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A) SERVIZIO MILITARE
L’esercito romano fu, dalle origini al II secolo a.C., una milizia reclutata anno per anno per
soldo
una determinata campagna e, se possibile, congedata in seguito. Il soldato riceve un
che non è davvero un salario ma un risarcimento, un’indennità e il cui ammontare è assicu-
tributum
rato dalla riscossione del (=un’imposta diretta sulla ricchezza pagata dagli individui
che possono essere mobilitati). Il primo colpo portato a questo sistema fu la guerra anniba-
lica => le campagne lunghe in terra straniera portarono a catastrofi demografiche tali che si
abbassarono le cifre per la qualifica censuaria degli individui mobilitabili. Compaiono eserciti
permanenti, viene estesa la durata del servizio e si tende spesso a ricorrere al volontariato.
Questo volontariato può essere sufficiente solo se ci si rivolge ai più poveri e offre delle spe-
ranze di compensazioni finanziarie => se la guerra diventa redditizia. L’esercito diventa
quindi sempre più professionale e proletario. Non si tratta di un esercito di mercenari (Roma
non compra soldati non romani ma li assume in base alle sue alleanze e, l’esercito romano,
fino all’epoca imperiale, sarà un esercito di cittadini). Nondimeno, nel tempo il servizio mili-
tare diventa qualcosa a cui interi strati sociali possono sottrarvisi => ben inteso, non chi
vuole esercitare una magistratura.
I successi esterni permettono di sospendere la riscossione del tributum. Tutti i cittadini ro-
mani diventano quindi dei privilegiati fiscali, evidentemente interessati al proseguimento del-
la conquista. Nell’immediato erano i ricchi a guadagnarci: essi mobilitavano meno e paga-
vano meno. I poveri invece erano i più sollecitati e non traevano vantaggio dalla soppres-
sione della tassa. Il soldo in questo periodo rimane immutato: esso non poteva più servire
da incitamento all’arruolamento, in quanto valeva troppo poco. Per questo comparvero del-
le forme di compensazione: le leggi dei Gracchi, per esempio; la distribuzione di terre (=che
causò anche problemi, perché le terre non erano infinite => questo portò anche Augusto a
sostituire questo sistema con quello delle distribuzioni di denaro).
B) POLITICA populus
Il cittadino romano è membro del romano, una comunità dotata di autonomia e ini-
libertas,
ziativa. Si parla spesso della dell’autorità, della sovranità del popolo romano. Ma,
soprattutto, esso ha una volontà => per esprimerla, la città antica prevedeva delle riunioni
che includessero tutti gli aventi diritto (=il sistema rappresentativo è sconosciuto). Roma
aveva delle assemblee, diverse tra di loro, che risultano non dalla riunione di un numero in-
definito di individui ma di un numero limitato e preciso di unità di raggruppamento, in seno
alle quali ogni individuo dà il suo parere ma la cui opinione registrata sarà sempre quella
assemblea comitia.
collettiva => per questo è un nome plurale = Il principio timocratico si
centurie,
esprime in pieno solo nell’assemblea delle dove cavalieri e prima classe rappre-
tribù,
sentano, da soli, quasi la maggioranza; nell’assemblea delle invece, i rappresentanti
sono teoricamente raggruppati secondo la loro origine => anche in questa però il voto non
è egualitario => prevalgono le tribù rustiche. Le assemblee hanno una competenza generale
che si esercita però, soprattutto, in due settori: le ricompense e le punizioni => la conces-
sione delle cariche pubbliche, l’elezione e i giudizi criminali; l’elaborazione di regole e deci-
sioni che possono coprire quasi tutte le materie. Questa sfera di influenza, potenzialmente
onnipotente, viene limitata dall’ordine gerarchico interno e dal fatto che le assemblee non
possono auto-convocarsi. Il popolo inoltre non sceglie la questione sulla quale lo si interpel-
la e non delibera => risponde semplicemente in modo binario a una domanda postagli (=ro-
gatio). Al cittadino viene data parola come a un testimone muto. La libertà dei cittadini è an-
che limitata, almeno inizialmente, dalle modalità d’espressione del voto => fino al II secolo
a.C. è orale => i cittadini vengono convocati nel quadro delle loro unità, vengono fatti sfilare
davanti a magistrati, funzionari ecc in ordine gerarchico e ognuno deve rispondere a voce
=> spesso corruzione.
L’uomo romano Andrea Giardina
Poiché il sistema censitario comportava forti differenze, nel II e il I secolo a.C. si evolse fino
a sparire quasi del tutto. Per esempio, fino all’89 per beneficiare del census bisognava an-
dare a Roma ogni 5 anni.
assemblee lunghe:
Le comiziali erano venivano convocate molto spesso per le elezioni,
per la votazione di leggi, per i processi. Essere cittadino romano è quindi quasi un lavoro
full-time. Erano in pochi quindi a partecipare alle attività elettorali. La partecipazione, co-
munque, era variabile secondo le circostanze, secondo i cambiamenti istituzionali. Va se-
gnalato, per esempio, che nel corso del II e I secolo, l’evoluzione economica portò un cam-
biamento. La popolazione urbana crebbe così tanto che non era più possibile costringerla
nelle 4 tribù urbane. Molti abitanti di roma vennero così iscritti nelle tribù rustiche. Dal I se-
colo, poiché le tribù erano sovraccariche a causa delle conseguenze della guerra sociale, il
voto individuale divenne meno influente.
Non bisogna credere, comunque, che la vita elettorale romana fu puramente oligarchica.
Non si spiegherebbero altrimenti alcune riforme che vennero introdotte nel tempo volte a
limitare la possibilità del senato e dei magistrati di manipolare o controllare le assemblee:
non ebbero successo, spesso, ma il fatto che un uomo come Gaio Gracco ci abbia pensato
è molto significativo. Le riforme più importanti furono sicuramente le leggi tabellarie, varate
tra il 137 e il 107 a.C. => introducevano il voto scritto. Furono proprio queste leggi a facilita-
re lo sviluppo della legislazione tribunizia che caratterizza la politica romana negli anni
corruzione
133-40 a.C. La era ovunque => essa poteva consistere, secondo i senatori, nel-
la proposta di un provvedimento a favore della plebe; più spesso si trattava della compra-
vendita di un voto, che era facilitata dalla forte tendenza all’associazione tra il popolo. Più
grave della corruzione fu, forse, alla fine della Repubblica, l’emergere della violenza organiz-
contiones
zata. Al di fuori delle qualsiasi riunione era vista come un indizio di sedizione e ci
furono diversi tumulti popolari. A causa delle leggi molto strette in questo ambito, il popolo
prese l’abitudine di manifestarsi in maniera più o meno rumorosa nelle occasioni legittime
(=trionfi, funerali, feste religiose, rappresentazioni teatrali). Erano queste occasioni a fornire
l’occasione ai politici di saggiare l’opinione comune e si creava così ai margini della città
oligarchica una sorta di democrazia sostitutiva.
La prima testimonianza riguardo l’intimidazione e l’impiego della forza nelle assemblee è del
103 => lex Appuleia. Dall’88 iniziano le guerre civili.
Vi era un fenomeno ancora più notevole, a proposito di influenza => lo sviluppo e l’appari-
partes
zione di organizzate su un modello paramilitare => i colpi di stato di Catilina, Milone,
Lepido, mostrano che c’era chi in quell’epoca vedeva nell’azione politica solo una fase pre-
paratoria della guerra civile. Clodio mirava alla plebe urbana e utilizzava delle truppe “per-
sonali” per imporre il consenso.
C’è un campo in cui il cittadino era estremamente coinvolto = quello dei commoda, i van-
taggi materiali. Erano l’essenza, secondo Cicerone, del programma dei populares (=colui
che ama/è amato dal popolo => indica più un comportamento che un programma politico).
Le questioni su cui il popolo era più sensibile erano le leggi agrarie, quelle frumentarie, quel-
le sulle imposte, sui debiti, le leggi tabellarie. Questi provvedimenti erano importanti per la
sfera demografica e finanziaria => avevano lo scopo di allevare futuri soldati, per esempio
=> servivano ad aiutare il cittadino attraverso risorse che già esistevano. In questo processo
ebbe un ruolo importante anche il cambiamento del dilectus, che dal I secolo a.C. gravò
anche sui proletari, i contadini poveri => che quindi volevano vedere anche il loro status ci-
vico rivalutato.
C) CLASSE POLITICA civis
Non ci sono parole, in latino, che designino l’uomo politico, se non la parola (=che de-
bonus optimus civis.
signa anche il cittadino). L’uomo politico ideale è il o In realtà, non tutti
i cittadini possono concorrere alle magistrature => solo coloro che potevano servire nella
cavalleria (=ceto equestre) => tanto che a un certo punto le magistrature diventano quasi
ereditarie, nella Repubblica (vs con Augusto l’accesso agli onori viene riservato solo ai figli
dei senatori e può essere esteso ai cavalieri attraverso l’adlectio).
L’uomo romano Andrea Giardina
politica, carriera:
La intesa come accesso alle magistrature, non è solo una essa è anche
generatrice di status e dignità. Essa modella la vita sociale. I vari status prevedono infatti
dei privilegi nel diritto, per esempio. E’ per questo che vi sono state delle rivolte contro que-
ste costrizioni => MA chi si rivolta viene cancellato dalla memoria collettiva. Lo status è sì
una questione, in un certo senso, di prestigio degli antenati, ma ciò non basta => bisogna
honores
mantenerlo attraverso il voto popolare. Gli quindi non sono né vitalizi né acquisiti in
anticipo, tanto che ci sarà anche chi arriverà a sostenere che i benefici sono concessi dal
popolo e che quindi, coloro che li ricevono sono al servizio del popolo. Il fatto che tutto di-
penda dal popolo ha delle conseguenze => grande valore ha l’eloquenza, l’arte della per-
suasione, tanto che l’oratoria ben presto diventò la sintesi delle virtù politiche.
Il politico romano è colui che contribuisce alla salvezza della patria, attraverso il suo sacrifi-
cio e la sua moralità.
Il politico tuttavia non deve essere acculturato in ambito di finanze e amministrazione =>
c’era una frattura tra i magistrati responsabili e l’amministrazione propriamente detta, che
veniva abbandonata a scribi professionisti; un’amministrazione finanziaria invece non esi-
steva, dato che era affidata ai pubblicani e, oltretutto, ogni magistrato era circondato da una
sfera di consulenti.
La vita politica non era, comunque, u