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H.W.P.S.M.T.B.
Nel 1948 si tiene una mostra collettiva che costituisce un altro passo
importante nel coagularsi dell’astrattismo lirico. Il titolo deriva dalle iniziali
puntate degli artisti che hanno partecipato, principalmente pittori che lavorano
su forme di astrazione non geometrica, basate sul gesto o sulla macchia. Come
padre nobile della mostra viene scelto Francis Picabia, che dopo gli esperimenti
di brutta pittura figurativa e sciatta dei primi anni Quaranta torna ad una forma
di astrattismo biomorfico.
White and Black White and Black
Nel 1948 si apre una mostra intitolata in cui espongono
Hartung, Wols, Arp, Picabia, Tapié, il quale nello scritto che introduce la mostra
impiega per la prima volta la parola informe.
Véhémences confrontées Véhémences confrontées,
Nel 1951 si tiene la mostra primo punto di arrivo di
questa nuova situazione artistica. La mostra è curata da Michel Tapié ma
risente anche del pensiero di Georges Mathieu. La mostra rappresenta l’atto di
nascita della parola “Informale”, utilizzata dal critico nel testo introduttivo alla
mostra, in cui afferma che ogni artista esposto ha affrontato il dominio
dell’Informale con il proprio temperamento. L’aspetto più interessante della
mostra è quello di aver colto e individuato un clima, averne disegnato i confini
e aver ipotizzato una comunità d’intenti fra artisti al di qua e al di là
dell’Atlantico, anche se in realtà i contatti tra nuova arte americana e nuova
arte europea negli anni Quaranta sono nulli o quasi.
Signifiants de l’Informel Un art autre
Da a
Véhémences confrontées
Dopo si tengono due mostre, entrambe intitolate
Signifiants de l’Informel, una del 1951 e l’altra del 1952. Per sottolineare che le
sue proposte non si limitano all’arte astratta, sempre nel 1952 Tapié presenta
Peintures non abstraites,
un’altra mostra intitolata cui partecipa anche Henri
Michaux, scrittore, poeta e artista visivo; egli crea alfabeti immaginari,
creature mostruose, disegni eseguiti sotto l’effetto della mescalina.
Un art autre,
Tapié chiude quello stesso 1952 con una mostra intitolata la
definizione maggiormente legata alla fama del critico.
Tapié disegna il perimetro di un fenomeno che non ha nulla di unitario, ma i cui
artisti hanno in comune il rifiuto della forma canonica. La Forma lascia
all’artista tutte le possibilità della Non-Forma, l’Informale trascende la Non-
Forma nella Non-Non-Forma.
Le mostre organizzate da Tapié danno un’idea degli aspetti comuni di
esperienze disperse dell’arte degli anni Quaranta e Cinquanta, che non
appartengono né alla tradizione francese né al realismo socialista.
Secondo la Krauss, il più grande torno del termine Informale è quello di essere
simile a Informe: nell’accezione di Tapié, l’Informale non ha nulla a che vedere
con l’Informe di Bataille: il critico usa quella parola per declassare, mantenendo
comunque l’idea che ogni cosa ha la sua forma. L’Informe quindi indica
l’antitesi della forma, mentre l’Informale aspira alla forma: l’esempio più
calzante è quello di Dubuffet, che non gradisce la definizione di Informale
riferita al suo lavoro, ma che secondo la Krauss dimostra che l’Informale è
un’arte della messa in forma, dell’emergenza della figura, perché partendo
dall’Informe si giunge all’immagine.
Antoni Tàpies
Antoni Tàpies si ispira al surrealismo nelle sue opere della seconda metà degli
anni Quaranta; alcune di queste opere mostrano già una propensione per l’uso
di materie non canoniche che sarà caratteristica del suo lavoro più maturo.
Quando arriva a Parigi è in atto lo scontro sulla valenza politica dell’arte, sulla
possibilità di una pittura monumentale e di storia. Come Picasso, individua nel
muro il sito in cui la pittura può uscire dal solipsismo e diventare luogo di
comunicazione. Più della pittura su scala murale di Picasso però gli interessa
Dubuffet, in particolare nel riferimento al graffito murale come espressione
vernacolare, politicamente dissidente e al limite del vandalico.
L’interesse per la materia lo avvicina poi a Fautrier, che la affronta nella sua
possibilità di farsi veicolo di significati più penosi e difficili. In entrambi gli
autori le opere assumono una valenza politica, che in Tàpies diventa
trasmissione di un messaggio che riguarda la storia presente che non rinuncia
alle ragioni della ricerca artistica aggiornata. L’artista rifiuta la contemplazione
ed è apertamente schierato contro la dittatura che affligge il suo paese, la
Spagna, e intende il suo lavoro come un atto di rivoluzione.
Nel 1954 abbandona la pittura ad olio e usa il lattice, con cui copre tele di scala
murale, caratterizzate dalla presenza di oggetti acquisiti dalla realtà esterna, in
alcuni casi riconoscibili, in altri non immediatamente decodificabili; sono
suggestive, immobili, spesso si accompagnano a segni incisi sulla superficie.
L’astrazione
In un certo senso il fronte dell’astrazione in Francia era molto vasto, soprattutto
se si considera astratta anche l’arte prodotta dai Giovani pittori. Se si dà al
termine “astrazione” un senso più rigoroso e lo si riferisce solo all’astrazione
geometrica o concreta, la situazione appare diversa: nell’immediato
dopoguerra infatti l’astrazione in Francia viene quasi del tutto ignorata.
Nel 1947 Gaston Diehl promuove un dibattito sul tema “Pro e contro l’arte
astratta” in una rivista, in cui chiede opinione anche a Léon Degand,
sostenitore dell’astrazione geometrica, e a Charles Estienne, sostenitore
dell’astrattismo lirico. Degand ritiene che l’unica vera astrazione sia un’arte
totalmente distaccata dalla visione diretta e dall’interpretazione della natura;
Estienne lancia una sfida all’astrazione concreta basandosi sugli aspetti di
carattere più emozionale dell’opera di Kandinskij: la necessità interiore e la
libertà creatrice.
Solo nel 1949 inizia a manifestarsi un interesse attivo nei confronti dell’arte
astratta di radice geometrico-costruttivista: questo si spiega con ragioni di
carattere nazionalistico, con la crisi di fiducia nei confronti della macchina che
durante la guerra ha portato lutto e miseria.
In questa situazione, le forze attive dell’astrattismo francese nella seconda
metà degli anni Quaranta sono da una parte i continuatori delle esperienze
d’anteguerra, dall’altra i portatori di innovazioni che non hanno riscontri diretti
o massicci nelle esperienze d’anteguerra, come gli artisti il cui lavoro ruota
intorno al tema del movimento. Per questo aspetto, è importante la mostra del
Le Mouvement,
1955 che ha come capostipiti Marcel Duchamp, autore di
Mobiles.
oggetti cinetici, e Alexander Calder, inventore dei
Gioco, caso e probabilità disegnano quindi un’orizzonte legato al pensiero
scientifico n una chiave non rigorosa né razionalista, come dimostra la scelta
dei due progenitori; l’astrattismo geometrico dunque non rinuncia ad una
dimensione utopica.
Il MAC
L’astrattismo italiano si raccoglie intorno al Movimento Arte Concreta, fondato
a Milano nel 1948 da Gillo Dorfles, Gianni Monnet, Bruno Munari e Atanasio
Soldati. La prima mostra si tiene alla Libreria del Salto di Milano nel dicembre
del 1948. Rispetto a movimenti come Forma I o il Fronte Nuovo delle Arti, il
MAC nasce su un’ipotesi diversa: intende anzitutto radunare gli artisti astratti
italiani (usando quindi il termine “concreto” nell’accezione di Lionello Venturi,
per il quale “concreto”, preceduto da “astratto”, indica una pittura
semiastratta, lirica, con allusioni al mondo fenomenico); il MAC si propone poi
come formazione d’avanguardia ramificata sul piano nazionale, unendo così
gruppi di artisti di diverse città italiane.
I quattro fondatori sono diversi l’uno dall’altro ma sono tutti poliedrici e
interessati al rapporto con la cultura del progetto, architettura e design.
Secondo il suo critico Luciano Caramel, il MAC non va identificato solo con
l’astrazione razionale e geometrica: nell’opera di Gillo Dorfles troviamo forme
organiche e biomorfiche di radice surrealista; in Carol Rama l’arte geometrica è
risolta in chiave ludica e musicale, in opposizione ad ogni rigorismo
razionalista. Anche l’interesse per la materia e il dinamismo sono aspetti non
collegabili a esperienze di astrattismo geometrico.
La maggior parte degli artisti legati al MAC tuttavia praticava una qualche
forma di astrazione geometrica e tutti pensavano all’arte astratta come ad
un’arte completamente staccata dal mondo delle apparenze fenomeniche. Nel
manifesto nel MAC del 1951, Dorfles scrive che la corrente concretista non
cerca di creare opere d’arte togliendo il pretesto dal mondo esterno e
astraendone una successiva immagine pittorica, ma va alla ricerca di forme
pure, primordiali, da porre alla base del dipinto; mira quindi a creare un’arte
concreta in cui i nuovi oggetti pittorici non fossero astrazione di oggetti già
noti. Dorfles sostiene inoltre che due possono essere gli elementi determinanti
nella nascita di un’opera d’arte concreta: un segno dettato dall’impulso o
l’invenzione più ragionata e consapevole di una forma; in entrambi i casi,
Dorfles è convinto che l’arte concreta poggi su un novero di forme primarie e
ricorrenti, che chiama archetipi formativi, da cui si generano infinite varianti.
Arte astratta e concreta,
Nel 1947 a Milano si tiene una mostra intitolata che ha
ripercussioni a breve termine sull’ambiente romano, come dimostra la pittura
Arte
degli artisti di Forma I; nel 1948 si tiene nella Galleria di Roma la mostra
Astratta in Italia, che comprende artisti di Forma I e astrattisti milanesi e
veneziani: una mostra quindi dedicata all’astrattismo nazionale.
L’esposizione più importante di arte astratta viene organizzata alla Galleria di
Arte astratta e concreta in Italia
Arte Moderna di Roma nel 1951, , che raccoglie
l’universo dell’astrattismo italiano del momento.
Gli Otto
Dopo la polemica con Togliatti avviene il riallineamento di coloro che avevano
fatto parte del Fronte nuovo: da una parte chi si attiene alle linee dettate dal
PCI (Renato Guttuso), dall’altra chi rivendica la propria autonomia di artista pur
rimanendo nel partito (Renato Birolli). Dopodiché sei ar