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I Romani però non si comportano come ideologi convinti, sono empirici. Naturalizzano lo straniero
e il liberto più facilmente dei greci, ma ciò si spiega con la potenza dei legami di clientela: il
patrono impone al corpo dei cittadini l'ammissione del liberto o dello straniero da lui protetto. Il
diritto romano sacrifica poco all'umanità, resta troppo rigoroso verso deboli o debitori. Si parla di
giurisprudenza di classe. Un'eccezione è quella di favorire la libertà. Se un padrone col testamento
affranca gli schiavi e i termini sono ambigui, il giudice segue l'interpretazione più umana ovvero
quella favorevole all'affrancamento dello schiavo. Questa regola si spiega col fatto che i romani
trovavano umano che il padrone fosse indulgente con gli schiavi, senza tuttavia trovare ingiusto che
non lo fosse. Il diritto romano non fa nemmeno concessioni al diritto naturale. Es l'incesto nel
Digesto viene proibito non perché contro natura ma perché è la legge che lo proibisce. Resta il fatto
che la società romana, a volte ingiusta e crudele, altre volte è più aperta e liberale. Es., non
contavano le distinzioni di razze, Settimio Severo era un africano i cui antenati non parlavano
latino. Nemmeno la religione era una barriera, infatti non si distinguevano dai barbari per le loro
credenze. Sant'Agostino rimprovera alla civiltà romana di essere avida di conquiste, dura con i
poveri, fondata su legami di clientela, con imperatori indifferenti alla moralità dei sudditi e alla loro
salvezza eterna. Ma se la religione era inconciliabile con lo Stato come quella cristiana, la reazione
pagana diventava violenta. Importante il teorema di Tocqueville: un gruppo umano adotta i valori di
una civiltà straniera, a condizione di non trovarsi all'ultimo gradino di questa civiltà. Nella civiltà
romana chi si romanizzava diventava di pieno diritto una città greco – romana.
Lo schiavo.
Nell'antica Grecia come la nozione di cittadino prevale su quella di suddito, appare legata alla città
anche la figura di schiavo, diffusa però soltanto in alcune città, quelle in cui le grandi riforme hanno
allargato il corpo dei cittadini e hanno fatto sparire la massa degli asserviti locali. Si moltiplicarono
gli schiavi provenienti dall'esterno prima ancora che Aristotele teorizzasse la coincidenza tra
asservito e barbaro. A Roma tale situazione si viene a creare dopo le lotte della plebe, perché se i
cittadini comprendono la maggior parte della popolazione, ci si deve avvalere degli stranieri ridotti
in schiavitù. La perdita della libertà è conseguenza del suo sradicamento, inoltre il diritto romano,
prima dell'impero, limita l'asservimento dei cittadini e prevede il più delle volte la vendita del
condannato fuori dalla città.
Lo schiavo è definito per antitesi, è il negativo del cittadino; quest'ultimo dispone del tempo libero,
dell'otium che permette di dedicarsi alle attività creative e alla politica, lo schiavo è come un
animale domestico, perché lavora e poi, per ricostituire le forze, mangia e dorme. Nel diritto
romano è frequentemente associato ad altri elementi patrimoniali, venduto con le stesse norme di un
terreno, oggetto di lasciti testamentari.
Ciò che fa l'unità del mondo servile è la definizione giuridica che vale per tutti gli schiavi, ma ci
sono modi differenti in cui essi vengono utilizzati. Ad esempio c'è grande differenza tra gli schiavi
rurali e quelli di città, in particolare quelli addetti alla casa del padrone. Quando ci fu la rivolta di
Spartaco chi aderì maggiormente furono gli schiavi di campagna, perché questi ultimi vivevano
poco a contatto col padrone, adibiti a mansioni produttive e sottoposti ad una severa disciplina.
Tutto il loro tempo è dedicato al lavoro, anche quello dei responsabili, il vilicus e la vilica. Nella
familia urbana è diverso; alcuni schiavi sono autonomi perché incaricati di gestire le imprese del
padrone, la servitù domestica assume mansioni specifiche, i cui sforzi sono legati a capricci del
padrone più che alla gestione razionale di un'impresa. Es. nelle Metamorfosi, gli schiavi belli
benvestiti e bene educati danno lusso alla casa padronale come i mobili sontuosi. Il termine familia
comprende dunque tutti coloro che sono sottoposti all'autorità del paterfamilias, ma anche una
cellula affettiva. La ragazza rapita dai briganti nelle Metamorfosi ha nostalgia dei genitori e degli
schiavi nati nella loro casa. La posizione degli schiavi è comunque sempre subordinata e nessuno ci
si può sottrarre anche se appartiene ad un padrone tollerante e poco esigente. Vengono infatti citati
altri esempi sulla reale condizione degli schiavi: un viliculus colpevole di infedeltà verso la moglie,
cosa che ha causato un danno al padrone, viene punito cospargendolo di miele e dandolo in pasto
alle formiche, un governatore ricevuta una denuncia fa torturare gli schiavi della donna sospettata di
omicidio.
Un altro dato essenziale è dato dall'evoluzione cronologica presente nell'età antica che spesso
erroneamente è considerata un tutt'uno. Per molti secoli il quadro dominante della società
mediterranea è rappresentato dalla città, dove si incarnano gli interessi comuni dei cittadini. Gli
schiavi con le loro attività consolidano i profitti dei cittadini. In Italia all'inizio del 2 sec a. c. lo
schiavo ha un ruolo nuovo perché non è più al servizio di famiglie di proprietari, ma integrato in un
sistema di produzione che al contempo implica la rovina delle famiglie. Nel quadro delle grandi
guerre che caratterizzano il periodo vengono gettate sul mercato grandi quantità di schiavi. La
piccola proprietà è confinata nelle zone interne e settentrionali della penisola dove c'è un'economia
di autoconsumo, nell'Italia del sud prevale il latifondo ma soprattutto la villa. Qua ci sono colture
intensive di prodotti destinati alla vendita anche in mercati lontani ed è un mondo basato sullo
sfruttamento degli schiavi. Entra in crisi la piccola proprietà. Tale rivoluzione riguarda anche
l'artigianato, dove abbiamo piccole officine a conduzione familiare che fabbricano prodotti
mediocri con una diffusione ristretta e grandi officine, manifatture urbane con la stessa
organizzazione delle villae agricole. Lo schiavo è dunque al centro di un profondo rinnovamento
economico ed è ingranaggio di un processo produttivo standardizzato. Es., ceramica a vernice nera
della Campania, la vernice non è applicata col pennello ma a immersione. Il risultato è meno
preciso e la base con cui l'operaio tiene l'oggetto non viene verniciata completamente. In questo tipo
di produzione viene soppressa ogni iniziativa, a vantaggio dell'efficienza e della produttività. E' una
sorta di taylorismo ante litteram. Ma lo sfruttamento degli schiavi non è in contraddizione con le
ricerche tecniche, anzi è proprio nelle villae che vengono utilizzati in modo più razionale i torchi
per l'olio e per il vino e dove si sviluppano più rapidamente le innovazioni riguardanti tali
macchine. Si trascurerebbe l'efficienza dello schiavo se venisse sfruttato razionalmente. Lo schiavo
è trasformato in una macchina senza la forza che caratterizza i nostri ordigni moderni, ma dotato di
un'abilità che non hanno i nostri robot. Meno forza più abilità. Le macchine del Medioevo appaiono
una sorta di regresso perché se è vero che si risparmia in manodopera, le esperte macchine umane
vengono sostituite da macchine sommarie. Questa trasformazione è una conseguenza della fine del
modo di produzione schiavistico che si compie nel II sec d.c. In mezzo a queste due date ci sono gli
ultimi due secoli della repubblica e i primi due dell'Impero, che corrispondono all'apice di tale tipo
di organizzazione e al suo declino.
Prima dei mutamenti iniziali che abbiamo detto lo schiavo è posto sotto l'autorità del paterfamilias e
può essere oggetto di operazioni di vendita. Secondo le leggi delle XII tavole non appare eccessiva
la differenza tra figli e schiavi. Un padre può vendere i propri figli e adottare propri schiavi. Se
qualcuno procura un danno fisico a un altro lo deve risarcire anche se si tratta di uno schiavo.
Ovviamente le indennità sono diverse, ma è identico l'approccio giuridico alla questione. Però il
figlio è destinato a diventare cittadino e paterfamilias, lo schiavo rimane tale. In quest'epoca però la
differenza passa tra cittadini e non cittadini e l'asservito non è isolato dal resto della comunità.
La situazione cambia quando la schiavitù patriarcale lascia il posto ad un sistema schiavistico. Es il
danno fisico alla persona nella legge Aquilia del III sec a .c. introduce una fondamentale differenza
tra libero e non, perché la ferita inflitta allo schiavo non è più considerata un danno alla sua persona,
ma al patrimonio del proprietario. Lo schiavo è solo proprietà di qualcuno. Il cambiamento provoca
anche mutamenti nel lessico. Il termine erus viene sostituito da dominus per indicare la
connotazione di proprietà.
In questi due secoli affluiscono in Italia grandi quantità di schiavi che vengono immessi nelle nuove
strutture economiche. La risposta di questi uomini sradicati e sfruttati saranno le rivolte servili.
Dopo la rivolta guidata Spartaco assunsero la forma del brigantaggio. Tra le cause di rinuncia
all'insurrezione di massa ci sono le guerre civili e l'importanza dell'imperator. Es. Mario per la
campagna d'Africa recluta volontari aprendo l'esercito ai più poveri e l'esercito diventa mezzo di
promozione per i diseredati che sperano di arricchirsi con i bottini. Continuando con Pompeo, questi
dopo aver sconfitto i pirati, li trasformò in coloni rinnovatori di una città che prese il suo nome.
Nelle guerre civili i capi dei partiti in combutta arruolarono schiavi, già dai tempi della guerra
sociale ne furono affrancati parecchi. Dopo la morte di Cesare i triumviri promisero la libertà a
quegli schiavi che denunciavano i proscritti.
Le funzioni dello schiavo subirono dunque un'evoluzione, il cui dato fondamentale è di ordine
economico. Es., nelle campagne numerosi proprietari abbandonano lo sfruttamento diretto degli
schiavi e affidano ai dipendenti la gestione delle terre divise in poderi. I dipendenti potevano essere
schiavi che però avevano grande autonomia e responsabilità. Accanto ai vilici semplici agenti
esecutivi del padrone abbiamo quelli che gestiscono la tenuta per conto proprio in cambio di un
canone; a loro