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La specificità del fenomeno: le città europee e dell'Italia meridionale
La nascita delle istituzioni comunali nelle città dell'Italia centro-settentrionale segna un netto divario tra esse e quelle delle altre aree d'Europa e quelle dell'Italia meridionale.
Se lo sviluppo commerciale e la crescita demografica sono fattori comuni a tutte le città occidentali tra IX e XI secolo, gli sviluppi istituzionali no, infatti nella maggior parte delle città europee vi era una società omogenea di artigiani e mercanti, che non reinvestiva i propri capitali nella proprietà fondiaria e non aveva legami vassallatico-beneficiari con l'aristocrazia delle terre circostanti.
In Francia le città lottarono col re o col signore territoriale per il riconoscimento di uno statuto giuridico diverso e privilegiato rispetto agli abitanti delle campagne; altre invece rivendicarono l'autogoverno.
Si crearono così comuni o
città di franchigia, nel primo caso alla città era dato un diploma regio o principesco che riconosceva l'autogoverno della cittadinanza (charte de commune), nel secondo caso fu concessa la charte de franchises che consentiva ampi margini d'autonomia, ma il governo era in mano ad un funzionario regio. Le città di questo tipo, così come in Inghilterra, divennero delle roccaforti del potere regio, dei punti di opposizione a signori particolarmente riottosi che venivano controllati proprio attraverso di esse. Le città tedesche invece rimasero a lungo sotto il potere dei vescovi, e successivamente furono controllate strettamente da grandi dinastie locali, fatte forti a causa della crisi imperiale, e nonostante in tempi successivi si svilupparono in esse anche forme assembleari che riunivano le varie articolazioni della cittadinanza, non si poté mai parlare di indipendenza concreta da principati e signori territoriali (si impose il).Potere deilandstad. Le città del Sud-Italia invece fra la metà dell'XI secolo e il 1130 vennero presedai Normanni e per questo non poterono costituire delle realtà comunali, e anche se svilupparono delle istituzioni autonome, esse erano inquadrate come forme di autonomia amministrativa sotto il controllo politico del regno normanno. Nelle Fiandre la caratteristiche principali delle città sono legate soprattutto all'aspetto commerciale, come ha osservato Henri Pirenne, ma si parla sempre di concessioni del signore cittadino.
19) LA NASCITA DELLA CAVALLERIA E L'INVENZIONE DELLE CROCIATE. A partire dal X secolo nelle fonti di diverse aree europee compare in modo sempre più frequente il termine miles, con accezioni di volta in volta differenti (dal generico "guerriero", al tecnico "vassallo"). La risposta alla domanda su chi erano questi "milites" intorno al
mille , va adintrecciarsi con altre questioni cruciali per conoscere l'organizzazione sociale dell'epoca, a cominciare dalle definizioni di nobiltà e feudalesimo, fino a quella di crociata. 19.1 LA CAVALLERIA: UN NUOVO PROTAGONISTA DELLA STORIA EUROPEA? La questione dell'origine della cavalleria venne affrontata negli anni Trenta del XX secolo da Marc Bloch, il quale la legò strettamente a quella relativa allo sviluppo del feudalesimo. Bloch infatti distinse tra una prima età feudale, caratterizzata dalla centralità del giuramento di fedeltà del vassallo al signore, e una seconda età feudale, caratterizzata dalla centralità del beneficio; l'avvicendamento di queste due età avvenne (per Bloch) nell'XI secolo. L'affermazione del feudalesimo avrebbe portato a termine un importante mutamento nell'organizzazione sociale, circoscrivendo sempre più il "mestiere delle cavallerie".armi'', a un elitè formata da signori e loro vassalli. Questa specializzazione sarebbe confermata dall'affermazione, sempre nel secolo XI, di una nuova cerimonia, attraverso la quale una persona poteva accedere al mestiere delle armi; essa era detta adoubement (dal francone dubban = ''colpire''). Durante l'adoubement, chi era destinato a diventare cavaliere, otteneva una spada e riceveva un colpo simbolico, sulla nuca o sulla gota, dal cavaliere più anziano che dirigeva la cerimonia. Secondo Bloch la diffusione dell'adoubement, fece sì che i cavalieri si percepissero come gruppo sociale a se’ stante, dal quale si sarebbe sviluppata una nuova classe sociale, basata su un preciso stato giuridico: la nobiltà. Bloch non negava che già nei secoli precedenti vi fossero dei nobili, ma egli riteneva che fino all'XI secolo, l'aggettivo nobilis indicasse generalmente gli appartenenti ai
ceti dirigenti, con riferimento all'ascendenza familiare o al ruolo eminente svolto. Bloch propose allora la locuzione di "nobiltà di fatto" o "aristocrazia" per designare la "prima nobiltà", mentre i termini di "nobiltà di diritto" per definire la nuova classe sociale, giuridicamente definita, e sviluppatasi con l'affermazione della cavalleria. La tesi di Bloch determinò un vasto dibattito (anche al di fuori della storiografia francese, specie in Germania e Italia) e venne infatti messa in discussione da Georges Duby, che propose una nuova tesi, che si basava sugli studi da lui compiuti sulla regione del Maconnaise, dove il termine "miles" non indicava solo il semplice guerriero, ma anche i signori di castello. Il titolo di cavaliere, secondo Duby, si sarebbe esteso a tutto il ceto aristocratico, divenendo
già nell'XI secolo, l'elemento distintivo dell'anticanobiltà, una definizione che si era caratterizzata attorno al mestiere dellearmi e ai privilegi giuridici che questo mestiere procura; una delle novità del Mille, secondo Duby, sarebbe stata proprio l'emergere di questa nuova nobiltà coincidente con la cavalleria. Anche queste affermazioni suscitarono a loro volta nuovi studi, che in Francia e in altri paesi europei, evidenziarono evoluzioni molto diverse tra di loro. I vari risultati furono comparati e ricondotti in una nuova teoria sulla cavalleria, elaborata dallo storico francese Jean Flori. Secondo quest'ultimo, fino al XIII secolo, la cavalleria non costituì né un ordine né una classe, ma una professione, praticata da persone provenienti da ceti sociali diversificati, e solo nel Duecento si arrivò ad una chiusura graduale della cavalleria. Per Flori dunque, la cavalleria non sitrasformare in nobiltà, ma al contrario la nobiltà si appropriò nel tempo della dignità cavalleresca, andando a renderla un proprio monopolio. Alla fine del XIII secolo infatti, la milizia era divenuta ormai parecchio onerosa, trasformandosi di fatto in un titolo, un onore che non tutti i nobili seguono. Inoltre, solo in questo periodo emersero valori etici e regole di comportamento cavalleresche per coloro che, nell'XI secolo, erano guerrieri violenti e brutali. E questi cambiamenti si rifletterono nel significato dell'adoubement, che tra XI e XII secolo si distinse da altre cerimonie di consegna delle armi (per lo più pubbliche), assumendo il significato di porta d'ingresso all'ordine della cavalleria, caratterizzato da legami ideologici che riconducevano a un modello etico cristiano. 19.2 I PRIMI CAVALIERI Attorno al Mille, lo sviluppo e la diffusione della signoria di banno incentrate su castelli avevano reso necessarioun numero crescente di specialisti dellaguerra , persone che si dedicassero alla difesa alla difesa del signore e deisuoi beni. Questi erano i milites, ovvero i cavalieri, che in questi anni eranofrequentemente di umili origini, e in diversi lingue volgari il termine milesrimandava proprio a un contesto sociale basso ( termine inglese "knight"deriva da "chith" usato per designare i servitori ). Nello stesso periodo, specie in ambito tedesco, emersero le figure dei "ministeriali",servi che ricoprivano importanti incarichi ( ministeria =servizi )e spesso guidavano gli uomini armati di un signore, e da esso potevanoessere dotati di un castello, a conferma di come fosse soprattutto la qualitàdel servizio ad essere importante, piuttosto che l'origine sociale. Nel corso dell'XI secolo, però, il mestiere del cavaliere venne sempre piùspecializzandosi, infatti i cavalierinon erano impiegati sempre, per esempio essi difficilmente erano utilizzati negli scontri campali, mentre nei brevi combattimenti e negli assedi sì.
I cavalieri si specializzarono nell'utilizzo della lancia, un'asta in legno con una punta di metallo, che ponevano sotto l'ascella per puntare e colpire l'avversario, che poteva essere disarcionato dall'urto, e in seguito catturato e restituito alla famiglia dietro pagamento di un riscatto.
Questa nuova tecnica di combattimento portò alla necessità di nuove armi, armature migliori, protezioni: insomma di necessità sempre più costose; parallelamente però le loro spettacolari azioni di guerra determinarono la crescita personale e del loro prestigio.
Infatti gli "allenamenti" dei cavalieri, i tornei, divennero uno spettacolo guerresco di grande fortuna, e con il crescente prestigio acquisito, la cavalleria cominciò a divenire un
Elitè sociale ristretta, infatti il prestigio che i cavalieri acquisivano spinse sempre più persone a intraprendere questo mestiere (in un certo senso dunque sia l’ipotesi di Duby, sia quella di Bloch appaiono verificate). Il crescente numero di cavalieri però, era anche determinato da un altro fattore, ovvero l’affermarsi della pratica del maggiorascato, infatti, soprattutto con la definitiva affermazione della signoria di banno, i signori più piccoli non avevano alcun interesse a dividere il territorio. Per questi ai figli ‘’cadetti’’ veniva imposta o la vita ecclesiastica, o il mestiere cavalleresco, ed essi, privi di beni personali, dovevano spesso trovare rifugio al di fuori della casa paterna, spesso mettendo a frutto le proprie abilità marziali. Capitava spesso che i cavalieri non affermati, si unissero a vere e proprie compagnie di cavalieri, che si spostavano di corte in corte, pa