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La Conferenza di Berlino del 1884-1885 e il colonialismo europeo in Africa
La Conferenza di Berlino del 1884-1885, convocata per risolvere la questione degli interessi in gioco nel bacino del fiume Congo, svolse un ruolo decisivo nel definire i principi guida che i diversi paesi europei avrebbero dovuto seguire nella presa di possesso dei territori. Fu caratterizzata da un'incessante ricerca di nuovi spazi, dall'occupazione di nuove strutture di governo e dall'introduzione di meccanismi di sfruttamento economico.
Solo la Liberia e, fino agli anni '30, l'Etiopia sfuggirono alle mire imperiali di Francia, Gran Bretagna, Belgio, Germania, Portogallo, Italia e Spagna. La conferenza si concluse con l'avvento della prima guerra mondiale, dove la sconfitta della Germania portò alla perdita delle sue colonie.
La seconda fase del colonialismo europeo in Africa coincise con il ventennio che intercorse tra i due conflitti mondiali e fu caratterizzata dal consolidamento degli apparati statali messi in piedi nella prima fase e dalla...
relativa espansione economica iniziata nel primo dopoguerra e colpita dalla recessione del 1929 che danneggiò pesantemente le esportazioni dei prodotti africani sui mercati internazionali e che portò a contenere i progetti di espansione delle amministrazioni coloniali. I colonizzatori miravano a evitare il costo di potenziali conflitti con gli altri concorrenti europei per l'aggiudicazione dei possedimenti e a minimizzare le spese finanziarie per le strutture amministrative coloniali gestite sin dall'inizio del XX secolo principalmente da personale occidentale, per lo più tratto dai ranghi militari. L'occupazione coloniale portò a violenze, repressioni e sofferenze patite dalle popolazioni africane. Nella regione abitata dai bakongo ad esempio, l'esploratore statunitense Henry Stanley che agiva per conto di Leopoldo II del Belgio, nel 1879-80 fu rinominato bula matari (colui che spacca i macigni), un termine che divenne sinonimo del dominio dei bianchi e della loro brutalità.forma scritta a lingue che fino ad allora ne erano prive. L'opera degli europei contribuì ad innescare veri e propri processi di etnogenesi, selezionando e specificando le tradizioni, i costumi, i simboli e gli stereotipi che davano contenuto all'etnicità. Molti dei gruppi etnici dell'Africa moderna sono raggruppamenti in gran parte creazioni coloniali da parte di funzionari coloniali e intellettuali africani. Un ruolo importante fu svolto dagli anziani, capi o membri delle aristocrazie che collaborando con i colonizzatori facevano da tramite nella lettura e interpretazione dei costumi locali da parte degli stranieri. L'invenzione della scrittura ha poi fatto acquisire ai capi e agli anziani una posizione ancora più centrale poiché permise la redazione da parte di questi di storie ufficiali, censimenti, liste e registri. Gli africani accolsero spesso positivamente la definizione di identità che sembravano fornire elementi di continuità e
certezza in un mondo coloniale segnato da radicali trasformazioni sociali, economiche e politiche. I sistemi amministrativi del colonialismo europeo quindi contribuirono a selezionare e rafforzare le appartenenze di tipo etnico dando vita a un processo di etnicizzazione delle società africane. Uganda: dal regno del Buganda all'Uganda coloniale e postcoloniale L'area in cui sorge oggi l'Uganda comprende circa 50 gruppi etnici facenti parte di diverse famiglie linguistiche: bantu, nilotici (tra cui gli acholi), nilohamitici e sudanici. In epoca precoloniale erano per lo più comunità sociopolitiche a sé stanti, e diverse di esse erano molto frammentate all'interno. Le regioni centro-meridionali erano dominate dai regni del Buganda, Ankole, Bunyoro e del Toro; al nord c'erano società prive di un'autorità politica centralizzata governate in genere da consigli degli anziani. La comunità più consistente e politicamentepiù organizzata era quella del Buganda; il regno era incentrato sulla figura del sovrano, il kabala, che comandava due distinti sistemi di capi: i bataka, ovvero i capi dei clan, e una gerarchia di capi di nomina regia. I colonizzatori inglesi avevano piegato la resistenza alla fine del 1800. Nel 1900 venne siglato dalsovrano un accordo con la Gran Bretagna che pur assoggettando il regno alle autorità britanniche, sanciva un rapporto privilegiato. La Gran Bretagna instaurò un governo indiretto, amministrato attraverso rappresentanti governativi inglesi con l’aiuto dei sovrani già esistenti sul territorio. I confini dei distretti amministrativi dello stato coloniale furono disegnati sulla base di una mappa dei gruppi etnici della regione, tratta dall’esperienza di missionari, antropologi e funzionari coloniali. Ciò porto al rafforzamento dell’identità e dell’unità dei regni centro-meridionali, ma implicava anche la
selezione e il consolidamento di certi elementi identitari a scapito di altri. La forza mostrata dall'organizzazione politica dei baganda spinse altri gruppi a mobilitarsi lungo linee etniche fino a elaborare tradizioni e simboli propri. L'utilizzo da parte britannica di utilizzare personale bagandese per amministrare i gruppi che abitavano altre aree, in particolare quelle del nord da cui veniva attinta manovalanza economica e personale militare, cominciava a riflettersi negli apparati politico-amministrativi che venivano gradualmente aperti alla partecipazione africana. Tra gli anni '50 e '60 emersero partiti politici, espressione di queste divisioni: l'Uganda people's congress (Upc), che riuniva i protestanti delle aree periferiche decisi a contrastare il predominio del formato con l'appoggio diretto del governo centrale guidato da Obote; il Democratic Party (Dp), organizzazioni cattoliche e in grado di sfumare la contrapposizione tra popolazione baganda eNon con cui l'establishment tradizionalista baganda cercò di opporsi all'abaganda; il Kabaka yekka (Ky), possi