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3. PASSIONI ED ESTESIE NEI TESTI PUBBLICITARI
3.1 – LE PASSIONI NEL TESTO PUBBLICITARIO
La semiotica solo in un secondo momento ha iniziato ad affrontare i sentimenti e le
passioni rappresentati nel discorso, aprendo la strada a una teoria delle passioni
semioticamente orientata. Anzitutto è importante ricordare che la passione è un dispositivo
modale. Un soggetto può agire in vista di un poter-essere o di un dover-essere. In
secondo luogo è importante ricordare che le passioni, prima di manifestarsi nei discorsi,
prendono corpo nei livelli più profondi del percorso generativo. È qui che si verifica quell’
investimento timico: passioni euforiche (gioia, speranza), passioni disforiche (vergogna,
paura), passioni che non sono né euforiche né disforiche (indifferenza, abulia), e passioni
euforiche o disforiche a seconda dei momenti (amore).
Un altro elemento fondamentale delle passioni è l’intensità, che si può intendere come
intensità del coinvolgimento passionale. All’intensità della passione si lega la tensione.
Una tensione implica sempre due luoghi o momenti: un punto d’osservazione e un punto a
cui si mira. Tuttavia la tensione non va confusa con l’intensità, e infatti un’aspettativa è
tanto più tesa quanto più è intensa, mentre una gioia può essere intensa senza essere
tesa. Allo stesso modo la tensione non va confusa con l’euforia, e infatti il collerico è teso
pur essendo disforico.
Fabbri e Sbisà propongono un quadrato semiotico per la tensione
passionale. teso
CONTRAT ESTESO
TO
RACCOLTO RILASSAT
disteso O
Inoltre è importante ricordare che Fontanille propone un percorso passionale
canonico che si affianchi allo schema narrativo canonico. La costituzione è la prima fase di
questo processo, caratterizzata dall’emergere del soggetto patemico all’interno del
discorso. In questa tappa il soggetto si rivela ricettivo, e questa ricettività si manifesta
attraverso particolari modulazioni ritmiche e quantitative come forme di agitazione o di
rallentamento. È in questa fase che si determina lo “stile tensivo” del soggetto passionale.
La disposizione è la fase in cui il soggetto riceve le determinazioni necessarie a provare
una passione specifica: per esempio, affinché si provi la gelosia, è necessario che si
determini prima il sospetto, attraverso il quale il geloso si rappresenta con l’immaginazione
le scene temute. La patemizzazione è la fase nella quale il soggetto riconosce la passione
e scopre le ragioni dei suoi turbamenti precedenti. Attraverso la patemizzazione si riesce a
dare una giustificazione delle fasi anteriori: cioè il tentativo di superare questo stato
tensivo insignificante per poter accedere al senso delle passioni. La moralizzazione, infine,
è la fase della valutazione degli aspetti individuali e culturali della passione. Il soggetto
giudica il modo in cui ha vissuti il suo stato passionale, valuta gli “stili tensivi” e le
manifestazioni emotive secondo criteri individuali e sociali. “In questi ultimi anni la
pubblicità tende a raccontarci sempre meno storie e sempre più passioni ed emozioni”
(Bianchi).
3.2 – ESTESTIE PUBBLICITARIE
La semiotica delle passioni ha portato al centro dell’attenzione le dimensioni sensoriali e
somatiche della significazione, gli aspetti del senso che sono legati ai sensi e quindi alla
corporeità.
Ha cominciato a imporsi una semiotica dell’estesia, dove le componenti sensoriali come
l’udito, l’odorato, il gusto, il tatto contribuiscono alla costruzione della semantica dei testi.
In uno dei suoi ultimi lavori Greimas (1987) analizza brani letterari e situazioni di vita in cui
si manifesta la presa estetica, cioè una particolare messa in relazione percettiva tra
soggetto e oggetto. Si tratta di una sorta di incontro momentaneo e improvviso tra un
soggetto e un oggetto di valore. L’ipotesi di Greimas è che la presa estetica sia la
manifestazione superficiale di una dimensione estetica immanente, ove gli ordini sensoriali
sono disposti in stati di profondità. La visualità, secondo l’autore, è il più superficiale dei
sensi (“il più intellettuale”); il tatto è il più profondo. Inoltre, sottolinea Greimas, i sensi
hanno una loro organizzazione paradigmatica: si pensi a quando si chiudono gli occhi per
valorizzare l’ascolto della musica.
Ma hanno anche una dimensione sintattica: Greimas fa l’esempio della cerimonia
giapponese del tè, dove si gioca su una continua gradazione di approfondimenti visivi,
odorosi, tattili e gustativi.
Proprio in questa direzione Landowski (2004) sviluppa l’ipotesi che il senso si fondi su
fenomeni di contagio di natura estetica. Landowski propone il “modello dell’unione”, che
prevede che il senso si sviluppi dalla semplice presenza degli attanti, dal contatto diretto
tra un soggetto “che prova” e uno che “è provato”. Per spiegare questo modello,
Landowski ricorre al concetto di contagio. Alcuni esempi: il riso sfrenato si trasmette per
contagio; non è importante il motivo per cui si ride, e il riso si propaga senza mediazione di
un oggetto di valore. Analogamente la propagazione del desiderio, come del resto il riso, è
bilaterale: si costituisce in quanto rimando da un corpo all’altro.
I corpi stessi sarebbero insomma dei conduttori: di desiderio, di riso e di altre passioni del
corpo e dell’anima. Il modello dell’unione o del contagio ha come presupposto la
condivisione intersoggettiva e immediata degli effetti del corpo e dell’anima, e non può
stabilirsi se non nella copresenza di corpi. L’estetica semio-linguistica di Greimas e il
modello dell’unione di Landowski convergono nel tentativo di portare al centro
dell’attenzione teorica la dimensione estesica: si tratta di uno sforzo che può dare risultati
utili in molti campi, come la comunicazione pubblicitaria, il marketing, i media, la politica, la
moda ecc. In alcuni spot sono evidenti e predominanti gli effetti estesici, tra cui lo spot
della Telecom che ha come protagonista Gandhi, andato in onda per la prima volta il 19
settembre 2004. Lo spot mostra Gandhi che entra in una capanna e dal suo interno
comincia a parlare di fronte a una webcam. Le immagini vengono trasmesse da un
megaschermo nella piazza della metropoli americana, dove migliaia di persone ascoltano
le parole del Mahatma. Un soldato e la sua compagna, colti dalla telecamera nella folla,
sono “rapiti” dalle immagini e dalle parole. Un’altra coppia seduta su una panchina vicina
al Colosseo lo vedono e lo sentono attraverso un cellulare. Alcuni uomini d’affari, nel
centro di Londra, vedono le stesse immagini da uno schermo piatto ultra moderno. In un
villaggio orientale un uomo elegante, seduto vicino a delle bancarelle, ascolta lo stesso
messaggio in diretta attraverso un auricolare. Il messaggio arriva anche in una pianura
equatoriale, dove due masai ricevono le immagini attraverso un computer portatile. Infine
anche nella piazza Rossa, dall’alto di un megaschermo, Gandhi lancia il suo messaggio a
una folla attenta. Poi una scritta: “Se avesse potuto comunicare così, oggi che mondo
sarebbe?”. Segue un’ultima immagine di Gandhi che dal megaschermo si inchina come in
preghiera, e il logo Telecom Italia (con la scritta “Comunicare è vivere”) chiude lo spot. Lo
spot gioca su un contrasto: nel mondo di Gandhi, dove i mezzi di comunicazione incidono
ancora in modo limitato, irrompono le nuove tecnologie della comunicazione, in grado di
diffondere il messaggio del Mahatma in tutta la terra. Il contrasto viene rafforzato dalla
copresenza strategica del bianco e nero (il mondo di Gandhi) e del colore (le
rappresentazioni mediatiche). Chi riceve il messaggio di Gandhi è o un attore collettivo (la
folla) o un attore individuale che mostra sul viso i segni di un’attenzione quasi mistica
(come l’orientale del villaggio). L’impressione è che gli attori siano legati da un filo
passionale ed emotivo che va al di là delle parole. Una componente sensoriale e
intersomatica che contagia anche lo spettatore, il quale, investito dalla musica e dalla
forza patemica degli attori rappresentati, non può prestare attenzione alle parole del
Mahatma.
3.3 – PASSIONI ED ESTESIE: IL CASO BREIL
La Breil è una marca che nella sua comunicazione pubblicitaria ha insistito molto sulla
dimensione passionale e sugli aspetti estetici. Boero individua due fasi della
comunicazione pubblicitaria Breil. La prima fase si caratterizza per il protagonismo
assoluto delle donna. Tendendo a valorizzare i prodotti per via connotativa, associando ai
gioielli l’immagine della donna seduttiva, decisa e risoluta. Negli annunci stampa
l’organizzazione degli elementi nella pagina segue la stessa struttura: un visuale
predominante, che occupa la parte centrale del testo; il prodotto riproposto in basso a
destra; il claim accanto all’immagine del prodotto; il marchio, in alto a sinistra o a destra.
Tutti i testi sono in bianco e nero, eccetto una piccola nota di colore presente nella
descrizione del prodotto. Emergono chiaramente i valori profondi della seduzione, della
trasgressione e della personalità forte confermati a livello visivo dall’immagine aggressiva
della modella e a livello verbale dallo slogan “Toglietemi tutto ma non il mio Breil”.
L’orologio è l’oggetto del desiderio e il soggetto non è disposto a condividerlo con altri. Lo
slogan rappresenta la rivendicazione di un possesso esclusivo dell’oggetto. Dal punto di
vista attanziale è la presenza di un rivale a scatenare la gelosia e il senso del possesso
che ne deriva. Generalmente nella pubblicità è presente un solo attore, impersonato da
una modella che incarna i tratti caratteriali del mondo Breil. Viene rappresentato il tema del
possesso, espresso verbalmente dal claim e figurativamente dalla modella che rinuncia
alla propria libertà e ai propri abiti pur di difendere il suo orologio dalle mire altrui. Notiamo
in questi, prima che a livello mentale, le passioni sono vissute e manifestate attraverso il
corpo. È il caso dello spot “Snake”: i primi elementi identificabili nel filmato sono un corpo
femminile e una forma simile a un serpente che scivola sinuosamente sulla schiena, sulle
spalle e sulle mani della donna. Questa forma flessuosa è “Snake”, la donna plasma il
gioiello secondo i propri desideri, le proprie esigenze estetiche; allo stesso tempo, è come
se il gioiello, assumendo continuamente una forma diversa, acquisisse vita propria.
La seconda