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AUTORITARISMO, CORRUZIONE E INSTABILITÀ POLITICA NELL'AFRICA INDIPENDENTE
1. LE INDIPENDENZE AFRICANE E L'EREDITÀ DEL COLONIALISMO
L'esperienza del colonialismo europeo si concluse rapidamente pochi decenni dopo il completamento della spartizione del continente. Alla fine degli anni sessanta solo un esiguo numero di territori restava ancora sotto il dominio straniero.
Il periodo coloniale lasciò al continente una importante eredità di confini e istituzioni amministrative e politiche, di trasformazioni sociali e nuove strutture economiche, di identità culturali e di legami con le ex madrepatrie. Questi elementi sovrapponendosi alle caratteristiche delle società colonizzate contribuiranno a dare forma agli assetti politici postcoloniali.
I confini dei nascenti stati africani, raramente prendevano in considerazione caratteristiche politiche, etniche, demografiche delle rispettive società, ma riflettevano esigenze e criteri
estranei.Il divario esistente tra il disegno dei confini, spesso costituiti da semplici rette, era grande. Tuttavia, i governanti africani preferirono riconoscere tali confini dinanzi al rischio di un processo che potesse portare all'emergere di una miriade di richieste di aggiustamenti territoriali, se non addirittura a guerre interstatali.
In un certo numero di colonie si era avuta la graduale introduzione di forme di partecipazione politica per gli africani all'interno del sistema di governo coloniale. Ovunque, il secondo dopoguerra aveva portato all'ascesa di leader politici africani che, apparivano in grado di coinvolgere strati crescenti della popolazione in movimenti anticoloniali più o meno radicati. Proprio l'anticolonialismo fu il fondamento e il collante dei nascenti nazionalismi africani. Era il fatto di aver condiviso l'esperienza della sottomissione allo straniero e lo spazio geografico di questa sottomissione a costituire l'unica base.
“PERSONALRULE”Gli africani non furono protagonisti della embrionale modernizzazione economica avviata dai regimi coloniali;essi erano marginalizzati in un settore privato occupato da imprenditori e commercianti francesi e inglesi.Questo costituiva un forte vincolo alla mobilità sociale degli africani. In una situazione del genere, l’accessodiretto o indiretto alle risorse statali e al settore pubblico divenne un obbiettivo prioritario e scarsamentesostituibile.Le classi dominanti dei paesi africani emersero fondamentalmente attraverso l’esercizio del potere politiconell’apparato economico.La distinzione tra attività politica e attività economica divenne talmente sfumata che molti leader diventaronograzie alla loro posizione politica, uomini d’affari di grande peso.Si sviluppò una gestione arbitraria e personale della cosa pubblica che si estendeva dai vertici dei governinazionali agli organi locali, senza escludere gli
istituti di credito o le aziende parastatali. La nozione di "neopatrimonialismo" sintetizza proprio questa diffusa combinazione di istituzioni moderne e logica patrimoniale. Indubbiamente, le dinamiche neopatrimoniali hanno spesso assunto forme peculiari da paese a paese, tuttavia, nonostante queste differenze, la sindrome del neopatrimonialismo è stata comune alla gran parte degli stati subsahariani. L'elemento cardine del neopatrimonialismo è l'esercizio personalistico del potere da parte del leader nazionale. Tale potere lo pone al di sopra della legge, gli permette di governare in modo arbitrario, gli permette un controllo poco trasparente delle risorse statali e trae la sua legittimità dai network clientelari e dai legami di lealtà personale. La centralità degli individui ai vertici dello stato emerse nei paesi africani subito dopo l'indipendenza e portò ad una generale diffusione della figura del“presidente” e ad un ampia estensione dei suoi poteri. Jackson e Rosberg hanno individuato quattro figure autoritarie: il principe, l’autocrate, il profeta e il tiranno.
TRA POLITICA E SOCIETÀ: CORRUZIONE E RETI CLIENTELARI
I capi di governo africani hanno spesso avviato dei processi di appropriazione con modalità specifiche in ogni paese; se i maggiori accaparramenti hanno sempre ruotato attorno ai vertici dello stato, le piaghe del neopatrimonialismo non si fermavano qui. Tanto la corruzione è stata stigmatizzata e condannata a parole, quanto essa in molti paesi subsahariani è stata accettata, praticata e generalizzata nella vita di tutti i giorni. La distorsione delle norme a causa della persistenza di prassi informali di comportamento comunemente accettate, ha dato vita a questi fenomeni. La corruzione non deve essere considerata come il residuo di un passato che sta per essere superato ma, al contrario, occorre riconoscere la
centralità che essa ricopre nelle attività economiche delle società africane e la razionalità che essa può incarnare per chi la pratica. Solo così si può capire perché le campagne anticorruzione sono fallite. Sono stati individuati dei modi in cui le diverse pratiche della corruzione trovano un terreno favorevole in norme sociali e imperativi comportamentali ampiamente diffusi nelle società africane. Spesso, nonostante la retorica condanna della corruzione, è più probabile che il biasimo ricada su chi denuncia per corruzione un membro della propria comunità o non ottempera alle aspettative sociali di distribuzione di favori, piuttosto su chi abusa della sua posizione al fine di facilitare l'ingresso negli uffici pubblici di membri appartenenti allo stesso network. Corruzione e clientelismo finiscono per essere collegati. Vi sono i cosiddetti Big men che occupano i vertici più elevati di piramidi.
Le reti clientelari sono formate da relazioni di patronato. Il cliente assicura il suo sostegno politico e la sua lealtà nella speranza di beneficiare degli eventuali successi del patrono. In cambio, il patrono deve mostrarsi in grado di garantire risorse o servizi che rendono la clientela un importante "meccanismo di sicurezza personale".
Le reti clientelari facilitano una distribuzione strategica delle risorse che permette di premiare, penalizzare o marginalizzare individui o gruppi a seconda che questi garantiscano o meno il sostegno politico a chi occupa posizioni di vertice.
Quanto le reti clientelari, poi, funzionino effettivamente come meccanismi redistributivi che trasferiscono gradualmente risorse dalle élite ai clienti appartenenti ai livelli più bassi della società resta, tuttavia, una questione controversa.
5. INSTABILITÀ POLITICA E REGIMI AUTORITARI
Fin dall'indipendenza, la posta della competizione per il controllo dello stato era accresciuta
dall'estrema concentrazione di risorse che l'apparato pubblico rappresentava se paragonato a quanto restava "al di fuori dello stato". L'emergere di politici che si affidavano agli a