenza umana, non un’istituzione nata per convenzione in seguito alla
corruzione della natura umana attraverso il peccato originale. La vita in società non sarebbe
possibile se non vi fosse un potere che regola l’azione dei singoli e la orienta verso il bene
comune. Tale bene non è in contraddizione con quello del singolo poiché, essendo il singolo,
per sua natura, un animale sociale, egli realizza il suo bene solo nel contesto della società.
Diverso è il potere in concreto, che è il potere che è impersonato da uomini che vengono eletti
o scelti. Esso viene da Dio ma tramite il popolo. Chi legittimamente comanda un gruppo di
uomini non è stato designato direttamente da Dio ma dagli uomini. Vi è, quindi, una sorta di
contratto all’origine del potere, un patto per cui il popolo si impegna ad obbedire ai governanti, i
quali, a loro volta, devono compiere il loro dovere, ossia volere il bene comune e non il proprio.
Attuare il bene comune è alla base del tomismo politico. In questo Tommaso si rifà ad Aristotele.
Tuttavia se per il pagano Aristotele l’individuo trova la sua realizzazione unicamente nella polis,
per il cristiano Tommaso l’uomo ha 2 fini: un fine temporale ed uno spirituale. Gli ci vogliono,
quindi, 2 autorità, lo Stato e la Chiesa. Essendo il fine spirituale superiore a quello temporale,
l’autorità della Chiesa è superiore a quella dello Stato. Sarà il papa a giudicare se, quando e
fino a che punto intervenire nella sfera temporale.
TEORIA DELLE LEGGI: Tommaso cerca di ricongiungere la legge umana a quella divina. Egli
forma una gerarchia che va da Dio all’essere naturale più infimo, gerarchia in cui ogni essere
agisce seguendo gli impulsi più intimi della sua natura particolare, mirando al bene. Il superiore
domina sempre l’inferiore, così come Dio domina il mondo e l’anima il corpo. Secondo
Tommaso esiste un sistema di governo divino che regge l’universo e che regola i rapporti di
tutte le creature in vista di un certo fine. La ragione e la legge sono inseparabili; la legge è un
prodotto della ragione, una prescrizione della ragione in vista del bene comune, stabilita da
colui cui spetta la cura della comunità. Poiché la comunità più vasta è l’universo, di cui Dio è il
sovrano, la legge universale sarà la legge eterna, prescritta dalla ragione divina. Essa è eterna
perché la ragione divina non concepisce nulla nel tempo. La legge naturale è, invece, quella
legge che permette all’uomo di partecipare alla legge eterna. Essa prescrive tutto ciò che serve
a conservare la vita dell’uomo, mentre proibisce ciò che va contro questo fine. Essendo questi
precetti del tutto generici, è necessario, affinchè vengano applicati, che intervenga la legge
umana, la quale assicura la pacifica convivenza.
A questi 3 tipi di legge Tommaso aggiunge anche la legge divina positiva, con cui fa
riferimento alla Rivelazione contenuta nell’Antico e nel Nuovo Testamento. Anche la legge
rivelata viene dalla legge eterna, ma essa è un dono della grazia di Dio, non una scoperta della
ragione naturale.
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TEORIA DELLA RESISTENZA: le 2 teorie delle leggi e del potere sono alla base
dell’avversione per l’ingiustizia e la tirannide tanto diffusa nello spirito medievale, che in
Tommaso si concretizza nel suo interrogarsi con molte riserve sull’obbedienza dovuta ad un
principe che trascuri di cercare il bene comune e violi la legge naturale. Le leggi umane sono,
secondo Tommaso, ingiuste quando attentano al bene comune (è il caso di una legge che mira
a soddisfare il bene del principe e non quello della comunità). In questo caso queste leggi, non
imponendo di violare i comandi divini, sono comunque da rispettare, sacrificando il proprio
diritto. Le leggi umane sono ingiuste anche quando sono contrarie al bene divino, cioè
comandano qualcosa che va contro Dio (è il caso in cui viene imposto un culto idolatrico). In
questo caso non devono assolutamente essere rispettate. Il governo tirannico è un tipico caso
di legge ingiusta perché in esso la legge non è indirizzata al bene comune ma al solo vantaggio
del despota. Ecco perché, pur condannando la ribellione come peccato mortale, Tommaso
giustifichi la resistenza al tiranno.
TEORIA DEL MIGLIOR REGIME POLITICO: secondo Tommaso la migliore forma di governo è
quella mista, perché riassume in sé i vantaggi delle 3 forme pure: monarchia, democrazia,
aristocrazia. Il potere di comando deve essere detenuto da un’autorità unica, che deve essere
affiancata da un corpo di cittadini qualificati, i quali devono essere scelti tra il popolo ed eletti da
esso. Tuttavia Tommaso ha scritto una guida politica cristiana rivolta ad un re che regna
effettivamente, ossia il re di Cipro. In tale opera egli sostiene che il governo di uno solo
(monarchia), che deve essere temperato per non diventare tirannico, è il migliore perché il fine
di tale governo è l’unità, madre della pace, più facilmente raggiungibile da uno che non da molti.
L’esperienza, inoltre, insegna che le discordie hanno rovinato quegli stati governati da molti,
non da uno solo.
Per quanto riguarda il secolare tema del rapporto tra potere spirituale e potere temporale,
Tommaso ebbe un atteggiamento moderato. Egli sosteneva, infatti, che il papa avesse il potere
di deporre un sovrano in determinate circostanze, sciogliendo i sudditi dal dovere di fedeltà,
rimanendo, però, nella tradizione di Gelasio di credere all’indipendenza delle 2 autorità, quella
della Chiesa e quella dello Stato e alla superiorità della prima sul secondo.
DANTE E LA TEORIA DEI 2 SOLI
La subordinazione del potere temporale a quello spirituale è stata messa in discussione da
Dante Alighieri, che ha sostenuto la netta indipendenza dei 2 fini cui la vita umana tende: la
beatitudine terrena, cui si giunge attraverso gli insegnamenti filosofici e che è di competenza
dell’imperatore, e la beatitudine celeste, cui si giunge attraverso gli insegnamenti spirituali e che
è di competenza del papa. Entrambi i poteri, quello temporale e quello spirituale, ricevono il loro
potere direttamente da Dio, non da un suo vicario, quindi non vi è subordinazione dell’uno
all’altro, ma reciproca collaborazione.
Secondo Dante vi sono 2 guide per gli uomini: quella spirituale, che li conduce al fine
sovrannaturale, e quella temporale, che li conduce al fine terreno.
MARSILIO DA PADOVA E GUGLIELMO DI OCKAM
Nel 1322 Ludovico il Bavaro divenne imperatore, ma venne scomunicato 2 anni dopo da Papa
Giovanni XXII. Il consigliere di Ludovico, Marsilio da Padova, si schierò ovviamente contro la
Chiesa, in nome di una dottrina dello stato puramente temporale: sovranità dello stato,
separazione tra Stato e Chiesa, superiorità del Concilio sul Papa. Egli sosteneva che la legge
che governa un regno deve essere il frutto della volont&agr