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Il (1609) è un trattato di oratoria sacra del francescano Panigarola
in cui sinota un tentativo di adeguare i precetti dell'oratoria classica agli scopi dellapredicazione in volgare: una sorta di programma di 'cristianizzazione della retorica'. Vengono trattati vari aspetti della questione della lingua: viene respinta la visioneitalianista (Trissino) e accolto il modello arcaizzante del Bembo, ma nella sua variante 'moderata', cioè si accoglie l'istanza di conciliare il fiorentino 'vivo' con quelloletterario del 300. Panigarola dà consigli pratici su come usare la lingua toscana nelmodo più efficace, per farsi comprendere più facilmente dal suo uditorio il predicatoredovrà evitare: i settentrionalismi (le parole toscane terminano con finale vocalica); gliamicizia amistà,arcaismi anche della più alta tradizione letteraria trecentesca ( nonsorella sirocchia);non i latinismi 'cancellereschi'.
Cioè usati in prevalenza nel registro colto di politici, diplomatici, segretari; i fiorentinismi incomprensibili fuori dalla Toscana. All'italiano del Bembo si venne così a sovrapporre l'italiano della chiesa. Di particolare rilievo è la testimonianza dei primi usi di toscano in bocca non toscana.
Le osservazioni di Borromeo
Un rilievo nella storia dell'italiano postbembiano lo hanno i testi dedicati a questioni promesse lessicali e grammaticali di Borromeo (il cardinale Federigo immortalato nei sposi di Manzoni). Borromeo glossa vocaboli, forme e costrutti ritenuti ormai desueti. L'ammirazione per la lingua dei trecentisti toscani, sempre dichiarati come modelli di lingua elegante, non impedisce a Borromeo di segnalare, a lato della forma tradizionale, l'impiego più corrente. Il rilievo di tali variazioni diacroniche dell'uso è finalizzato al bisogno pratico di risolvere molte incertezze nelle quali quotidianamente veniva ad.
imbattersi chi faceva un uso professionale della lingua. Borromeo prescrive7il el; del dil; nello nella ne lo ne la;e non e non e e non e in contrasto con la normaper il campobembiana secondo Borromeo di deve utilizzare e non il tipo ttrecentescoper lo campo; possiamo potiamo, stesse stasse.nella morfologia del verbo e non e non3)La pedagogia linguistica di sant’Alfonso de’ LiguoriLa funzione di tramite tra la lingua colta della tradizione toscano-letteraria e le massenon alfabetizzate svolta istituzionalmente dalla Chiesa si rafforza ancora di più consant’Alfonso de’ Liguori che inizia la sua opera missionaria con la fondazione dellaConfederazione dei liguorini: per l’attuazione di un vero e proprio programmapedagogico, il suo si ricorda come uno dei tentativi più importanti compiuti dallaChiesa postconciliare nel campo dell’istruzione e della predicazione rivolta agli stratipiù bassi della popolazione. Sant’Alfonso
de' Liguori adotta un registro non troppo aulico e tendenzialmente 'familiare' per andare incontro alle esigenze di comunicare con popolazioni scarsamente o per nulla istruite: rispetto a Panigarola e Borromeo, sant'Alfonso de' Liguori predilige uno stile e una lingua più comuni e comunicativi e ha l'esigenza di usare nella predicazione parole più popolari e usuali. Nei avvertimenti di grammatica, sant'Alfonso de' Liguori, stende regole chiare e precise intorno ai dubbi che potevano nascere nel settore dell'ortografia e della grammatica: Brevi avvertimenti di grammatica da i viene fuori un sintetico ma veritiero profilo dell'uso scritto, dell'italiano premanzoniano. Tra i pronomi personali soggetto si elegli, ei, egli, eglino, egli, essi, ella, essa, prescrive al singolare al plurale al femminile alelle, elleno, esse, lui lei plurale (mentre si censurano le forme e che avranno il via con il con i col, coi,
co’;libera solo con Manzoni); si ha la censura di e a favore di ali, li, gli; permaschile l’articolo determinativo plurale ha le tre forme dopo si metteil i, gli li;sempre non o ma lo, o nella morfologia del verbo si ha la prescrizioneh ha hanno, potiamo possiamo, seteortografica di in e si bandiscono forme come persiete; io leggeva leggevo.per si prescrive il tipo e si rifiuta4)Sondaggi sulla lingua d’usoLa fonte per la lingua scritta non letteraria la offrono le scritture ‘private’ (lettere,memorie, diari). Il dato comune che viene fuori da questi documenti è che troviamodifronte a un italiano comune scritto che corrisponde essenzialmente alla varietàtoscana, con fenomeni di polimorfia e oscillazione di tratti non toscani. Perquest’ultima osservazione occorre precisare che siamo in presenza di scritture private,non letterarie né destinate alla circolazione pubblica, e per questo tipo di testi untessuto più omogeneo si
imporrà lentamente, tra la fine del 700 e l'inizio del secolo successivo. IV (Scienziati, illuministi, grammatici) 1) Formazione dei linguaggi scientifici moderni Con il grande sviluppo delle scienze durante il XVII e XVIII secolo il latino scientifico rappresenta lo strumento comunicativo più idoneo della comunità internazionale: Cartesio, Bacone, Keplero, Galileo usavano indifferentemente il latino e la lingua materna (consapevole bilinguismo della nuova scienza). Il caso di Galileo: per le primissime scritture usa il latino, poi scrive in volgare i primi scritti di meccanica (La Bilancetta), Sidereus Nuncius applicata usa il latino (dove annuncia la scoperta dei satelliti di Giove fatta tramite il telescopio), alterna in funzione polemica italiano (la Saggiatore, lingua della nuova scienza) al latino (la lingua degli avversari) nel Dialogo sopra i due massimi sistemi conferma la propria lingua nel. I tratti che caratterizzano le lingue delle scienze moderne sono: ilLento ma progressivo abbandono della sintassi ‘chiusa’ di tipo ipotattico; la tendenza a formare neologismi.
81.1) Terminologia galileiana
Nei secoli precedenti la lingua scientifica non era rimasta di esclusiva pertinenza dellatino, anche se sicuramente il latino era lo strumento preferito da chiunque volessedare una maggiore risonanza alle proprie ricerche, fuori dai confini del territoriolinguistico di appartenenza. Tra umanesimo e rinascimento si inizia a formare il lessicotecnico di scienze come la medicina e la matematica, nella metà del 400 Alberti dà uncontributo alla formazione di una elegante prosa colta, per quanto riguarda il settorefilosofico nella metà del 500 si ha, con Speroni, il primo programma di formare unvocabolario filosofico italiano sulla base della traduzione diretta delle operearistoteliche: a seguito di questo contesto si colloca l’esperienza linguistica di Galileo.
Se da un punto di vista storico non possiamo affermare
che Galileo abbia fondato nuovo la prosa scientifica italiana, dobbiamo riconoscergli il merito di aver saputo offrire un esempio di italiano che fosse adatto alla descrizione dei fenomeni tecnico-scientifici e che fosse al tempo stesso in sintonia con la grande tradizione delle scritture letterarie tre-cinquecentesche. Le scelte lessicali privilegiano spesso parole attinte dal lessico comune, adeguatamente fornite di una definizione che renda il loro significato chiaro e distinto: la definizione di "candore lunare" è 'tenue lume'. Per certi termini Galileo ricorre alla progressiva tecnicizzazione di parole della lingua corrente per tentare di descrivere, con i mezzi linguistici a sua disposizione, fenomeni che non hanno ancora ricevuto un battesimo terminologico. Conia una serie di neologismi tecnici ma è contrario all'utilizzare la terminologia greco-latina perché mal si adattava a opere divulgative che intendevano rivolgersi a un pubblico di letterati.non dispecialisti.-
Metodo sperimentale e strutture sintattiche
La sintassi del periodo della lingua di Galileo manifesta le caratteristiche di un moderato tradizionalismo: nelle sue opere in volgare coesistono strutture chiuse di tipo tradizionale (formate da periodi pluriproposizionali autosufficienti) affiancate a modalità più moderne e lineari. L'alternanza di modalità diverse nella strutturazione del periodo è ben spiegabile col fatto che Galileo si trova sul discrimine che separa lo stile periodico della prosa colta rinascimentale dalle innovazioni sintattiche seicentesche. Per facilitare l'accesso al ragionamento Galileo utilizza i verbi operativi (verbi che non si limitano a designare un'azione ma ne prescrivono l'esecuzione stessa) e indicatori temporali: trovate che scandiscono le varie fasi dell'osservazione naturalistica. Pur rimanendo molto viva la suggestione del modello galileiano, man mano che ci si inoltra nel 700,
La tendenza prenderà il sopravvento imponendosi nelle terminologie scientifiche internazionali. Il greco delle parole scientifiche non si modella sul greco classico se non superficialmente. Il contatto con la lingua classica si limita quasi sempre alla forma esteriore della parola: termini che hanno l'aspetto di parole antiche in realtà non sono che innovazioni moderne dotate di significati moderni sconosciuti nell'antichità classica. Il carattere distintivo di tali neologismi tecnico-scientifici grecizzanti è rappresentato dal 'ristringimento semantico': si sceglie così uno solo dei possibili significati (che la parola poteva anche non avere nell'antichità). Un esempio di tale meccanismo di produttività morfolessicale può essere il suffisso formativo -geno (ossigeno, idrogeno): Lavoisier usa nei composti e i composti da lui coniati non erano genesi.